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Chat Control: tra caccia ai canali illegali e freno a mano su libertà e privacy

Chat Control: tra caccia ai canali illegali e freno a mano su libertà e privacy

Sandro Sana : 16 Settembre 2025 14:36

La notizia è semplice, la tecnologia no. Chat Control (CSAR) nasce per scovare CSAM e dinamiche di grooming dentro le piattaforme di messaggistica. La versione “modernizzata” rinuncia alla backdoor server-side e sposta la lente sul dispositivo dell’utente: client-side scanning prima che il contenuto venga cifrato end-to-end.

È qui che si giocano i due piani della vicenda: da un lato capacità investigativa e disarticolazione dei canali illegali; dall’altro erosione della confidenzialità e un’infrastruttura di controllo pronta per essere allargata. Wired Italia ha messo in fila i punti caldi, noi entriamo sotto il cofano.

Come funziona davvero: pipeline di rilevazione lato client

Il modello operativo tipico prevede tre stadi, tutti on-device: a) confronto del contenuto con impronte percettive (perceptual hashes) di materiale già noto; b) inferenza ML per segnalare nuovi contenuti (immagini/video mai visti prima) con caratteristiche compatibili col CSAM; c) NLP per rilevare schemi linguistici riconducibili a grooming. Il punto chiave è l’uso di hash percettivi (es. PDQ/TMK) in grado di “riconoscere” una foto anche se scalata, compressa o leggermente ritagliata: tecnicamente potente, ma statisticamente mai infallibile.


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Quando si passa dal matching deterministico su materiale noto al “nuovo sospetto” tramite modelli probabilistici, si entra in un dominio dove falsi positivi e bias diventano costi d’esercizio. La letteratura indipendente sul client-side scanning lo definisce una superficie d’attacco aggiuntiva: modelli, liste e scanner diventano codice sensibile distribuito in miliardi di endpoint, quindi estraibile, manipolabile, reverse-ingegnerizzabile.

Governance: ordini di rilevazione, EU Centre e leve sanzionatorie

La proposta della Commissione (COM(2022) 209) istituisce valutazioni del rischio per i provider, la possibilità di emanare ordini di rilevazione mirati, obblighi di reporting verso un EU Centre e cooperazione con le autorità nazionali. Tradotto: lo strato “tecnico” è incapsulato in una catena procedurale con ruoli e responsabilità definite; lo strato “politico-regolatorio” decide quando e quanto spingere la scansione. In caso di inadempienza, sanzioni significative.

I garanti UE (EDPB/EDPS) segnalano però un rischio di scansione generalizzata de facto: se l’ordine diventa ampio, opaco o reiterato, la soglia da misura mirata a screening di massa è breve. La critica è netta su proporzionalità, compatibilità con la Carta e inefficacia tecnica nel rilevare “nuovo CSAM” senza errori a cascata.

Il contesto politico (brevi coordinate, perché contano sulle scelte tecniche)

Settembre-ottobre 2025 sono snodi decisivi al Consiglio UE: alcuni Stati (tra cui Germania e Lussemburgo) hanno formalizzato contrarietà alla scansione obbligatoria, altri spingono la linea “compromesso danese”. Anche con un’intesa in Consiglio, si andrebbe poi al trilogo con un Parlamento molto più scettico su CSS. Per i team di sicurezza significa una cosa pratica: architetture e roadmap potrebbero dover considerare scenari opposti a distanza di poche settimane

Chiave POSITIVA: un vantaggio operativo contro i canali illegali

Sul piano strettamente operativo, la scansione on-device può accorciare la latenza tra comparsa di un contenuto illecito e segnalazione qualificata, soprattutto sui “noti” grazie a hash percettivi robusti a trasformazioni comuni. Standardizzare l’invio di indicatori e metadati tecnici all’EU Centre può migliorare la de-duplicazione, la prioritizzazione dei casi e il takedown cooperativo cross-giurisdizione. Risultato: interruzione più rapida di gruppi e canali chiusi che oggi prosperano sul “tempo tecnico” della scoperta. ar5iv+1

Chiave NEGATIVA: by-pass dell’E2EE e chilling effect sulla scrittura

La stessa pipeline introduce un by-pass sistemico all’end-to-end: il contenuto vive “in chiaro” sul device in presenza di uno scanner privilegiato. Se quegli artefatti (modelli, liste, logiche di soglia) sono aggiornati da remoto, servono canali di update attestate e integrità verificabile; altrimenti stiamo aggiungendo un percorso privilegiato dentro il perimetro utente. Qui non parliamo solo di privacy: è security engineering. Le analisi accademiche avvertono che il CSS amplia la superficie d’attacco (manomissione modelli, evasion, data exfiltration) e sposta la fiducia dal protocollo crittografico alla supply chain dello scanner. Nel frattempo, gli utenti imparano a scrivere diversamente (autocensura), e i falsi positivi diventano costi sociali e giudiziari reali.

Nota storica utile: quando nel 2021 Apple propose un sistema ibrido di rilevazione CSAM con matching on-device, la comunità tecnica e i garanti sollevarono obiezioni analoghe; l’azienda congelò il rollout. È un precedente che mostra quanto sia fragile l’equilibrio tra tutela e sorveglianza quando si sposta il controllo sul client.

La linea di demarcazione: quando il “bene” diventa “male” (e come evitarlo)

La stessa medaglia cambia faccia in base a quattro variabili tecniche e procedurali: scope, targeting, trasparenza, auditabilità.

Finché lo scope resta limitato a materiale noto (matching su hash percettivi certificati), gli ordini di rilevazione sono strettamente circoscritti e temporalmente limitati, la trasparenza include metriche pubbliche su TPR/FPR e drift dei modelli, e il tutto è auditabile da terze parti con controllo indipendente del database e garanzie di ricorso per i segnalati, possiamo parlare di strumento di tutela. Nel momento in cui lo scope scivola sul predittivo generalizzato (AI che interpreta il testo), la durata diventa permanente, l’algoritmo e le liste sono opache e non revisionabili, e le sanzioni spingono i provider a forzare l’E2EE, l’ago supera la soglia: la misura diventa infrastruttura di sorveglianza. Gli stessi organismi UE hanno scritto nero su bianco che il rischio è concreto.

Conclusione per chi fa sicurezza (e non solo policy)

Se l’obiettivo è chiudere canali illegali, il client-side scanning offre vantaggi tattici difficili da negare. Ma a livello architetturale introduce un punto d’ispezione privilegiato dentro i device, traducendo un problema penale in un rischio sistemico per la confidenzialità delle comunicazioni e per l’igiene dell’ecosistema E2EE. La differenza tra strumento e sorveglianza non è semantica: è ingegneria + governance. Selettività, proporzionalità verificabile, metriche pubbliche di errore, audit indipendenti e diritti di difesa sono l’unico modo per restare sul lato giusto della medaglia. Tutto il resto è un pendio scivoloso, e l’Europa lo sa, perché gliel’hanno ricordato i suoi stessi garanti.

Immagine del sitoSandro Sana
Membro del gruppo di Red Hot Cyber Dark Lab e direttore del Red Hot Cyber PodCast. Si occupa d'Information Technology dal 1990 e di Cybersecurity dal 2014 (CEH - CIH - CISSP - CSIRT Manager - CTI Expert), relatore a SMAU 2017 e SMAU 2018, docente SMAU Academy & ITS, membro ISACA. Fa parte del Comitato Scientifico del Competence Center nazionale Cyber 4.0, dove contribuisce all’indirizzo strategico delle attività di ricerca, formazione e innovazione nella cybersecurity.

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