Daniela Farina : 6 Marzo 2023 07:45
L’affermarsi della rivoluzione digitale sta provocando profonde trasformazioni nel rapporto che gli individui, intrattengono con la propria immagine. Un recente studio rivela che su 120 ragazzi dai 12 ai 16 anni nel nostro paese il 49,2% modifica le foto che vuole pubblicare.
E le inserisce ritoccate. Lo studio del progetto SatisFACE dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ha rivelato che gli adolescenti faticano ancora ad accettare il proprio corpo. Questo scollamento tra lo specchio e il profilo social, soprattutto nell’età adolescenziale, può innescare delle patologie tra le quali stati di ansia e depressione.
Il modello di comunicazione dei social è sempre più immediato e veloce e si è spostato da un formato in cui era importante il messaggio (Facebook;Twitter) ad un contesto più banale fatto di immagini e brevi filmati (Instagram;Tik Tok). Quest’ultima tendenza alimenta il culto dell’immagine.
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Omologazione? Insoddisfazione? Ansia da like? Probabilmente, tutto insieme.
I social fanno parte della nostra quotidianità, impegnano la maggior parte della nostra giornata. Vengono utilizzati da tutte le fasce di età, ma per lo più da adolescenti, i quali sono molto più sensibili agli stimoli esterni. L’essere umano ha un innato bisogno di approvazione e consenso. A dimostrare tutto ciò, c’è la tendenza a pubblicare solo quei tratti che riteniamo essere positivi. Un adolescente con un’alta autostima sarà già in possesso di fattori di protezione che gli faranno vivere l’utilizzo dei social in modo spensierato. Un adolescente che ha una bassa autostima è soggetto a determinate dinamiche che possono sfociare anche in situazioni patologiche.
Il ruolo dei social sull’autostima è un argomento ampiamente discusso, soprattutto negli ultimi anni. Numerosi sono i casi di cyberbullismo e la vittima è sempre chi non crede abbastanza in sé stesso e non ha una visione positiva di sé.
Prendendo in considerazione la figura dell’influencer, l’individuo viene esposto a dei canoni di bellezza poco realistici e quasi inverosimili. Canoni di bellezza difficilmente raggiungibili, che provocano disagio con la propria figura corporea.
Bisogna ricordarsi che la maggior parte delle volte, ciò che ci propinano i social sono realtà fittizie e non reali. Vedersi dal vivo significa vedersi per intero (pregi e difetti, carattere, personalità e argomenti da condividere) e ciò determina un forte impatto sulla percezione di sé.
Utilizzare i filtri è certamente essere una fonte di creatività tuttavia quando diventa un modo per conformarsi ai modelli inarrivabili di bellezza, imposti dalla società, allora questo è un segnale che c’è qualcosa che non va.
I social sono solo il mezzo contro cui è stato puntato il dito. Si cerca sempre un elemento quasi diabolico che deve essere ritenuto il principio del male. È sempre stato così. La televisione era il male universale: si diceva che la tv era la babysitter dei nostri figli, ma lo diventava perché nessuno si prendeva cura di loro. Prima ancora c’era chi se la prendeva con i fumetti: chi li leggeva veniva considerato poco serio, uno che sarebbe andato male a scuola.
Il responsabile del male di volta in volta si rettifica e si aggiorna a seconda dei tempi: oggi i “nemici” sono il cellulare e Instagram, TikTok e Facebook.
La falsificazione della naturalità è entrata a vele spiegate nella nostra cultura.
Per arrivare alla realtà, le immagini devono attraversare il mondo delle esperienze e delle conoscenze. Questo è un grande tema filosofico che, da Platone ai giorni nostri, continua ad avere la sua importanza. Si pensi anche all’arte, a cosa significa la trasformazione dell’immagine nella forma.
Quella dei filtri alle foto che si pubblicano sui social sta diventando una moda molto diffusa tra gli utenti che spesso alterano di parecchio la realtà pur di apparire “irresistibili” agli occhi dei follower. I like sui social, vengono interpretati come misura delle qualità o, allo stesso modo, delle debolezze personali.
Maura Manca, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza spiega «A volte mi sembra che questi ragazzi navighino in balia dell’andamento dei follower, dei like e dei commenti, significa che mancano delle basi solide su cui poggiare. Chi non regge più il confronto decide di chiudere il profilo e di eliminare l’ansia da social. Per questo credo che possa essere utile non vedere più il numero di like, ma creerà non pochi problemi a chi invece colma i propri vuoti con i like. Il proprio profilo rischia di diventare l’unico specchio nel quale riflettere la propria persona».
Mantenere – oltre al corpo – anche una mente lucida e sveglia, significa accorgersi di quanto la nostra sofferta inadeguatezza sia frutto di canoni che noi stessi abbiamo arbitrariamente stabilito.
In famiglia e a scuola bisogna sviluppare strategie di protezione e aumentare la resilienza. Occorre un utilizzo consapevole dei social e una sana socialità nel mondo reale. Che si decida poi di adeguarsi o meno, questa consapevolezza permette, comunque, di scegliere responsabilmente, piuttosto che subire acriticamente.
Non possiamo sapere come continuerà ad evolversi il mondo sempre meno “parallelo” dei social, ma conoscere i rischi correlati può essere un fondamentale supporto per la prevenzione di eventuali danni collaterali.
Occorre prestare attenzione al lato oscuro del culto dell’immagine, non possiamo seguire l’esempio della Corea del Sud, dove sempre più persone giovani ricorrono alla chirurgia estetica. E neppure possiamo fare come la Norvegia che dallo scorso anno ha vietato di pubblicare immagini o messaggi alterate da filtri o ritocchi.
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