Redazione RHC : 8 Febbraio 2025 09:18
Australia ha introdotto il divieto di utilizzare l’app cinese di intelligenza artificiale DeepSeek su tutti i dispositivi governativi. Questa decisione è stata presa dopo aver analizzato le minacce alla sicurezza, correlato all’ampia raccolta di dati e alla possibilità del loro trasferimento in uno Stato estero eludendo le leggi australiane.
Secondo la direttiva PSPF 001-2025, le agenzie governative australiane sono tenute a rimuovere completamente DeepSeek dai loro sistemi e dispositivi e a impedirne l’installazione e l’utilizzo futuri. Sono possibili eccezioni solo nei casi legati alla sicurezza nazionale o a obiettivi di polizia e in presenza di rigorose misure di protezione.
L’Australia è diventata il secondo Paese, dopo Taiwan, a vietare ufficialmente DeepSeek. Nel frattempo, un disegno di legge simile è attualmente in corso è in fase di valutazione anche negli USA. Il divieto in Australia nasce dal timore che l’app cinese possa essere utilizzata per accedere a informazioni sensibili ed eseguire ordini extraterritoriali che violano la legge australiana.
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Il governo locale sottolinea che la minaccia non deriva solo dall’applicazione stessa, ma anche dalle sue versioni web, dai servizi e da tutti i prodotti correlati a DeepSeek o alle sue affiliate. Inoltre, è stato stabilito l’obbligo di segnalare al Ministero degli Interni il rispetto del divieto.
Il documento specifica che i modelli DeepSeek open source distribuiti su server locali con misure di sicurezza adeguate possono essere utilizzati senza restrizioni. Tuttavia, qualsiasi interazione cloud con DeepSeek o i suoi derivati rimane vietata.
La mossa dell’Australia è in linea con la tendenza globale a un controllo più attento della tecnologia digitale cinese. In precedenza, divieti simili erano stati introdotti in relazione a TikTok, così come i dispositivi cinesi, tra cui Telecamere di sorveglianza E apparecchiature di rete. Questa tendenza evidenzia le persistenti preoccupazioni circa la possibile ingerenza della Cina nella sicurezza informatica dei paesi occidentali.
Le autorità australiane raccomandano che organizzazioni e individui valutino anche i potenziali rischi derivanti dall’utilizzo di DeepSeek. Sebbene il divieto si applichi attualmente solo alle agenzie governative, precauzioni simili potrebbero essere introdotte in seguito anche nel settore privato.
Non è ancora nota la reazione della Cina al divieto, ma è prevedibile che Pechino lo consideri un atto di pressione politica. Nel frattempo, le autorità di sicurezza australiane continuano a esaminare le minacce poste dalla tecnologia estera e potrebbero essere previste ulteriori restrizioni.
Se la raccolta dati e il trasferimento di informazioni sensibili all’estero sono un problema quando si tratta di aziende cinesi come DeepSeek, perché non dovrebbero esserlo anche per le big tech americane come OpenAI, Google o Microsoft? OpenAI, ad esempio, raccoglie enormi quantità di dati dagli utenti di tutto il mondo, compresi quelli australiani ed europei, e li elabora principalmente negli Stati Uniti.
Dovremmo allora chiederci: la protezione della privacy è davvero una questione di sicurezza nazionale, oppure viene applicata in modo selettivo, colpendo solo chi non è “amico” o allineato geopoliticamente? Se la Cina è vista come una minaccia per la sovranità digitale dell’Australia, perché gli Stati Uniti no?
Alla fine, il concetto di privacy rischia di essere solo una chimera: un principio che vale solo quando fa comodo, mentre nella pratica le informazioni personali vengono concesse a chi è più vicino politicamente ed economicamente. Forse è arrivato il momento di guardare oltre i doppi standard e affrontare la questione in modo equo, indipendentemente dalla bandiera che sventola dietro una tecnologia.
Dopo tutto, visto che OpenAI elabora i dati negli USA, proprio negli USA esiste una legge chiamata Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA) and Section 702. E a qualcuno dovrebbe dire qualcosa.
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