
L’attacco informatico a X, il social network di Elon Musk, ha scatenato una vera e propria caccia ai responsabili. Dopo le dichiarazioni dello stesso Musk, che ha attribuito l’attacco a fonti ucraine, l’evento ha assunto una dimensione geopolitica rilevante, soprattutto considerando la recente riunione tra il presidente Volodymyr Zelensky e Donald Trump.

L’attacco DDoS, attribuito al gruppo noto come “Dark Storm”, ha causato disservizi significativi sulla piattaforma X, con interruzioni intermittenti per diverse ore. Secondo alcuni esperti di cybersecurity, la tempistica dell’attacco potrebbe non essere casuale, avvenendo poco dopo l’incontro tra Zelensky e Trump, evento che potrebbe aver influenzato la strategia di attori legati all’ambito cyber.

Dopo l’attacco, le community OSINT (Open Source Intelligence) e vari ricercatori indipendenti hanno iniziato a investigare sull’identità degli attori dietro Dark Storm. Un utente con il nome “lulagain“, attivo su forum del dark web, ha pubblicato un presunto leak con informazioni su uno dei membri del gruppo, includendo immagini e collegamenti a profili di X.
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Uno dei post più rilevanti è apparso sulla piattaforma X dallo stesso ricercatore Baptiste Robert (@fs0c131y), il quale ha affermato di aver identificato i responsabili dell’attacco e di essere disponibile a discutere della questione direttamente con Elon Musk a Washington.
L’analisi OSINT condotta avrebbe portato all’individuazione di un possibile membro del gruppo, di cui sono state diffuse immagini nei forum underground e sui social media.

L’attacco ha sollevato interrogativi sulla sicurezza della piattaforma X e sulla sua vulnerabilità a minacce informatiche. Inoltre, l’ipotesi di un coinvolgimento ucraino suggerito da Musk ha generato dibattiti sulle reali motivazioni dietro l’azione di Dark Storm. Si tratta di un gruppo indipendente o di un’operazione orchestrata in un contesto più ampio di cyber warfare?
Le indagini proseguono, e se le analisi OSINT si rivelassero corrette, potremmo presto assistere a ulteriori sviluppi sulla reale identità degli hacker dietro Dark Storm e sulle loro connessioni con attori statali o privati. Nel frattempo, la sicurezza di X rimane sotto osservazione, e il caso continua a far discutere l’opinione pubblica e gli esperti del settore.

L’attacco DDoS condotto da Dark Storm contro X rappresenta un chiaro esempio di come gli hacktivisti utilizzino strumenti pubblicamente accessibili, come Check-host.net, per dimostrare l’efficacia delle loro operazioni. La pubblicazione di prove su Telegram e Breach Forums evidenzia un modus operandi consolidato: colpire bersagli di alto profilo e rivendicare pubblicamente le azioni per ottenere visibilità e consenso all’interno delle loro comunità di riferimento.
La risposta di X, con l’attivazione della protezione Cloudflare per mitigare l’impatto degli attacchi, dimostra come le piattaforme digitali stiano adottando misure sempre più sofisticate per difendersi dalle minacce informatiche. L’introduzione di un sistema di captcha per filtrare traffico sospetto è una contromisura immediata ed efficace, ma solleva interrogativi sulla scalabilità e sulla fruibilità della piattaforma per gli utenti legittimi.
Questo episodio sottolinea ancora una volta la crescente importanza della cybersecurity nel panorama digitale odierno. Gli attacchi DDoS, sempre più utilizzati come strumento di protesta politica e di destabilizzazione, richiedono una continua evoluzione delle strategie difensive da parte delle aziende tecnologiche. Il caso Dark Storm vs X è solo l’ennesima dimostrazione di come la guerra informatica tra hacktivisti e grandi piattaforme sia destinata a proseguire, con nuove tattiche e contromisure in costante sviluppo.

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