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Digital Security Festival: la sicurezza informatica e digitale spiegata semplice.

Stefano Gazzella : 15 Novembre 2023 08:03

Dal 17 al 23 ottobre si è tenuto il Digital Security Festival, un evento patrocinato dall’ITClubFVG che ha percorso tappe nel Nordest e si è rivolto a persone, aziende e scuole per portare le tematiche della divulgazione della cultura e della sicurezza digitale attraverso il coinvolgimento di esperti del campo. L’idea di fondo è quella di stimolare la curiosità e l’interesse, come già fa intuire il claim “La sicurezza informatica e digitale spiegata semplice”. L’obiettivo è assolutamente ambizioso, soprattutto in una realtà sempre più complessa e che richiede sinergie di ruoli e professionalità, che spesso sono più vittime di conflitti ed incomprensioni.

Il direttivo che ha organizzato e promosso l’evento si è reso disponibile a rendere un’intervista a riguardo.

Partiamo subito con la domanda degna di suscitare la peggiore crisi da notepad bianco: come è andato l’evento?

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«Il cyberbullismo è una delle minacce più insidiose e silenziose che colpiscono i nostri ragazzi. Non si tratta di semplici "bravate online", ma di veri e propri atti di violenza digitale, capaci di lasciare ferite profonde e spesso irreversibili nell’animo delle vittime. Non possiamo più permetterci di chiudere gli occhi». Così si apre la prefazione del fumetto di Massimiliano Brolli, fondatore di Red Hot Cyber, un’opera che affronta con sensibilità e realismo uno dei temi più urgenti della nostra epoca. Distribuito gratuitamente, questo fumetto nasce con l'obiettivo di sensibilizzare e informare. È uno strumento pensato per scuole, insegnanti, genitori e vittime, ma anche per chi, per qualsiasi ragione, si è ritrovato nel ruolo del bullo, affinché possa comprendere, riflettere e cambiare. Con la speranza che venga letto, condiviso e discusso, Red Hot Cyber è orgogliosa di offrire un contributo concreto per costruire una cultura digitale più consapevole, empatica e sicura.

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Marco Cozzi. Sarò sincero, devo rispondere “oltre le più rosee aspettative”, che pare una frase lontana dalla modestia, ma è la semplice verità. L’evento è andato davvero alla grande e non solo per la grande audience fra eventi in presenza e online, ma anche per la quantità di speaker e partner che hanno voluto esserci, nei dieci giorni di durata del Digital Security Festival, ma anche delle location che hanno voluto ospitare le tappe del DSF. In questi casi la cosa migliore è far parlare i numeri: più di 60 relatori, nazionali e internazionali, 4 ospiti d’onore e 10 ospiti speciali, più di 50 tra partner e patrocini che hanno dato valore alle 50 ore di eventi, online e in presenza. Inoltre questa edizione è stata caratterizzata dal fatto che il festival è stato accolto in location di pregio tra cui 3 palazzi storici, 2 spazi istituzionali e 4 strutture di eccellenza tecnologica.

A vostro parere, qual è lo stato della divulgazione su tematiche di cultura e sicurezza digitale in Italia?

Gabriele Geza Gobbo. Le cose stanno migliorando, anche grazie ad eventi come il Digital Security Festival. Anche i media iniziano ad avere simpatia per questo argomento, che sembra essere noioso e invece prende piede su giornali e TV. Ad esempio questa edizione del festival ha trovato spazio su testate importanti come la locale Radio Rai1 e il TGR di Rai3, ma non sono mancate altre televisioni e radio, anche i quotidiani sono stati numerosi, si pensi a Il Piccolo che ha dedicato due intere pagine al Digital Security Festival con reportage e interviste; ci sono stati anche tantissimi articoli online anche a livello nazionale. Questo può solo che fare bene alla percezione di quanto sia importante la sicurezza digitale. Ovviamente si può e si deve fare sempre di più, ma abbiamo acceso un grosso faro sulla divulgazione di tematiche relative a cultura e sicurezza cybernetica. Non si torna più indietro!

Certe volte sembra che la sicurezza digitale faccia notizia solo quando fallisce. Qual è il vostro punto di vista a riguardo?

Sonia Gastaldi. C’è una strana dinamica che riguarda il mondo dell’innovazione, con particolare riferimento alla tecnologia informatica: quando tutto va bene, sembra non esistere, quando qualcosa va storto ti accorgi che esiste e che è pure importante. Così succede che, quando fallisce qualcosa in termini di sicurezza, ti rendi conto di quanto è strategica per l’impresa, ma anche per la persona. Il racconto di un fallimento della sicurezza è pur sempre una storia e, come esseri umani, apprendiamo la vita, lo studio e il lavoro a suon di narrazioni. Se le storie, poi, sono avvincenti, sanguinolente e con un lieto fine, meglio ancora. La nostra mission forte è parlarne parlarne e parlarne ancora; dal piccolo al grande attacco c’è sempre chi perde qualcosa e chi guadagna molto di più. Le giornate giornalistiche intensificano la loro attività di divulgazione, rispetto ai temi della sicurezza cibernetica, prima o durante le vacanze estive – periodo notoriamente di maggior intensità d’attacco, pur mantenendo una certa diffusione anche negli altri periodi dell’anno, talvolta anche con vademecum dopo un grosso attacco o databrech. La nostra bravura è rendere l’argomento facile da capire e interessante, per coinvolgere più persone possibili, di età ed estrazione culturale diversa. Con i nostri cinque festival, abbiamo dimostrato che si può fare.

Sinceramente: ritenete che ci sia una responsabilità anche da parte dei giornalisti?

Gabriele Geza Gobbo. Più che altro, forse, la responsabilità, se così si può chiamare, è dell’argomento stesso, a nessuno (o quasi) interessa perché un’autovettura va in moto, lo si dà per scontato che debba andare in moto, ma tutti sono interessati a sapere di un’auto che prende fuoco, oppure si interessano alla messa in moto quando girano la chiave e non succede nulla. Questo per dire che tutti ad esempio hanno in tasca una vera “bomba ad orologeria” ma finché funziona e non succede nulla, a nessuno interessa metterla al sicuro. Si dà quindi per scontato che sia sicura, fino a prova contraria. Di sicuro questo fa sì che ai giornali interessi poco spiegare che bisogna essere proattivi, così come forse anche ai lettori interessa poco. Inoltre, è molto difficile rendere sexy un argomento che per sua natura è vasto e complesso. Riassumendo, è probabile che la responsabilità sia un po’ di tutti gli attori in gioco: i giornalisti potrebbero essere più interessati e gli addetti ai lavori un po’ più mediatici.

Quali sono invece gli ostacoli che ritenete debbano essere superati, e cosa proponete?

Davide Bazzan. Il vero ostacolo è l’essere umano, l’utente, che però al contempo è anche la soluzione. Noi, da sempre, proponiamo un concetto di “uomo al centro” perché sebbene la tecnologia corra velocissima, i sistemi siano sempre più potenti e performanti, alla fine basta un falso SMS dell’INPS per fregare le persone. Per noi quindi le parole d’ordine sono divulgazione, consapevolezza, cultura e, aggiungerei, infotainment.

Come coniugare semplicità della comunicazione e la crescente complessità della tecnologia?

Davide Bazzan. È qui che sta la magia del Digital Security Festival, spiegare la sicurezza e la cultura digitale in modo semplice e, quando possibile, divertendo la platea. Bisogna però fare molta attenzione, semplificare non significa banalizzare. Così come non bisogna sempre essere leggeri, a volte è necessario usare toni severi, dicendo le cose come stanno. Purtroppo spesso le persone non vogliono sentire la verità, perché può spaventare, e al giorno d’oggi tutti vogliono la tranquillità. Ma il mondo digitale, che è incredibilmente utile e positivo, nasconde anche lati oscuri, che devono essere raccontati, senza filtri. Noi siamo riusciti a toccare temi delicatissimi e spaventosi e contemporaneamente intrattenere il pubblico, grazie alla nostra formula di infotainment e talk show. Molti degli interventi sono stati quasi una pièce teatrale, che ha sì raccontato le oscurità della rete, ma ha anche strappato applausi e sorrisi. Crediamo che la formula per coniugare semplicità e complessità sia proprio questa.

Ho notato la volontà di coinvolgere le scuole. Cosa dovremmo fare per interessare i nativi digitali sull’argomento?

Luigi Gregori. Nativi digitali è un bel termine, ma non nasciamo con uno smartphone in mano, ci viene messo! Detto questo, coinvolgere i giovani è fondamentale, ma così come quando un genitore dice “non prendere caramelle dagli sconosciuti” il figlio fa spallucce, anche un adulto che dice “non chattate con gli sconosciuti” avrà lo stesso effetto. Per questo noi studiamo ogni evento in modo certosino, pianifichiamo le persone giuste al momento giusto, lo stile di comunicazione più adatto per la platea. Con i ragazzi è necessario tenere alta l’attenzione e si deve creare la magia di cui ho parlato sopra e, ancora una volta, il nostro metodo infotainment e talk show è la soluzione giusta. Ad esempio, quasi 500 studenti presenti alla prima data del “tour” del DSF hanno prestato attenzione a tutti gli interventi per una mattinata intera. Bisogna saper miscelare gli ingredienti nel modo giusto, ma anche saperli selezionare prima di creare la ricetta.

Un piccolo spoiler per il prossimo anno?

Marco Cozzi. Di solito sui miei social blocco chi pubblica uno spoiler su un film o su una serie TV, ma qui credo sia interessante farne uno: la prossima edizione ci farà fare davvero tantissimi chilometri nella penisola.

Stefano Gazzella
Privacy Officer e Data Protection Officer, è Of Counsel per Area Legale. Si occupa di protezione dei dati personali e, per la gestione della sicurezza delle informazioni nelle organizzazioni, pone attenzione alle tematiche relative all’ingegneria sociale. Responsabile del comitato scientifico di Assoinfluencer, coordina le attività di ricerca, pubblicazione e divulgazione. Giornalista pubblicista, scrive su temi collegati a diritti di quarta generazione, nuove tecnologie e sicurezza delle informazioni.

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