
Siamo nell’era dell’inganno a pagamento. Ogni tuo click è un referendum privato in cui vincono sempre loro, gli algoritmi. E non sbagliano mai: ti osservano, ti profilano, ti conoscono meglio di tua madre. Tu pensi di scegliere il detersivo e invece è il detersivo che ha scelto te.
La pubblicità non vende più prodotti. Una volta si diceva che il prodotto sei tu, ma non è più nemmeno così. La pubblicità vende la tua attenzione, i tuoi riflessi, i tuoi tic. La manipolazione oggi è automatica, e il bello è che la chiami “comodità”. Ti convincono che decidi tu, ma il tasto “ACCETTA” è già la firma con cui ti arrendi.
Il vero prodotto non sei più tu, ma le tue emozioni. E chi può predirle, provocarle e addomesticarle ha in mano il potere vero. Alexa, Siri, ChatGPT, Netflix, Tinder sono tutti psicologi travestiti da assistenti digitali, pronti a dirti ciò che vuoi sentirti dire, pronti a cucirti addosso una realtà fatta su misura per te.
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È la nuova Fede. Dio non è più in Cielo. Dio è in Cloud.
Vuoi la Libertà, ma la libertà digitale è come il ristorante: puoi scegliere cosa mangiare, ma il menù è già stato deciso da altri. Credi di fare la rivoluzione evitando Instagram, ma usi WhatsApp. Ti senti ribelle perché il tuo motore di ricerca è anonimo, ma le tue foto finiscono comunque sui telefoni e sui profili social di amici, colleghi e familiari.
Il vero problema è che, senza rendercene nemmeno conto, ci piace che la tecnologia ci conosca, che ci profili, che ci eviti di pensare. Ma dietro ogni tecnologia c’è un’azienda e dietro ogni azienda ci sono persone: investitori, dirigenti, impiegati, tutti concentrati a generare profitto oppure a guadagnarsi lo stipendio.
La manipolazione parte da un semplice schema:
Le piattaforme raccolgono dati sul tuo comportamento attraverso ogni interazione: ricerche, like, tempo di permanenza su un contenuto, pause, scroll. Gli algoritmi inferiscono il tuo funzionamento cognitivo: cosa ti emoziona, cosa ti distrae, cosa ti fa cliccare. Ti procurano stimoli calibrati sulle tue specifiche vulnerabilità cognitive. Non ti trattano come utente medio: ti profilano come sistema cognitivo unico da sfruttare.
TikTok riprogramma il cervello limbico dei tuoi figli. Google trasforma la tua attenzione in merce quotata. ChatGPT ti restituisce la realtà che vuoi sentire, non quella che esiste. Netflix sceglie cosa vuoi vedere prima che tu lo sappia.
E funziona. Perché non stai combattendo contro un venditore: stai combattendo contro un sistema che ha analizzato miliardi di comportamenti umani e sa esattamente quale leva tirare per farti fare quello che vuole.
“Non ho nulla da nascondere” dicono in molti. Sbagliato: non si tratta di cosa nascondi, ma di cosa ti fanno fare con quello che sanno di te. Il punto non è proteggere i tuoi segreti: è proteggere la tua capacità di decidere autonomamente.
Perché quando l’algoritmo sa che sei vulnerabile all’urgenza, ti manderà notifiche con un countdown. Quando sa che sei sensibile alla prova sociale, ti mostrerà quante persone hanno già acquistato. Quando sa che hai bisogno di validazione, ti proporrà contenuti che confermano i tuoi bias.
Diceva Lenin: “uno schiavo che non ha coscienza di essere schiavo e che non fa nulla per liberarsi, è veramente uno schiavo. Ma uno schiavo che ha coscienza di essere schiavo e che lotta per liberarsi già non è più schiavo, ma uomo libero.”
Se vuoi la Libertà, ti serve un nuovo antivirus: l’antivirus per i pensieri prefabbricati, per i like che diventano consenso, per le emozioni che ti programmano mentre ridi di un meme.
La cybersecurity tradizionale protegge i sistemi tecnologici. Ma oggi il perimetro da difendere non è più solo tecnologico: è cognitivo. Le vulnerabilità più pericolose non sono nei firewall, ma nelle scorciatoie mentali che usiamo per decidere velocemente.
I criminali informatici lo sanno bene. Il phishing più efficace non è quello tecnicamente sofisticato: è quello psicologicamente calibrato. Il pretexting funziona perché costruisce storie credibili che aggirano ogni difesa razionale. L’ingegneria sociale sfrutta la tua voglia di aiutare, la tua paura di sbagliare, la tua necessità di appartenere.
La difesa non può essere solo tecnologica. Deve essere cognitiva. E per essere efficace, deve partire dalla consapevolezza di come funziona realmente la manipolazione digitale.
Per chi vuole approfondire l’interconnessione tra manipolazione digitale, vulnerabilità cognitive e difesa comportamentale, il libroCYBERCOGNITIVISMO 2.0 – Manipolazione, Persuasione e Difesa Digitale(in arrivo su Amazon) offre un’analisi dettagliata delle tecniche con cui piattaforme e criminali hackerano il cervello umano, e propone framework pratici per trasformare la consapevolezza nella tua nuova difesa operativa.
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