
Il 29 Novembre 2023, l’Interpol ha emesso un comunicato stampa relativo alla creazione di uno strumento per il riconoscimento biometrico che sembrerebbe essere passato, almeno in Italia, abbastanza sotto silenzio ma andiamo a vedere perché questa cosa dovrebbe interessarci.
Il comunicato stampa dell’Interpol dedica un intero paragrafo alle questioni relative alla privacy dicendo sostanzialmente che ovviamente il sistema catturerà tutti i dati dei soggetti e che gli stessi verranno trattati dal Biometric Hub per la relativa ricerca sottolineando che, qualora il risultato della ricerca dovesse essere negativo, i dati del soggetto verranno cancellati subito dopo la ricerca, mentre, qualora fosse positivo, vuol dire che siete ricercati da una(o più) forza di polizia dei 196 paesi membri dell’Interpol.
Tuttavia, nello stesso comunicato stampa l’Interpol afferma che il sistema sarebbe stato presentato agli inizi del 2023 nel corso della Conferenza dell’Interpol a Singapore, che il sistema per lo screening biometrico è stato lanciato ufficialmente ad ottobre 2023 e che attualmente è disponibile per tutti i 196 paesi membri.
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Ovviamente lo screening biometrico è una cosa già attiva in alcuni paesi come ad esempio Israele o la Cina, entrambi accusati – spesso in maniera nevrotica – di voler schedare in maniera massiccia i propri cittadini per non si sa bene quale occulta motivazione.
Inanzitutto, l’Interpol ha ragione nel proprio comunicato, infatti lo scopo di un sistema di screening biometrico – contrariamente a quello che, in maniera alquanto complottistica, si potrebbe pensare – non è quello di schedare intere popolazioni ma bensì quello di “integrare” un database creato precedentemente con dei dati biometrici che si possono raccogliere nei modi più svariati, ad esempio è possibile registrare il volto di una persona e creare un alert se questo viene ripreso da telecamere di sorveglianza sparse per la città.
E’ una tematica abbastanza scottante che crea una divisione tra complottisti che sostengono come questa sia sostanzialmente un’invasione della privacy dei cittadini e non contribuisce in alcun modo all’aumento della percezione di sicurezza nelle città ed addetti ai lavori(sia lato tecnico che lato di pubblica sicurezza) che invece sostengono che la corretta implementazione di questi sistemi possa contribuire attivamente alla sicurezza nelle nostre città andando anche ad identificare con facilità soggetti ricercati dalle forze dell’ordine di altri paesi.
Inoltre, qualcosa di molto simile, anche se oggettivamente più rudimentale, è attivo in Italia almeno dal 2018, ovvero il SARI…
SARI è un acronimo che sta per “Sistema Automatico di Riconoscimento Immagini”, è un sistema della Polizia di Stato attivo dal 2018 che permette, verosimilmente mediante l’inserimento di un’immagine o di un fotogramma estratto da un video, di confrontare l’immagine del soggetto al momento sconosciuto con le generalità di chi sia già presente nella banca dati della polizia.
Inoltre, il SARI avrebbe contribuito attivamente al riconoscimento di alcuni degli autori delle famose aggressioni sessuali di Capodanno a Milano.
Insomma, per ora i dati sembrerebbero dare ragione ai sostenitori di questi strumenti ed a coloro che ne vogliono una maggiore diffusione, oltre al fatto che, contrariamente da quanto sostenuto da alcuni, non sembrerebbe una guerra sicurezza vs privacy ma forse un’altra delle solite battaglie complottisti vs realisti.
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