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L’Ucraina diventa un modello per la guerra delle informazioni grazie alla mobilitazione totale dei cittadini

Achille Pierre Paliotta : 14 Marzo 2023 07:56

Molto è stato detto sullo straordinario successo dell’Ucraina, sul campo di battaglia, anche riguardo allo svolgimento delle operazioni informazionali (information operation, IO). La Federazione Russa, difatti, sembrava la forza egemone, almeno sulla carta, nel campo della narrativa di guerra e della propaganda, nelle sue diverse articolazioni.

Ciò anche a seguito dei suoi brillanti successi durante l’annessione della Crimea e delle operazioni militari svolte nel Donbass nel 2014. Anche la secolare attività di dis/mis-informazione, la quale risale addirittura all’epoca zarista dell’Okhrana, deponeva tutta a suo vantaggio. La realtà di questo primo anno di guerra, invece, ha messo in luce tutt’altra situazione. La Federazione Russa è stata surclassata da un Paese che può essere considerato un vero e proprio underdog in tale campo e che non godeva di nessun o poco credito tra gli analisti militari, i giornalisti esperti del settore e i commentatori politici.

Le ragioni di questo successo sono molte. Il presidente Volodymyr Zelensky, l’attore divenuto uomo di Stato suo malgrado ha fatto meglio di Putin in ogni occasione. Certo, si può dire che l’Ucraina beneficia anche del suo status di paese sovrano invaso da una potenza straniera; v’è da dire, inoltre, che essa è stata ampiamente aiutata da tutte le potenze occidentali anche nel campo strettamente informativo e informazionale, sottacendo l’aiuto avuto sul vero e proprio campo di battaglia cinetico che non interessa qui approfondire.


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    La moderazione dei contenuti, sulle principali piattaforme dei social media, e una stretta sui contenuti filo-russi, divulgati sulla grande stampa di opinione e sulle principali emittenti televisive, hanno sicuramente fatto il resto. In ultimo, l’aggressività e i crimini di guerra compiuti dai soldati e dalle milizie russe sono stati così palesi da favorire la narrazione della guerra e la propaganda ucraina rispetto all’omologa russa.

    Il ruolo dei civili

    Ciò detto, è evidente che le operazioni informazionali ucraine hanno mostrato tutta la loro efficacia anche perché hanno avuto un tratto di innovatività e finanche di controllata spregiudicatezza. È doveroso qui sottolineare l’enorme quantità di messaggi decentralizzati che si sono basati sui singoli cittadini, residenti sia in patria sia all’estero, i quali sono intervenuti, in maniera continuativa, nel corso di quest’anno, soprattutto nei primi mesi del conflitto, pubblicando direttamente sui loro feed social contenuti pro-ucraini.

    È indubbio, peraltro, che a partire dal 2014 il conflitto russo-ucraino si è trasformato in un punto focale della guerra social mediatica globale. Nel corso dei conflitti, difatti, le piattaforme social sono divenute sempre più uno strumento fondamentale per la diffusione delle notizie e la narrazione propagandistica che ne consegue. Tuttavia, nella maggior parte dei conflitti armati moderni i governi hanno mantenuto una forte stretta sui contenuti e sulle modalità di comunicazione, utilizzando i propri canali ufficiali per la pubblicazione di notizie, video e fotografie, ecc.

    In questo caso, invece, l’Ucraina si è mobilitata in maniera massiva cercando di coinvolgere tutti i propri cittadini. Una buona porzione dei suoi 43 milioni di civili, è stata il fulcro di gran parte dei contenuti relativi alla guerra sui social media. I civili, difatti, hanno postato la maggior parte dei contenuti che sono stati diffusi attraverso le piattaforme social. Forse fin qui nulla di strano in quanto è comprensibile che una mobilitazione totale possa essere prevista in un caso di invasione del genere.

    Il ruolo dei soldati al fronte

    Ma non solo i civili ucraini hanno utilizzato i social media per postare informazioni relative alla guerra. Anche i militari hanno sfruttato quest’opportunità pubblicando messaggi e veicolando contenuti narrativi legati al conflitto. Quello della crescita esponenziale degli influencers, collocati direttamente sul fronte delle operazioni costituisce, pertanto, un aspetto di novità da evidenziare qui.

    Pur se non è del tutto chiaro in che misura il Ministero della Difesa ucraino abbia coordinato o incentivato tali attività, sembra tuttavia ragionevole pensare che le forze armate abbiano imposto delle procedure ben precise al fine di evitare che gli account dei militari potessero essere geolocalizzati oppure rivelare informazioni sensibili.

    Il Ministero della Difesa, permettendo ad alcuni membri delle forze armate di utilizzare i social media, ha ottenuto così dei cospicui vantaggi in campo propagandistico. Questi account, difatti, hanno svolto la funzione di moltiplicatore di forza informazionale per l’Ucraina, espandendo il volume di contenuti che un account ufficiale avrebbe potuto creare, al fine di raggiungere un pubblico ben più vasto.

    I soldati titolari di questi account si sono potuti rapportare direttamente con i loro followers, instaurando una forte funzione empatica ed emotiva, di personalizzazione dei contenuti, permettendo così di avere un impatto sulla narrazione di guerra che un video tradizionale di propaganda, seppur ben confezionato, non avrebbe mai potuto raggiungere. In questo senso, l’esperienza diretta, l’autenticità delle testimonianze online, ha mostrato tutto il loro potere affabulatorio riempendo le piattaforme social, informando, emozionando e spingendo all’azione performativa di supporto alla nazione ucraina.

    Del resto, con l’avvento delle piattaforme social, i media tradizionali hanno subito un processo di ridimensionamento, che si potrebbe qualificare come di decentralizzazione delle news, cosicché, oggigiorno, qualsiasi individuo può creare un blog o un video e avere l’opportunità di divenire virale raggiungendo così milioni di visualizzazioni, a livello globale.

    In definitiva, se si possono trarre delle indicazioni innovative, di carattere generale, dalle operazioni informazionali ucraine si può dire che queste tecniche, che coinvolgono anche l’employee advocacy, non sono del tutto nuove, poiché le aziende, già da diverso tempo, le avevano adottato per promuovere in maniera personalizzata, e maggiormente credibile, i loro marchi commerciali. Questa tendenza è stata utilizzata, difatti, dalle imprese per creare programmi di promozione basati sugli influencers, sui propri dipendenti o sulla promozione del “passaparola” da parte degli utenti dei social media.

    Oggigiorno, è un dato di fatto che tali tecniche (propaganda e IO) e tecnologie (piattaforme di social media) possono essere considerate a duplice uso (dual use) e ciò mostra, ancora una volta di più, come vi sia una forte permeabilità delle stesse in ambedue gli ambiti (civile e militare).

    Achille Pierre Paliotta
    Ricercatore senior dell'INAPP (ex ISFOL). Laurea in Sociologia all’Università di Roma “La Sapienza”, Master in Data Science (DS) all’Università di Roma “Tor Vergata” nel 2015 e Master in Cybersecurity (SIIS) all'Università di Roma "La Sapienza" nel 2021. Svolge studi e ricerche sull’innovazione tecnologica, sulla cyber intelligence, sulla cybersicurezza e, in generale, su tematiche di sociologia.

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