
Il gruppo di hacktivisti filorussi di NoName057(16) ha sferrato un nuovo attacco contro un nuovo obiettivo italiano attraverso un Distributed Denial of a Service (DDoS). Questa volta a farne le spese è il sito del Consiglio Superiore della Magistratura.
NoName057(16) è un gruppo di hacker che si è dichiarato a marzo del 2022 a supporto della Federazione Russa dopo l’inizio della guerra tra Ucraina e Russia.
Hanno rivendicato la responsabilità di attacchi informatici a paesi come l’Ucraina, gli Stati Uniti e altri vari paesi europei. Nell’ambito dell’Italia, sono state sferrate diverse campagne DDoS contro obiettivi pubblici (siti governativi ed istituzionali) e privati.
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Il gruppo pubblica le sue attività all’interno di un canale Telegram che attualmente ha oltre 30.000 follower che costantemente alimenta con nuove vittime. Nello specifico, poco fa all’interno del loro canale Telegram è comparso un nuovo post che riporta quanto segue:
Il sito web del Supremo Consiglio Superiore della Magistratura italiano non è sopravvissuto al nostro attacco.

Ricordiamo che anche il 6 marzo scorso NoName057(16) ha colpito il sito del Consiglio Superiore della Magistratura. Questo è accaduto più volte al sito dei Carabinieri, che per ben 5 volte è rimasto vittima di attacchi DDoS al sito istituzionale.
Andando ad effettuare una analisi con check-host in questo momento, alle 22:07 del 19/04/2023 il server web non risulta raggiungibile dall’estero ma solo dall’Italia (e non sempre). Questo sta a significare che è stato attivato il Geolocking.
Il geolocking – anche noto come geoblocking – è una tecnica utilizzata per limitare l’accesso a contenuti online in base alla posizione geografica dell’utente. In pratica, il geolocking impedisce agli utenti (o a dei bot malevoli) di accedere a determinati contenuti o servizi online a meno che non si trovino in una determinata area geografica o regione specifica.
Nel caso degli attacchi DDoS, abilitare il geolocking significa ridurre la potenza di attacco dei computer infetti che inviano richieste malevole verso il server target. Ne deriva che da una specifica posizione geografica non sarà più possibile accedere al servizio (sito web) sia da un client lecito che da uno illecito (bot).

Per mitigare un attacco di Slow HTTP, ci sono diverse tecniche che possono essere utilizzate a seconda delle specifiche esigenze e della configurazione del sistema. Ad esempio è possibile:
In sintesi, il geolocking risulta essere una mitigazione temporanea, in quanto la soluzione definitiva è attivare firewall applicativi come i Web Application FIrewall (WAF) oppure affidarsi a dei servizi CDN come ad esempio Akamai o CloudFlare.
Un attacco DDoS (Distributed Denial of Service) è un tipo di attacco informatico in cui un grande numero di computer o dispositivi connessi in rete (noti come botnet) inviano contemporaneamente una grande quantità di traffico al server di destinazione, al fine di saturarlo e renderlo inutilizzabile per gli utenti legittimi.
In pratica, un attacco DDoS satura la larghezza di banda del server di destinazione, facendo in modo che questo non riesca più a rispondere alle richieste dei clienti legittimi. Questo può causare un’interruzione dei servizi, impedendo agli utenti di accedere a siti web, applicazioni o servizi online.
Gli attacchi DDoS sono spesso utilizzati da cybercriminali per scopi di hacktivismo, come in questo caso, ma possono anche essere utilizzati come estorsione, per danneggiare la reputazione dell’obiettivo o per scopi politici o ideologici. Esistono diverse tecniche utilizzate per eseguire un attacco DDoS, tra cui l’amplificazione del traffico, il flooding e il SYN flood e gli Slow Http Attack.
Uno Slow HTTP attack (o HTTP Slowloris) è un tipo di attacco informatico che sfrutta una vulnerabilità nella gestione delle connessioni HTTP da parte del server di destinazione. In pratica, l’attacco mira a tenere aperte molte connessioni HTTP con il server di destinazione, impedendogli di elaborare nuove richieste.
Nello specifico, l’attaccante invia una serie di richieste HTTP parziali al server di destinazione, ma non invia mai la richiesta completa. Questo fa sì che il server mantenga aperta la connessione e attenda il completamento della richiesta, senza però riceverlo mai. L’attaccante può quindi ripetere questo processo su molte connessioni contemporaneamente, utilizzando solo una piccola quantità di banda, ma saturando la capacità del server di elaborare altre richieste.
In altre parole, l’attacco Slow HTTP sfrutta il fatto che molti server HTTP attendono che una richiesta venga completata entro un certo intervallo di tempo (timeout). Poiché l’attaccante non completa mai la richiesta, il server continua ad attendere, impedendo la connessione di essere liberata per altri clienti.
Questo tipo di attacco può essere particolarmente efficace contro server web con connessioni a bassa larghezza di banda o capacità di elaborazione limitata, come ad esempio alcuni server web legacy o alcuni dispositivi IoT. Gli attacchi Slow HTTP possono anche essere utilizzati in combinazione con altri attacchi DDoS per aumentarne l’efficacia.
Relativamente all’Italia, il gruppo ha effettuato una serie di attacchi di Distributed Denial of Service ad obiettivi come:
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