
Redazione RHC : 24 Novembre 2025 07:32
Con la crescente digitalizzazione della supply chain, la resilienza non riguarda più solo logistica e fornitori, ma anche la sicurezza e la visibilità dei sistemi informatici. Le interruzioni non sono più un’ipotesi remota: sempre più aziende si trovano ad affrontare attacchi informatici, spesso mirati proprio ai sistemi che gestiscono la supply chain. In particolare, il ransomware rappresenta una minaccia concreta, capace di bloccare operazioni critiche e compromettere l’accesso ai dati. Nonostante gli investimenti in soluzioni per il backup e la continuità operativa, molte organizzazioni faticano a rispettare i propri obiettivi di ripristino (RTO) quando si verificano questi eventi.
Molti ambienti che supportano la supply chain sono un mosaico di sistemi eterogenei, componenti datati e soluzioni di terze parti difficili da monitorare. Questa complessità riduce la visibilità e rallenta la capacità di risposta in caso di attacco. A peggiorare la situazione, spesso IT e OT operano in compartimenti separati, senza una vera collaborazione. Essere “visibili” non significa solo sapere quando qualcosa si interrompe, ma anche conoscere le piattaforme in uso, le loro dipendenze e il modo in cui interagiscono tra loro. Solo con questa consapevolezza è possibile anticipare i problemi e reagire in modo coordinato.
Molte organizzazioni si affidano a tecnologie che mostrano solo il risultato finale, ma non ciò che accade al loro interno. Questi sistemi “black box” rendono difficile capire l’origine di un malfunzionamento o di un attacco, allungando i tempi di diagnosi e recupero. Nei settori dove IT e OT non comunicano – come la produzione e la logistica – questo rischio è particolarmente alto.
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La resilienza non si limita a prevenire gli incidenti: significa anche essere pronti a riprendersi rapidamente. Per farlo, serve sapere quali sistemi sono davvero critici, quanto può durare un’interruzione accettabile e come riportare tutto alla normalità in tempi brevi. Il backup è un alleato fondamentale, ma da solo non basta: serve una visione d’insieme delle interdipendenze tra sistemi e applicazioni. La resilienza riguarda il ripristino dell’operatività, non solo dei dati.
Costruire una supply chain resiliente richiede un approccio integrato. IT e supply chain devono condividere obiettivi e linguaggio, in modo da comprendere meglio i rischi e reagire in modo coordinato. Ecco alcune buone pratiche da seguire:
Il primo passo concreto è migliorare la visibilità sui propri sistemi. Identificare le applicazioni più critiche, catalogare le dipendenze e colmare eventuali lacune permette di ridurre i rischi legati ai fornitori e di avere maggiore controllo su tutto l’ecosistema.
La vera resilienza operativa nasce dalla conoscenza profonda dei propri sistemi e dalla capacità di ripristinarli in modo rapido e sicuro. Con l’iniziativa Veeam è Molto di Più, Veeam invita aziende e professionisti della cybersecurity a superare la visione tradizionale del backup: non solo come semplice copia dei dati, ma come un pilastro strategico su cui costruire continuità, sicurezza e agilità del business.
In questo nuovo approccio, le organizzazioni devono essere in grado di ripristinare interi ambienti o sedi operative in tempi rapidi, garantire la portabilità dei dati tra cloud, infrastrutture virtuali e container, e proteggere lo storage con soluzioni sicure, immutabili e crittografate. È altrettanto importante poter operare in un modello di cloud ibrido che offra flessibilità, controllo e resilienza. La resilienza dei dati non è più solo una questione tecnica, ma una vera e propria necessità strategica per affrontare un futuro in cui le interruzioni – digitali o fisiche – non sono più un’eccezione, ma una costante del contesto in cui oggi operano le aziende.
Redazione
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