Diritto di accesso dell’interessato: il ritardo nella risposta costa 20mila a Deutsche Bank
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Diritto di accesso dell’interessato: il ritardo nella risposta costa 20mila a Deutsche Bank

Diritto di accesso dell’interessato: il ritardo nella risposta costa 20mila a Deutsche Bank

Stefano Gazzella : 12 Agosto 2022 08:00

Autore: Stefano Gazzella

Con il provv. 16 giugno 2022 n. 226 l’autorità garante per la protezione dei dati personali ha sanzionato per 20 mila euro Deutsche Bank in seguito ad un reclamo presentato da un interessato avente ad oggetto l’illecito trattamento di dati personali consistente nella segnalazione del nominativo in CRIF “in assenza della comunicazione di preavviso di cui all’art. 4, comma 7, del “Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti” e il mancato riscontro ad una richiesta di accesso ai sensi dell’art. 15 GDPR.

Il reclamante aveva infatti inviato una PEC a luglio 2020 con cui esercitava il proprio diritto richiedendo copia dell’informativa privacy, non ricevendo però alcuna risposta fino a giugno 2021 in seguito alla presentazione del reclamo e all’intervento del Garante Privacy con la richiesta di fornire delle osservazioni in merito.


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Da quanto emerso la banca aveva inviato un “Avviso di imminente registrazione dei dati in sistemi di informazioni creditizie” presso l’indirizzo fornito dal reclamante stesso e che tale comunicazione veniva restituita dal servizio postale con la causale “Indirizzo inesistente”, per cui è stato riscontrato il carattere di liceità della segnalazione in CRIF.

Il mancato riscontro alla richiesta di accesso esercitata dall’interessato entro il termine di un mese prorogabile di ulteriori due, come prescritto dall’art. 12.3 GDPR, è stato l’aspetto che però ha comportato l’apertura dell’istruttoria con la contestazione della violazione degli artt. 12 e 15 GDPR.

All’interno delle valutazioni il Garante ha avuto modo di precisare il carattere perentorio e tassativo del termine di un mese per rispondere ad una richiesta di esercizio dei diritti pur con l’indicazione dell’esigenza di un termine ulteriore fino a due mesi o dei motivi del diniego unitamente alla possibilità di proporre reclamo.

La responsabilità in capo al titolare di agevolare l’esercizio dei diritti da parte dell’interessato (art. 12.2 GDPR) e di dotarsi di misure tecniche e organizzative adeguate a fornire una risposta tempestiva non può venire meno per effetto di un’istanza presentata dall’interessato “nell’ambito di una più ampia e articolata richiesta (…) che avrebbe impedito di fornire tempestivo riscontro”. Allo stesso modo, anche l’involontarietà del ritardo o l’assenza di un pregiudizio evidente o noto al titolare non possono essere argomenti che possono fondare un’eccezione valida a riguardo.

Con specifico riferimento al diritto di accesso, inoltre, il Garante ha avut0 modo di precisare che l’aver già fornito precedentemente l’informativa non esonera in alcun modo dall’ottemperare a tale richiesta dal momento che l’esercizio del diritto consiste nell’ottenere innanzitutto la conferma di un trattamento dei propri dati personali e di conseguenza l’accesso a tali dati e alle relative informazioni, al fine di verificare “la correttezza e la completezza dei dati oggetto di trattamento”.

Immagine del sitoStefano Gazzella
Privacy Officer e Data Protection Officer, è Of Counsel per Area Legale. Si occupa di protezione dei dati personali e, per la gestione della sicurezza delle informazioni nelle organizzazioni, pone attenzione alle tematiche relative all’ingegneria sociale. Responsabile del comitato scientifico di Assoinfluencer, coordina le attività di ricerca, pubblicazione e divulgazione. Giornalista pubblicista, scrive su temi collegati a diritti di quarta generazione, nuove tecnologie e sicurezza delle informazioni.

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