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Giornalismo e querele: sentenza storica che assolve il giornalista e condanna il querelante

Redazione RHC : 27 Febbraio 2023 08:45

Una storia semplice, iniziata con una causa per diffamazione verso un giornalista che aveva riportato dei fatti di cronaca, che poi è finita con l’accusa del querelante.

L’ex consigliere della Spoleto Credito e servizi, Leodino Galli, è stato condannato a un anno e quattro mesi di reclusione per calunnia nei confronti del giornalista Carlo Ceraso, che era stato precedentemente querelato da Galli per diffamazione.

L’archiviazione del procedimento contro Ceraso aveva portato ad una successiva azione legale: una indagine per calunnia contro Galli.

Il giudice ha anche ordinato una provvisionale di 10.000 euro da definire in sede civile e un risarcimento di 5.000 euro ciascuno per l’Ordine nazionale dei giornalisti e la Federazione nazionale della stampa, che si erano costituiti parti civili.

La difesa di Galli aveva sostenuto la mancanza di elementi soggettivi per il reato, ma il giudice ha concluso con la condanna. Secondo l’avvocato di Ceraso, questa è la prima volta in cui una cosiddetta querela temeraria si ritorce contro chi l’ha presentata in Italia.

Questa è stata una sentenza importante, definita “storica” dagli avvocati delle parti civili, poiché non ci sono precedenti di un’azione penale avviata d’ufficio a seguito di una querela per diffamazione.

Galli ha presentato la querela sapendo che il giornalista aveva scritto la verità, ma è finito da querelante a indagato prima e poi a imputato, e ora è stato condannato a seguito della sentenza di primo grado.

La vicenda riguarda il crack della Banca Popolare Spoleto, un tempo guidata dalla holding SCS e dal 2015 passata nelle mani di Banco Desio. Nel 2011, con un ribaltone di qualche centinaio di soci (su 19mila), ribattezzato l’Assemblea della vergogna, l’ex dominus della Spoleto, Giovannino Antonini, si assicura il pieno controllo della Scs e richiama nel cda Leodino Galli, che della holding era già stato ai vertici per oltre dieci anni.

Siccome riceviamo costantemente delle diffide da parte di aziende violate, che pensano solo alla loro “brand reputation” e meno alla loro postura cyber, è importante conoscere anche come potrebbero andare le cose.

Redazione
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