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La linea diretta tra Intelligence e innovazione tecnologia

Roberto Villani : 1 Giugno 2021 07:00

Autore: Roberto Villani

L’intelligence è sempre stata legata a doppio filo con la tecnologia.

Come detto da un noto esperto, l’intelligence è il secondo mestiere più antico del mondo, ma è altrettanto vero che la tecnologia gli ha sempre consentito di svolgere questo mestiere nel migliore dei modi.

RHC ha spesso raccontato degli antichi strumenti di comunicazione dei messaggi cifrati o meno, che venivano utilizzati fin dal tempo dell’antica Roma. Se fate un salto al museo nazionale romano, potrete trovare un cippo funerario dedicato ad un soldato delle legioni imperiali, che già svolgeva l’attività di agente segreto, portando messaggi imperiali lungo tutta la penisola, sotto il suo cuoio capelluto! Gli venivano tagliati i capelli, si “scriveva” il messaggio sulla pelle della testa, si attendeva che la sua chioma iniziasse la ricrescita ed iniziava la missione. Giunto a destinazione, era sufficiente tagliare i capelli per leggere il messaggio. Insomma le tecniche sono sempre state brillanti.

Per tornare ai tempi più vicino a noi, i maggiori esperti di tecnologia ed intelligence degli anni della guerra fredda erano certamente i tedeschi della ex DDR. Già associare la Germania ad una efficenza tecnologica è facile – gli esempi sono sotto gli occhi di tutti – ma gli agenti della Stasi (il famigerato ministero della sicurezza di Berlino est) erano dei perfezionisti assoluti, che non sbagliavano una pianificazione, almeno fino al crollo del muro di Berlino.

In un bellissimo libro, che vi consiglio di leggere se siete appassionati della materia, scritto da Gianluca Falanga collaboratore del museo della Stasi – oggi la sede dell’ex ministero è divenuto un museo – l’autore racconta delle imprese “tecnologiche” del dipartimento 26 della Stasi, che era il dipartimento per così dire…tecnico ingegneristico, dell’agenzia di intelligence più famosa dell’Europa dell’est, più dei loro cugini del KGB. Cugini che temevano le imprese dei tedeschi e non lo hanno mai nascosto.

Ma cosa faceva il dipartimento 26? Come racconta Falanga nel libro dal titolo “spie dall’est l’Italia nelle carte segrete della Stasi” – negli archivi recuperati della Stasi, si sono scoperti migliaia di documenti segreti riguardanti piantine edilizie degli appartamenti in uso ai diplomatici ed i dipendenti delle ambasciate straniere a Berlino est. Le disposizioni dei mobili dentro questi appartamenti, le numerazioni delle chiavi di accesso alle porte, lo spessore delle pareti, mobili “preconfezionati” per contenere microspie, e chiaramente dove erano posizionate le prese della corrente, ma sopratutto il tipo di telefoni che esistevano nelle singole stanze.

Il telefono, la tua voce.

Recitava cosi uno spot pubblicitario degli anni ‘80 per ricordarci quanto era importante il telefono per stare vicino ai nostri cari, magari lontani. Oggi non ci facciamo caso, perché abbiamo tutti un telefono in tasca, ma fino a 30/35 anni fa non era per tutti averne uno in tasca. Ed allora quello in casa era l’unico mezzo a nostra disposizione.

Ma questo era anche a disposizione degli agenti delle Intelligence straniere se questi conoscevano il suo funzionamento ed il suo schema costruttivo. E qui che il dipartimento 26 della Stasi agiva. Avere gli schemi costruttivi dei telefoni installati nell’ambasciata e negli appartamenti dei cittadini stranieri non DDR che lavoravano nelle sedi diplomatiche era essenziale.

Tra le pagine del libro di Gianluca Falanga, si possono trovare gli schemi del telefono modello “Pulsar” della Italtel – azienda italiana di telefonia degli anni ‘80 – che aiutavano gli agenti della Stasi a modificarlo per aggiungerci delle cimici o altro. Gli operatori del dipartimento 26, scaltri agenti professionisti del settore, non avevano faticato molto ad avere quegli schemi, perché come spesso ho scritto su queste pagine, la vera intelligence è il fattore umano.

Poter agire in territorio esterno senza farsi scoprire è la vera capacità operativa dell’agente d’intelligence, agire come una talpa all’interno di una comunità, di una struttura operativa, di un complesso strutturato senza lasciare tracce è da sempre considerato un must tra le agenzie di intelligence.

Oggi come ieri, operare sotto mentite spoglie, per avere informazioni, dettagli, nomi, identità effettive, è la più importate risorsa che una agenzia di intelligence deve avere. I paesi ad alto contenuto tecnologico, come lo era la ex DDR nel periodo tra gli anni 60 e gli anni 80, sono quelli che avranno più possibilità di resistere agli attacchi informatici che verranno portati nella prossima guerra cibernetica.

Gestire la mole immensa di informazioni che sono disponibili nella rete web è la chiave del successo o quanto meno la chiave per non subire attacchi economici, che saranno sempre più pesanti. Ciò che ha insegnato la scuola della Stasi è proprio questo, l’aver inseguito troppo la presunzione di potenza, dimenticando il lato economico, sottostimando la forza della guerra economica, perché con una implosione economica il sistema ex sovietico è fallito, portandosi dietro tutti i paesi del patto di Varsavia.

Siamo nel 21° secolo, siamo andati sulla Luna, presto forse riusciremo ad arrivare su Marte, abbiamo la capacità di fare operazioni chirurgiche muovendo robot in remoto da distanze incredibili, cosi come riusciamo a vedere movimenti con dettagli incredibili da altezze fino a ieri definite impossibili, ed abbiamo sempre in tasca il nostro smartphone che ci indica tutto, e sempre pronti a fare una telefonata che forse ci allunga la vita, oppure no, ma non conosciamo la sua tecnologia! Come possiamo prevenire gli attacchi? Semplicemente diventando come gli operatori del dipartimento 26… esperti dei nostri strumenti quotidiani, che dobbiamo gestire al meglio e non farci gestire da loro. Investire nella nostra formazione tecnologica è la formula vincente per questo 21 secolo ad alto tasso IT, se non vogliamo implodere come accaduto in passato. Perché gli operatori del dipartimento 26, sono ancora in servizio, ovunque, ed hanno probabilmente il controllo del vostro telefono.

PS, appena si potrà viaggiare liberamente, vi suggerisco una visita al Museo della Stasi a Berlino.

Oltre ad un giro tra le stanze dove lavorava il famigerato Markus Wolf (Misha) – l’imprendibile – potrete vedere come avveniva la collazione delle informazioni assunte sul campo, che non è poi così tanto lontana da come avviene oggi con i nostri strumenti cyber, perché è l’uomo che fa l’intelligence, ricordatelo sempre.

Roberto Villani
Dilettante nel cyberspazio, perenne studente di scienze politiche, sperava di conoscere Stanley Kubrick per farsi aiutare a fotografare dove sorge il sole. Risk analysis, Intelligence e Diritto Penale sono la sua colazione da 30 anni.