
Redazione RHC : 4 Agosto 2022 07:00
Le farmacie elaborano una grande quantità di dati sensibili relativi allo stato di salute dei propri clienti. Spetta quindi al farmacista informarlo individualmente del trattamento dei dati che lo riguardano, nonché consentire l’esercizio dei diritti di accesso, rettifica e opposizione.
Per aiutare le farmacie a rispettare il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), la Commissione Nazionale per l’Informatica e le Libertà ha adottato un sistema di riferimento che applica i principi di questo testo ai trattamenti di routine attuati nell’ambito della gestione sanitaria e amministrativa del paziente.
Tale sistema è stato pubblicato a seguito di una consultazione pubblica, avviata nell’ottobre 2021, con i principali rappresentanti del settore.
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Un benchmark è uno strumento di regolamentazione “flessibile” che non è obbligatorio.
Tuttavia, le farmacie hanno tutto l’interesse a rispettarlo per evitare potenziali sanzioni.
Nel dettaglio, si rivolge ai titolari di farmacie autonomi e ai loro fornitori di servizi (subappaltatori).
Non riguardano, invece, le cure poste in essere nell’ambito dell’alimentazione del fascicolo farmaceutico, l’implementazione della teleassistenza, la vendita online di farmaci e la lotta alla pandemia di Covid-19.
La norma specifica che il titolare del trattamento di una farmacia deve assicurarsi che raccolga solo “dati rilevanti e necessari”. In linea di principio si considerano rilevanti: l’identità e i dati di contatto del cliente, l’identificativo sanitario nazionale, il codice fiscale, i dati relativi alla salute (peso, altezza, anamnesi, ecc.) o anche informazioni sullo stile di vita.
Per quanto riguarda l’accesso ai dati da parte di un fornitore di servizi incaricato della manutenzione del software, il sistema di riferimento prevede che sia garantita la sicurezza dei dati e preservata la riservatezza.
Pertanto, devono essere implementate “misure fisiche e logiche”, come la crittografia.
Il documento specifica inoltre che i dati raccolti possono essere riutilizzati per ricerche, studi o valutazioni svolti da personale addetto al monitoraggio dei clienti e destinati al loro uso esclusivo (ricerche interne) senza richiedere l’autorizzazione della CNIL.
La gestione dei dati sanitari da parte delle farmacie è stata oggetto di un caso di alto profilo, svelato da Cash Investigationnel maggio 2021.
La società americana IQVIA è stata accusata di aver risucchiato le informazioni raccolte dalle farmacie per poi rivenderle alle aziende farmaceutiche. La Cnil ha indicato che IQVIA non aveva il diritto di commercializzare dati sanitari per promuovere prodotti sanitari ma solo di condurre “studi non interventistici”
Redazione
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