
La scelta della “Persona dell’Anno” da parte della rivista TIME è una tradizione che affonda le radici nel 1927, quando il riconoscimento venne assegnato a Charles Lindbergh dopo la sua storica traversata in solitaria dell’Atlantico. Da allora, la copertina di fine anno ha rappresentato una sorta di sintesi simbolica dei protagonisti e delle forze che avevano segnato i dodici mesi precedenti.
Alla fine del 1982, tuttavia, TIME decise di interrompere questo schema consolidato.
Il numero datato 3 gennaio 1983, già disponibile in edicola dal 26 dicembre, presentava una scelta inedita: non una persona, ma una macchina. Per la prima volta, il settimanale modificò anche il nome del riconoscimento, che divenne “Machine of the Year”.
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Il soggetto premiato era il personal computer, raffigurato in copertina attraverso un’immagine simbolica: una figura stilizzata seduta a un tavolo rosso davanti a un PC. Una rappresentazione che intendeva raccontare l’ingresso dei computer nella vita quotidiana, pur senza attribuire il cambiamento a un singolo volto umano.

La decisione non arrivava all’inizio dell’era dei personal computer, ma in una fase già avanzata della loro diffusione. All’inizio degli anni Ottanta, il mercato stava crescendo rapidamente: le vendite erano passate da circa 724.000 unità nel 1980 a 1,4 milioni nel 1981, fino a sfiorare i 3 milioni nel 1982, con un ritmo di espansione che raddoppiava di anno in anno.
Nel motivare la scelta, TIME spiegò che in alcuni momenti storici la forza più significativa non è una persona, ma un processo. Secondo la redazione, il computer rappresentava un cambiamento strutturale destinato a influenzare ogni altro ambito della società, più di quanto avrebbero potuto fare i candidati umani dell’epoca.
Tra i nomi circolati alla vigilia della decisione figuravano figure politiche di primo piano come il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan e la premier britannica Margaret Thatcher. Solo in seguito emerse che, secondo alcune ricostruzioni, anche Steve Jobs era stato indicato come possibile protagonista della copertina, ipotesi che alimentò polemiche e retroscena.
Jobs, cofondatore di Apple, si aspettava di essere scelto come “Persona dell’Anno” e rimase profondamente deluso dalla decisione finale. In quel periodo aveva aperto le porte dell’azienda al giornalista Michael Moritz, corrispondente di TIME da San Francisco, convinto che stesse lavorando a una storia di copertina a lui dedicata.
La reazione fu aggravata dal contenuto dell’articolo, che includeva riferimenti alla sua vita privata, in particolare alla vicenda della paternità negata di Lisa, la figlia avuta quattro anni prima con Chrisann Brennan. Jobs interpretò il ritratto come ostile, mentre lo stesso Moritz rimase insoddisfatto per le modifiche introdotte in redazione, che accentuarono elementi di carattere personale.
Rileggendo oggi quella scelta editoriale, appare chiaro come all’inizio degli anni Ottanta non fosse ancora possibile comprendere fino in fondo la portata della rivoluzione digitale in corso.
Il personal computer era visto come uno strumento emergente, non come il punto di partenza di un cambiamento che avrebbe ridefinito lavoro, comunicazione, informazione e società, aprendo un percorso che, da quella copertina, conduce direttamente al mondo digitale contemporaneo.
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