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La storia del Teledrin: reperibili sempre, prima del cellulare.

Laura Primiceri : 3 Agosto 2021 15:33

  

Autore: Laura primiceri
Data Pubblicazione: 03/08/2021

Uno dei pregi (o difetti, dipende dai punti di vista) della tecnologia cellulare è quello di aver praticamente azzerato l’irreperibilità delle persone. Ora, se qualcuno non vuole essere raggiunto, deve veramente volerlo. Come si faceva al tempo dei telefoni fissi ad essere reperibili anche fuori casa/ufficio? Col Teledrin!

Teledrin è il nome commerciale dato dalla SIP al cercapersone ed è il nome con il quale tutti lo ricordiamo oggi. Cos’era? A cosa serviva? Come funzionava?

Prima di parlarvi del Teledrin accenniamo al suo diretto papà, ovvero il servizio di radioavviso veicolare. Si trattava di uno dei primi utilizzi della rete radiomobile per le telecomunicazioni e prevedeva una scatola piuttosto grossa e ingombrante da installare in auto. Non poteva ricevere chiamate, ma solo un segnale che avvertiva il proprietario che qualcuno lo aveva cercato sul telefono fisso, non lo aveva trovato e aveva necessità di essere richiamato. Dal radioavviso veicolare deriva poi il Teledrin che altro non era che la sua versione tascabile.

Qualcuno ti cerca: Teledrin ti trova

Prendiamo in prestito uno slogan pubblicitario dell’epoca per raccontarvi il cercapersone. Quando l’unico modo di comunicare con le persone era il telefono fisso, se la persona cercata in quel momento non era in casa o in ufficio o comunque nei pressi dell’apparecchio c’era poco da fare. Non c’era! Eh ma provatelo a spiegare a chi cercava un medico, un manutentore o chiunque da doverci parlare con urgenza. Del resto, non è che si poteva vivere murati in casa seduti davanti al telefono (il concetto di lockdown forse non era nemmeno ancora stato inventato).

A questo serviva il Teledrin: una scatolina che la persona portava sempre con sé, con un display nella parte superiore. Un bip avvertiva che c’era qualcuno che stava cercando di mettersi in contatto telefonicamente e sul display compariva il numero di chi chiamava. Stava poi alla persona cercata richiamarlo, generalmente da un telefono pubblico. Semplice ma rivoluzionario. La tecnologia dietro al cercapersone nasce in America negli anni ’50, ma in Italia arriva solo nel 1980 insieme all’apparecchietto grande quanto un pacchetto di sigarette che si teneva nel taschino o agganciato alla cintura. Funzionava su quella che sarebbe poi diventata la rete TACS. I primi Teledrin (brandizzati Motorola) permettevano di ricevere solo la notifica della chiamata, mentre quelli successivi potevano anche ricevere dei brevi messaggi di testo di circa 80 caratteri.

Per contattare un utente Teledrin dopo averlo cercato sul telefono fisso e non averlo trovato, si chiamava il numero breve 168 seguito dal numero del Teledrin cercato. A quel punto la persona riceveva un bip sull’apparecchio, vedeva il numero chiamante e cercava di mettersi in contatto. In caso si fosse trattato di un cercapersone alfanumerico (ovvero quello che riceveva i messaggi), si poteva comporre il messaggio come gli SMS degli anni ’90, ovvero schiacciando svariate volte i tasti fino a selezionare le lettere corrispondenti. Augurandosi di non sbagliare mai.

Questo il funzionamento di base, c’erano poi gli “optional”: gli apparecchi più avanzati permettevano di smistare in qualche modo le chiamate filtrandole per numero. Era così possibile programmare delle priorità o degli avvisi differenti in caso a chiamare fosse casa, l’ufficio, il capo, eccetera. Nella pubblicità sottostante vediamo un’ulteriore evoluzione: la possibilità di creare sullo stesso apparecchio due utenze Teledrin con due numeri diversi per creare ulteriori filtri.


Una pubblicità d’epoca del Teledrin Sip

Il “lusso” di esserci sempre

Il cercapersone si indirizzava a un’utenza prevalentemente business. I primi destinatari erano i medici, poi i professionisti in generale come manutentori, manager e chiunque svolgesse un lavoro che richiedesse di essere sempre raggiungibile. La comunicazione pubblicitaria si rivolgeva prevalentemente a questi ultimi, ma si tentò anche di portarlo presso i giovani: operazione di scarso successo, probabilmente perché ai ragazzi non piaceva l’idea che i genitori potessero rintracciarli in ogni momento. A questo scopo nacque anche una versione “economica” dell’abbonamento chiamata eloquentemente Family. Costava 10.000 lire al mese e cercò di fare uscire il Teledrin dai confini “professionali”, come detto non riuscendoci appieno.

Fino alla metà degli anni ’90 i cercapersone convissero in maniera anche abbastanza serena con i primi telefoni cellulari. Il Teledrin era sicuramente più economico (chiamarne uno costava un solo scatto), più pratico da portare in giro e, dal momento che funzionava a pile stilo sostituibili, molto affidabile. I primi cellulari erano grossi e pesanti, la batteria durava pochissimo e la loro ricezione era molto relativa. Il cercapersone restava l’alternativa preferita. Questa preferenza venne però meno quando i cellulari si rimpicciolirono e diventarono più abbordabili (e questa è una storia che vi racconteremo nelle prossime puntate).

Il servizio Teledrin è ufficialmente morto il 31 dicembre 2005, quando è stata dismessa la rete TACS su cui si appoggiava per funzionare. I cellulari svolsero (e ancora svolgono) egregiamente la sua funzione, per quello fu rapidamente dimenticato e mai più “rispolverato”. Resta uno dei simboli di quei manager rampanti degli anni ’80, gli “yuppies” di un’Italia che correva a gran velocità e dava un’importanza sempre crescente e a volte esagerata al lavoro e alla carriera.

Fonte

https://www.uniontel.it/2021/07/29/il-teledrin-reperibili-sempre-prima-dei-cellulari-tbt/

Laura Primiceri
Giornalista pubblicista, social media manager, storyteller e content creator. Tra i grandi amori la scrittura, la comunicazione e i suoi media, la tv e la pubblicità. Esperta di cultura pop anni ‘90.