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Perché gli Stati Uniti non dovrebbero giocare alla cyberwar mentre il loro potere diminuisce.

Redazione RHC : 8 Aprile 2021 13:35

Dopo gli attacchi Solarwind ed Exchange, con queste crescenti capacità offensive, possiamo continuare a giocare su questo percorso di confronto?

Possiamo giocare a questo gioco spericolato da “pollo informatico” senza subire conseguenze devastanti?

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"Il cyberbullismo è una delle minacce più insidiose e silenziose che colpiscono i nostri ragazzi. Non si tratta di semplici "bravate online", ma di veri e propri atti di violenza digitale, capaci di lasciare ferite profonde e spesso irreversibili nell’animo delle vittime. 
Non possiamo più permetterci di chiudere gli occhi". Così si apre la prefazione del fumetto di Massimiliano Brolli, fondatore di Red Hot Cyber, un’opera che affronta con sensibilità e realismo uno dei temi più urgenti della nostra epoca.
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Con la speranza che venga letto, condiviso e discusso, Red Hot Cyber è orgogliosa di offrire un contributo concreto per costruire una cultura digitale più consapevole, empatica e sicura. Contattaci tramite WhatsApp al numero 375 593 1011 per richiedere ulteriori informazioni oppure alla casella di posta [email protected]



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Le capacità cyber-offensive possono portare inavvertitamente ad un attacco che ha conseguenze fisiche e, quindi ad una guerra fisica?

Gli Stati Uniti e i loro alleati della #NATO hanno rifiutato nel tempo, qualsiasi tentativo nell’ambito delle Nazioni Unite di vietare le armi cibernetiche.

#Russia, #Cina e molti altri paesi hanno cercato di avviare un processo con le Nazioni Unite per discutere un trattato di pace cibernetico.

Nel 2009, la Russia ha proposto un trattato sul modello della Convenzione sulle armi chimiche che vieterebbe le armi cibernetiche, un appello ripetuto alle Nazioni Unite.

Gli Stati Uniti lo hanno rifiutato ogni volta, sostenendo invece che ogni paese dovrebbe accettare il Tallinn Manual. Il Manuale di Tallinn è uno studio accademico non vincolante sponsorizzato da un gruppo di paesi della NATO su come il diritto internazionale dovrebbe interpretare il #cyberspace.

Non richiede il divieto dei #cyberweapons, ma definisce solo cosa sia un’arma cibernetica e dove il suo utilizzo violerebbe il diritto internazionale. Chiaramente, il Manuale è ben diverso da un trattato di mantenimento della “pace informatica” e sul divieto delle armi cibernetiche.

Le minacce alla sicurezza informatica stanno emergendo come una delle sfide più serie del 21 ° secolo.

Russi e cinesi non sono gli unici a promuovere un trattato di pace cibernetico, o almeno negoziati su cose da fare e da non fare nell’era cibernetica. Con la fuga degli strumenti della NSA su Internet e sulla scia degli attacchi ransomware WannaCry, anche i giganti della tecnologia quali Microsoft, hanno iniziato a parlare di national-state (leggi: la NSA in questo caso) che accumulano e sfruttano le vulnerabilità dei sistemi informatici.

La realtà che gli Stati Uniti rifiutano di accettare che non sono più l’ unico cyber national state.

Un rapporto chiamato “National Cyber ​​Power Index 2020” del Belfer Center for Science and International Affairs della Harvard Kennedy School ha classificato il potere cibernetico dei paesi in base alle capacità offensive e difensive.

Sebbene gli Stati Uniti siano ancora protagonisti, la Cina è al secondo posto e sta recuperando rapidamente. Russia, Regno Unito e altri sono ancora a una certa distanza.

Con i sistemi informatici e le reti alla base dell’infrastruttura globale, i rischi delle armi cibernetiche per il mondo sono più grandi che mai.

Se non lavoriamo per la pace cibernetica, inevitabilmente cederemo a un rovinoso scambio cibernetico e possibilmente alla frammentazione di Internet globale con confini molto rigidi. La Runet ne è un esempio.

È fondamentale non entrare nel territorio ancora più pericoloso di una guerra calda che può iniziare oggi facilmente da una guerra informatica.

https://www.pressenza.com/2021/04/why-the-u-s-shouldnt-play-games-with-cyberwarfare-as-its-power-declines/

Redazione
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