
Stefano Gazzella : 18 Settembre 2025 07:56
Avevamo già parlato della proposta di regolamento “ChatControl” quasi due anni fa, ma vista la roadmap che è in atto ci troviamo nell’imbarazzo di doverne parlare nuovamente. Sembra però un déjà vu ma al posto del gatto nero nel corridoio assistiamo all’UE che alternando abbondanti dosi di chine fatali e argomenti fantoccio prosegue nell’allineare il proprio desiderio di tecnocontrollo all’esempio statunitense denunciato ai tempi da Snowden. Probabilmente, per quell’ambizione propria del Vecchio Continente che ancora si crede ancora essere il centro del mondo.
Ma veramente possiamo pensare che servirà a qualcosa pubblicare un ennesimo articolo in cui si discetta sull’eccesso di una normativa che, di fatto, mira al controllo generalizzato dei contenuti delle piattaforme di messaggistica, violando sistematicamente la corrispondenza ed imponendo una backdoor di Stato? In pratica, riproponendo metodi per bypassare la crittografia e2e, ritenuta intrinsecamente pericolosa.
Serve davvero spendere parole su questo tema, che peraltro è dibattuto ma solamente all’interno delle bolle di esperti ed appassionati di diritti digitali? Probabilmente è inutile.
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Certo, Wilde in una celebre citazione, diceva “Tutta l’arte è perfettamente inutile” e dunque ben venga celebrare l’inutilità piuttosto che improvvisarsi utili idioti eterodiretti. Se un signore da Rotterdam ha elogiato la follia, allora si conceda licenza anche a chi intende omaggiare la sana inutilità.
Di inutilità si parla perché un ennesimo articolo contro ChatControl non porta nulla di nuovo a preoccupazioni emerse ben più di 2 anni fa, non rivela alcuna verità scomoda né può svelare chissà quali altarini o complotti. Tutto è stato ed è perfettamente sotto gli occhi di tutti all’interno dei lavori istituzionali: pubblicamente proposto, annunciato e celebrato.
A differenza della lettera rubata di E. A. Poe non è nulla di nascosto o celato, se non nella parte in cui ci domanderemo un domani come abbiamo fatto ad arrivare a tanto? Capendo anche che parlare di difendere i bambini costituisce un ottimo grimaldello retorico per forzare la mano e far saltare tutti quegli equilibri di proporzionalità che altrimenti garantiscono la convivenza di più diritti fondamentali. Inibendo ogni ulteriore domanda circa adeguatezza ed efficacia, poiché cela veleni fra cui il j’accuse di non aver cura di prevenire la pedopornografia online e altri orrori.
Quando saltano i canoni di proporzionalità, che ricordiamo essere un principio fondamentale della normativa di matrice europea, ecco che ci si trova di fronte a diritti tiranni. Tali diritti spesso serpeggiano già nelle convinzioni diffuse e, nutriti da paura ed emergenza tendono ad essere indimostrati e dirompenti. Quello della sicurezza pubblica è sempre stato un grande classico, che ha condotto a formulare false dicotomie: privacy o sicurezza? libertà o sicurezza? e insinuazioni quali ma che cosa hai da nascondere che non può essere conosciuto dallo Stato? Distorcendo volutamente il diritto alla privacy che, in verità, non riguarda ciò che vogliamo nascondere ma tutto ciò che invece vogliamo proteggere della nostra sfera individuale e che previene, ad esempio, controlli indiscriminati o intrusioni eccessive persino da parte delle autorità pubbliche.
Con l’approvazione di ChatControl, l’Unione Europea di domani sarebbe un Paese terzo in grado di garantire un livello di protezione adeguato ai sensi dell’art. 45 GDPR? Sì, parliamo di quel tema oggetto di continue querelle con gli Stati Uniti. Come sarebbe vista dall’Unione Europea di oggi in un paradosso in cui eliminiamo per un esercizio mentale la concezione lineare del tempo?
Si potrebbe dire che la CGUE esprimendosi circa una legittimità della raccolta e impiego dei dati da parte delle agenzie di intelligence statunitensi, in qualche modo potrebbe ben giustificare un’analoga attività da parte dell’Unione Europea. A pensar male si potrebbe anche aggiungere che la CGUE abbia rivelato nel tempo l’ambizione d’essere un organismo di politica internazionale più che un presidio di giustizia interna. Pensando male, facendo peccato, errando di poco.
Stabilire un obbligo legale, quale quello che si vorrebbe introdurre nei confronti dei prestatori di servizi online, non è sufficiente per giustificare o rendere lecito ogni trattamento conseguente ai sensi del GDPR. La base giuridica pur normativamente imposta deve infatti contemplare “misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto” e superare lo stress test di proporzionalità rispetto all’obiettivo legittimamente perseguito.
Cosa che, per quanto riguarda ChatControl, desta non pochi dubbi. Ma lo fa soprattutto fra esperti, appassionati ed attivisti.
Dobbiamo infine porci la domanda più scomoda: a chi interessa la questione della privacy digitale?
Scomodando la metafora dell’ossigeno, ci accorgeremo della sua importanza quando inizierà a venire meno. Peccato che le ferite o le crepe del diritto sono difficili da sanarsi, perché si propagano in quella cultura (o mancanza di cultura) diffusa che in qualche modo giustifica la ragion d’essere di una norma.
Nel momento in cui i media non sono più il cane da guardia della democrazia digitale, ma diventano il cane da compagnia del potere, ecco che forse c’è un problema culturale. Eppure, l’accesso all’informazione è libero. Per ora. Quindi della vicenda di ChatControl i più dovrebbero essere informati o avere desiderio di informarsi a riguardo. Certo, se le narrazioni diffuse però tutt’oggi parlano di fisima della privacy, o presentano le false dicotomie di cui sopra diventa difficile orientarsi.
Questo dibattito vive così nelle bolle informative di chi già sa, si è fatto un’idea e, nella maggior parte dei casi, è contrario. Lasciando gli altri cittadini digitali impermeabili al dubbio.
Nel tempo presente in cui l’irresponsabilità è un palliativo, pensare che cedere sui diritti digitali sia un problema di qualcun altro, perchè non si ha nulla da nascondere, è forse quanto più alimenta la possibilità che prima o poi se non ChatControl futuri attentati alla libertà di Internet abbiano un buon esito.
Sotto gli scroscianti applausi della democratica difesa di qualche elevato valore.
Semplicemente, senza farsi troppe domande.
Stefano Gazzella
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