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Leonardo Chiariglione

RHC intervista Leonardo Chiariglione, padre dell’MPEG e dell’MP3: “l’Italia deve essere rifondata, a partire dalla scuola”

Redazione RHC : 2 Agosto 2023 08:17

A cura di: Massimiliano Brolli, Marcello FIlacchioni e Olivia Terragni

Nell’universo in continua evoluzione dei media digitali, uno dei nomi più importanti dell’innovazione digitale italiana è senza dubbio Leonardo Chiariglione. Questo “pioniere di internet” italiano è conosciuto ai più come “Il Padre dell’MPEG” per il suo ruolo chiave nello sviluppo degli standard di compressione video e audio che hanno trasformato l’industria multimediale e la nostra esperienza quotidiana.

Nato a Almese in provincia di Torino, Leonardo Chiariglione ha dimostrato sin da giovane un notevole interesse per l’elettronica e l’informatica. Con una laurea in ingegneria elettronica al Politecnico di Torino e un dottorato all’università di Tokyo in Giappone, ha seguito la sua passione verso l’innovazione tecnologica.

Infatti iniziò a lavorare in quello che era lo CSELT (Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni) nel 1972, un importante centro di ricerca e sviluppo italiano nell’ambito delle telecomunicazioni, situato a Torino

Durante il suo periodo di lavoro presso lo CSELT, Chiariglione ha contribuito a diversi progetti nel campo delle telecomunicazioni e dell’elaborazione dei segnali, diventando in seguito una figura chiave nel settore multimediale grazie all’ideazione e costituzione del gruppo Moving Picture Experts Group (MPEG).

Torre Cselt di Torino, archiviostorico.telecomitalia.com

Fondato nel 1988 , l’MPEG aveva l’ambizioso obiettivo di sviluppare standard di compressione per i contenuti multimediali.

Leonardo Chiariglione ha guidato il gruppo di lavoro con determinazione e ingegno, giocando un ruolo cruciale nella creazione di standard di compressione che hanno rivoluzionato l’industria multimediale. Il suo lavoro portò alla nascita di diversi standard di compressione come l’MPEG-1, MPEG-2, MPEG-4 e il famoso MPEG-1 Layer 3 (MP3) per poter trasmettere segnali audio di buona qualità riducendo di circa un fattore 10 il bitrate dell’audio non compresso.

La figura di Leonardo Chiariglione è da sempre stata una tra le più importanti e autorevoli nel panorama dell’innovazione tecnologica mondiale e un punto di riferimento imprescindibile. Come Red Hot Cyber, abbiamo costantemente dedicato attenzione e spazio alla sua carriera eccezionale, distribuendo numerosi articoli e approfondimenti sui nostri canali.

Recentemente, abbiamo avuto il privilegio di intervistare personalmente Leonardo Chiariglione e siamo entusiasti di condividere con voi l’esclusiva intervista in questo articolo.

RHC: Innanzitutto, desideriamo esprimere il nostro sincero ringraziamento al Dott. Leonardo Chiariglione per averci concesso l’opportunità e il privilegio di svolgere questa intervista. Vorremmo iniziare chiedendole: come è nata la sua passione per la tecnologia e l’innovazione? Sappiamo che ha intrapreso un percorso classico, ma ci piacerebbe scoprire cosa ha innescato il legame tra figure storiche come Aristotele e Platone e il mondo delle telecomunicazioni. Forse c’è un episodio particolare che lei potrebbe condividere con noi, un momento significativo che l’ha spinta verso il mondo delle telecomunicazioni e delle scienze ingegneristiche?

Leonardo Chiariglione: Sono orgoglioso dei miei studi classici al Liceo Salesiano Valsalice e riconoscente ai salesiani che hanno avuto un ruolo così grande nel formare quello che sono. Il mio interesse per l’ingegneria ed all’ingegneria elettronica in particolare è stato causato dalla massima litterae non dant panem. il che non vuol dire che non si debbano studiare tante litterae quando si è al liceo, la scuola che forma, mentre l’università istruisce.

RHC: Dopo la sua laurea presso il Politecnico di Torino nel 1967, nel 1968 con una borsa di studia vola in Giappone presso l’Università di Tokyo dove effettua un dottorato in Electrical Communication. Sappiamo che lei parla fluentemente il giapponese e per un italiano è cosa più unica che rara. Scusi la nostra curiosità, come mai Tokyo?

Leonardo Chiariglione: una ragione molto semplice. Io, un ragazzo di campagna, non potevo permettermi di passare molte ore in viaggio per andare all’università. Essendo riuscito ad entrare nel collegio universitario, potevo permettermi di studiare qualche ora due sere alla settimana all’ISMEO (istituto per il medio ed estremo oriente, creato nel ventennio quando l’Italia aveva ambizioni globali), l’unico luogo in cui si insegnavano lingue orientali a Torino. Quando cercai di iscrivermi al corso di lingua cinese (la cultura cinese mi affascinava) mi fu detto che era rimasto solo il corso di giapponese perché era stato deciso di smantellare l’istituto. Fu una scelta costretta che, retrospettivamente, ha pagato.

RHC: Lei è un ingegnere, con un dottorato in Electrical Communication. A suo avviso, la fisica è il punto di partenza di grandi cambiamenti tecnologici? E’ d’accordo? 

Leonardo Chiariglione: Purtroppo, salvo i tre esami di fisica del Politecnico, di impronta ovviamente ingegneristica, non ho avuto l’opportunità di approfondire una materia affascinante di cui non so dire se sia più affascinante la parte micro o la parte macro. Sì, naturalmente molti aspetti tecnologici hanno radici nell’aspetto fisico della tecnologia. Non tutto però. Se prendiamo la materia a cui ho dedicato quasi tutta la mia vita professionale, vediamo che si tratta qualcosa di astratto. Naturalmente, anche nel mio campo, se si vogliono fare cose praticamente utili, bisogna sempre confrontarsi con l’aspetto fisico delle cose.

RHC: Nel 1988, nell’ambito della ricerca sulla codifica del segnale audio/video, per il CSELT (Centro Studi e Laboratori Telecomunicazioni) fondò il gruppo MPEG (Moving Pictures Experts Group). Vedremo dopo che tale gruppo rivoluzionò il mondo dell’audio/video e delle telecomunicazioni. Sappiamo che in quel periodo l’Italia ancora aveva dei centri di ricerca di eccellenza. Quali erano le direttive e le motivazioni sulle quali si voleva investire a quei tempi sulle codifiche dei segnali audio/video? 

Leonardo Chiariglione: A quei tempi l’Italia aveva ancora ambizioni (non mi riferisco a quelle dell’Ismeo) ed aveva una struttura industriale in grado di sostenerle, viste le scarse capacità dell’impreditoria privata. Mi riferisco all’IRI, alle sue finanziarie di settore ed alle sue aziende operative. Nel settore delle telecomunicazioni la STET finanziaria telefonica assommava in sé il settore manifatturiero (Italtel), impiantistico (SIRTI), elettronico (SGS, Elsag), esercizio telefonico (SIP) e ricerca (CSELT). Rivendico il fatto che sia STET e sia SIP erano società torinesi. Che cosa è rimasto a Torino del suo ruolo di capitale della tecnologia? Nulla perché tutto è stato portato via. Dimenticavo che qualcosa è rimasto – il centro ricerche RAI – meno di 100 persone contro le 1300 persone di quando me ne sono andato via disgustato dal saccheggio che si faceva davanti ai miei occhi.

Alcuni noti formati di media digitali meno recenti (fino al 2005) e gli standard MPEG che utilizzano (Fonte Wikipedia)

RHC: Il gruppo MPEG sappiamo che produsse una serie di standard che culminarono con l’uscita dell’MPEG-1 Layer 3 (MP3). Mentre stavate lavorando a questo nuovo algoritmo, eravate a conoscenza che avrebbe portato ad una “scossa tellurica” nell’industria della musica, del cinema e delle telecomunicazioni? Eravate coscienti di quello che subito dopo sarebbe successo, lo avevate minimamente immaginato?

Leonardo Chiariglione: Voi parlate tanto dell’MP3 e come farvi torto? Dimenticate però che MPEG-1 con MPEG-1 Audio layer 2 ha dato origine al Video CD che in estremo oriente, soprattutto in Cina, ha spopolato con 1 miliardo di dispositivi venduti in pochi anni. Video CD ed MP3 sono stati i primi fenomeni di massa della tecnologia della compressione applicata ai media. Sapevamo che sarebbe successo? La risposta è sì, che qualcosa sarebbe successo. La risposta è no perché non sapevamo che cosa esattamente sarebbe successo. Mi piace ricordare che quando a novembre 1992 stavamo approvando MPEG-1 in via definitiva ci fu qualcuno che disse che non dovevamo approvare MP3 perché troppo complesso. Sette anni dopo Napster scuoteva le fondamenta dell’industria musicale.

RHC: Il suo lavoro ha cambiato i media digitali e le telecomunicazioni. Come è venuta l’idea di creare l’algoritmo Mp3? Che obiettivi vi eravate prefissati?

Leonardo Chiariglione: Come ho detto MP3 è stato uno dei tanti progetti MPEG. Di tanti alcuni non sono andati da nessuna parte, alcuni hanno avuto un successo enorme. Di sicuro MP3 è stato uno di questi. MP2 che doveva conquistare il mondo perché doveva permettere di trasformare la radio da analogico a digitale non ha avuto successo. Certo non a causa della tecnologia.

RHC: Cosa ha suscitato dentro di lei, prima come innovatore e dopo come osservatore, l’ampia diffusione a livello mondiale dello standard MP3 da lei introdotto e l’utilizzo massivo da parte di tutte le persone? Che sensazioni ha provato?

Leonardo Chiariglione: Mio padre diceva che per Napoleone ogni soldato portava il bastone di maresciallo nel suo zaino. La mia soddisfazione per MP3 come per tanti altri standard di successo è stata quella di aver dato loro l’occasione di dimostrare il loro valore.

RHC: Sono passati molti anni dalla produzione degli standard MPEG. Cosa rendeva uno standard vincente 30 anni fa e cosa invece lo rende vincente ora? Le logiche sono rimaste le stesse?

Leonardo Chiariglione: Prima di tutto devo dire che MPEG non esiste più. Quindi il tessuto connettivo che legava le centinaia di esperti che si incontravano ogni tre mesi non c’è più. quando concepii e poi realizzai il gruppo che doveva sviluppare standard di compressione, io creai un ponte che fino ad allora non era mai stato realizzato che doveva permettere un trasferimento veloce dell’innovazione negli standard e poi nei prodotti. Molta gente è diventata ricca con i brevetti essenziali per realizzare prodotti basati sugli standard MPEG. A me non è arrivato un centesimo e lo dico con orgoglio perché il mio obiettivo era di offrire cose nuove interoperabili ai miliardi di persone che ci sono sulla terra, non quello di diventare ricco. Chi invece è diventato ricco ha voluto diventare ancora più ricco. Il risultato è che oggi la trasformazione di uno standard MPEG in prodotti incontra difficoltà a volte insormontabili. si stanno facendo così strada altre organizzazioni che offrono modelli di business alternativi. Una di queste è MPAI (Moving Picture, Audio, and Data Coding by Artificial Intelligence) che ho fondato a settembre 2020, quattro mesi dopo il mio abbandono di MPEG e la sua chiusura, che offre standard con associate una “framework licence” che aiuta la conversione degli standard in prodotti superando l’impasse in cui era caduto MPEG.

RHC: I ragazzi di oggi sono sicuramente abili nell’utilizzo della tecnologia, ma spesso presentano una conoscenza limitata riguardo agli aspetti tecnici. Youtube, TikTok, Netflix sono solo alcuni dei servizi mainstream che incorporano tecnologie sviluppate dal gruppo MPEG. Se dovesse spiegare a un ragazzo di oggi l’utilità e il significato di un codec audio/video, come lo spiegherebbe?

Leonardo Chiariglione: Che l’informazione “pesa” e che per trasportarla tutti i “tubi” dovrebbero avere dimensioni non pratiche. La sfida è quindi quella di sfruttare la naturale ridondanza dei media senza perdere in qualità. Secondo un calcolo che ho fatto, in 30 anni abbiamo ridotto di 100 volte la quantità di bit necessari per trasmettere un segnale video.

“l’informazione ‘pesa’ e che per trasportarla tutti i ‘tubi’ dovrebbero avere dimensioni non pratiche”. Quando usiamo Netflix, Youtube od ogni servizio di streaming, pensiamo sempre a questa frase.

RHC: Se riflettiamo sul periodo dello CSELT, dove tra il 1961 e il 2001 è stata creata la tecnologia delle telecomunicazioni, e ancora prima con la Olivetti – uno tra i centri più importanti dell’elettronica digitale al mondo di quel periodo – oggi l’Italia sembra appartenere a un paese tecnologicamente retrocesso. Perché ci siamo ritrovati così indietro nella classifica delle nazioni innovative? È tutta colpa di una cattiva politica o ci sono altri fattori in gioco che non siamo riusciti a controllare?

Leonardo Chiariglione: Tecnologicamente, l’Italia è un paese ai margini dell’arretratezza. Che cosa si aspettava di ottenere depredando la città – Torino – che era all’avanguardia dell’ICT? In Corea il governo ha facilitato la nascita di campioni industriali, guardiamo che cosa ha fatto invece l’Italia?

RHC: Un altro grande pioniere italiano, Piergiorgio Perotto, capo progetto del Programma 101 in Olivetti disse che nel suo libro “Programma 101” quanto segue: “In Italia gli innovatori sono come profeti disarmati, continuano ad avere vita grama e, soprattutto nelle grandi aziende, la cultura dominante è quella dell’imitazione pedissequa delle mode d’oltreoceano e della rinuncia. Congenitamente, l’imprenditoria italiana è affetta da una sindrome che la porta a privilegiare la strategia del follower, una forma di sciovinismo alla rovescia”. Secondo lei, come Italia, cosa occorrerebbe fare per poter uscire da questa situazione di “comfort zone” che ci vede dei meri osservatori della tecnologia prodotta dalle altre nazioni?

Leonardo Chiariglione: Temo che l’Italia debba essere rifondata, a partire dalla scuola.

RHC: Nel 2003 lascia Telecom Italia Lab, quando a capo del gruppo Telecom Italia c’era Marco Tronchetti Provera. TILAB è stato l’ultimo nome dato a CSELT, dove era stato assunto nel 1971. C’è un motivo specifico per questa scelta dopo un connubio di 32 anni?

Leonardo Chiariglione: ho già risposto prima.

RHC: Una sua celebre frase riporta “Lavoravamo per il progresso dell’umanità, non per diventare multimiliardari”. Il mondo digitale oggi è completamente cambiato e le aziende tecnologiche hanno delle revenue pari ad un PIL di un piccolo stato e hanno una rilevanza geopolitica globale. Che cos’è e cosa rappresenta davvero l’innovazione per lei e quanto di etico c’è nella mente e nel cuore dell’innovatore?

Leonardo Chiariglione: Attenzione: la mia frase si riferisce a noi che facevamo standard MPEG. Fare standard non riassume tutto il mondo, ma solo una piccola parte. Non esiste un solo approccio all’innovazione. Ognuno si relaziona a suo modo con l’innovazione.

RHC: Noi parliamo sempre della cultura hacker, cercando di mostrare il vero senso del termine. Hacking significa innovazione, superare i limiti con arte, ingegno ed intelletto. Lei è stato un grande innovatore; sogna ancora? (Ovviamente è una domanda retorica che le poniamo pensando ad esempio ad MPAI community).

Leonardo Chiariglione: L’intelligenza artificiale è una tecnologia con un potenziale sconvolgente. È una forza della natura che va dominata perché resti nel giusto alveo. 

RHC: Secondo lei la frase di Tim Berners-Lee “Il Web è progettato per essere universale: per includere tutto e tutti.” è ancora attuale ?

Leonardo Chiariglione: Temo che anche per lui valga una versione della mia storia. Fortunatamente per lui meno distruttiva.

RHC: Ultimamente si parla molto del tema intelligenza artificiale. Come innovatore e precursore dei tempi, secondo lei dove stiamo andando? Riusciremo a rendere etica l’intelligenza artificiale e quindi farla diventare uno strumento a supporto del benessere del genere umano, oppure sarà un ulteriore modo per dividerlo?
Leonardo Chiariglione: Questo è una parte della missione di MPAI. La risposta alla domanda non è scritta. MPAI può diventare il luogo in cui si scriverà.

RHC: Dott. Chiariglione la ringraziamo ancora per averci dato la possibilità di farle questa intervista. La salutiamo chiedendole se vuole aggiungere qualcosa per i nostri lettori.
Leonardo Chiariglione: Che, impegnandosi, possono contribuire alla rinascita dell’Italia.

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