Redazione RHC : 30 Maggio 2025 11:17
Il 66% dei docenti italiani afferma di non essere formato per insegnare l’IA e la cybersecurity. Se consideriamo le sole scuole pubbliche, la percentuale aumenta drasticamente al 76%. La domanda che sorge è: stiamo davvero preparando gli studenti al futuro o stiamo arrancando rispetto all’evoluzione del mondo odierno?
Come possiamo parlare seriamente di autonomia tecnologica, digitalizzazione e futuro, se la classe dirigente di domani – che oggi siede sui banchi di scuola – cresce senza gli strumenti per comprenderli e governarli?
Un nuovo report condotto da GoStudent, basato su un sondaggio condotto su oltre 5.000 genitori e studenti e 300 insegnanti in tutta Europa, ha rivelato un crescente divario di conoscenze sull’IA tra l’istruzione di cui gli studenti necessitano e quello che le scuole attualmente offrono.
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Tra esami tradizionali, programmi di studio rigidi e modelli didattici obsoleti, insegnanti, studenti e genitori condividono tutti un desiderio di cambiamento.
Secondo gli insegnanti, i programmi di informatica e matematica non sono allineati con il mondo sempre più digitale in cui viviamo. In tutti i paesi oggetto della ricerca, gli insegnanti concordano nell’affermare che matematica e informatica sono le due principali materie che non vengono più impartite in modo adeguato.
Gli insegnanti francesi si dimostrano particolarmente insoddisfatti di entrambe le materie: il 28% afferma che l’informatica non soddisfa più il suo obiettivo e il 30% sostiene lo stesso per la matematica. Entrambe le materie non riescono a stare al passo con un mondo digitale in rapida evoluzione. La matematica, in particolare, è oggetto di critiche
da parte degli insegnanti per il modo troppo approfondito con cui viene insegnata, con
pesanti limiti di applicazione nel mondo reale.
Alcune materie mettono d’accordo sia genitori che studenti e studentesse: si tratta di danza e religione, il che è forse dovuto alla crescente laicità delle società europee.10 Sebbene il corpo docente ritenga che il modo in cui viene insegnata la matematica sia datato e non pertinente, i bravi insegnanti continuano ad avere un forte impatto.
Fortunatamente, genitori e insegnanti dimostrano una crescente consapevolezza dello scenario digitale, quando si tratta di immaginare le competenze che ragazzi e ragazze dovranno possedere per affrontare il mondo di domani. Oggi, vivere connessi è la normalità: smartphone, social media, ambienti virtuali e intelligenza artificiale sono parte integrante della quotidianità degli studenti. E proprio tra le competenze da introdurre con urgenza nei programmi scolastici, spicca con forza la cybersecurity, seguita da vicino dall’IA.
Per insegnanti e personale educativo, l’introduzione della cybersicurezza va di pari passo con lo sviluppo di una coscienza etica e morale, strumenti fondamentali per affrontare le sfide sociali che la tecnologia può portare con sé. In Austria, ad esempio, il 66% dei docenti è favorevole all’inserimento dell’etica come materia scolastica. Dall’altro lato, i genitori si concentrano maggiormente su ciò che serve concretamente ai figli nel breve termine: cybersicurezza, educazione finanziaria e comunicazione. In Spagna, oltre la metà dei genitori vorrebbe che la cybersecurity diventasse parte integrante del curricolo scolastico.
Anche le nuove generazioni sono pienamente consapevoli del peso crescente della tecnologia: ragazze e ragazzi indicano l’intelligenza artificiale e la cybersicurezza come materie di primaria importanza. Questo dato rivela un bisogno profondo di comprendere non solo le opportunità del digitale, ma anche i rischi e le minacce a cui ci si espone online. Parlare di phishing, furto d’identità, ingegneria sociale e protezione dei dati personali fin dalle scuole primarie significa formare cittadini digitali più consapevoli, responsabili e resilienti.
È evidente che l’educazione digitale non può più essere un’aggiunta facoltativa. Senza integrare la cybersecurity nei percorsi scolastici, priviamo intere generazioni della capacità di proteggersi in rete, riconoscere i pericoli digitali e costruire un’etica digitale solida. Allo stesso modo, l’assenza dell’intelligenza artificiale nei programmi scolastici significa non fornire gli strumenti per affrontare un futuro basato sull’analisi dei dati e sul problem solving avanzato. Il tempo di agire è ora: la scuola deve diventare la prima linea di difesa nella società digitale.
In Italia, è arrivato il momento di ripensare radicalmente il modello scolastico, adeguandolo al mondo digitale in cui viviamo. Se oggi trascorriamo in media il 30% della nostra vita connessi a dispositivi digitali, è impensabile continuare a ignorare l’urgenza di introdurre materie come la cybersicurezza, l’intelligenza artificiale e l’etica del digitale nei programmi scolastici. Platone, Socrate e Manzoni resteranno sempre fondamentali nella formazione del pensiero critico e della cultura umanistica, ma non possiamo lasciare che la scuola italiana resti ancorata solo al passato, mentre il presente corre a velocità digitale.
Serve una visione strategica. È necessario che il Ministero dell’Istruzione avvii con urgenza una riforma strutturale, che dia alle discipline digitali lo stesso peso delle materie tradizionali, fin dalla scuola primaria. Se vogliamo che le future generazioni siano in grado di affrontare con consapevolezza le sfide tecnologiche e sociali che ci attendono, dobbiamo prepararle oggi. Altrimenti, tra trent’anni, i ragazzi e le ragazze di oggi – che saranno la futura classe dirigente – non avranno gli strumenti per guidare il Paese in un mondo governato dal digitale e che non sta ad aspettarci.
La Cina, la Russia e gli Stati Uniti stanno già formando le nuove generazioni in questa direzione, con curricoli scolastici che includono la programmazione, la sicurezza informatica, l’intelligenza artificiale e la comprensione critica dei media digitali. L’Italia, invece, rischia di restare ancora una volta il fanalino di coda della tecnologia mondiale, non per mancanza di talento, ma per mancanza di visione e di strategia.
Non possiamo parlare di autonomia tecnologica nazionale se non partiamo dalle scuole. È lì che si costruisce il futuro del Paese. E ogni giorno perso senza un cambiamento reale è un giorno in più di ritardo rispetto al mondo che ci circonda.
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