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Se non sapete nulla del data breach del vostro Comune, avete provato con un accesso civico?

Stefano Gazzella : 27 Ottobre 2022 08:00

Autore: Stefano Gazzella

Purtroppo, è fatto di cronaca che le violazioni di dati personali che colpiscono i Comuni italiani sono molteplici e spesso mal gestite soprattutto nella parte in cui si devono rendere determinate informazioni agli interessati.

E le conseguenze spesso sono l’incapacità del cittadino presumibilmente coinvolto dalla violazione di provvedere autonomamente a proprie tutele, nonché di essere effettivamente cosciente della portata dei rischi cui è esposto. E se il sonno della ragione genera mostri, quello della consapevolezza in ambito di sicurezza cyber non produce scenari particolarmente desiderabili, per voler impiegare un eufemismo.

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    Se ci si trova di fronte ad un’inerzia da parte del Comune a rendere informazioni sull’evento di data breach anche attraverso il punto di contatto indicato, è possibile ricercare alcune soluzioni pratiche tenendo conto dei diritti esercitabili. Rimanendo nell’ambito della protezione dei dati personali, è possibile presentare una segnalazione o un reclamo al Garante Privacy, ma in entrambi i casi già i termini di un’istruttoria preliminare potrebbero non essere in grado di soddisfare le urgenti necessità dell’interessato. Per non parlare poi dei termini ben più lunghi di decisione che arrivano fino a 9 mesi se non addirittura 12 in caso di particolari esigenze istruttorie.

    È però possibile formulare una richiesta di accesso civico generalizzato, istituto che ha la funzione di consentire al cittadino di esercitare un controllo sull’operato della pubblica amministrazione. Attraverso tale strumento può diventare possibile richiedere al proprio Comune – in caso di perdurante inerzia dello stesso – le informazioni relative alla violazione occorsa e che devono in ogni caso essere oggetto di registrazione ai sensi dell’art. 35.4 GDPR ovverosia la documentazione che fa riferimento alla “violazione dei dati personali, comprese le circostanze a essa relative, le sue conseguenze e i provvedimenti adottati per porvi rimedio”. Richiesta che deve trovare riscontro entro trenta giorni dalla sua presentazione.

    La richiesta deve essere formulata entro i limiti di cui all’art. 5-bis d.lgs. 33/2013 per cui ad esempio non potrà essere fatta richiesta di informazioni necessarie per esigenze di indagine come da lett. f) del primo comma dell’articolo citato, né tantomeno si potrà andare a richiedere la lista degli interessati coinvolti dalla violazione. Ma in ogni caso può essere possibile ottenere entro il breve termine di trenta giorni l’accesso a tutti quegli elementi che vanno a formare la comunicazione di violazione agli interessati prevista dall’art. 34 GDPR, per cui assumono particolare rilevanza proprio in un’ottica di tutela le informazioni circa le probabili conseguenze della violazione e le misure adottate dal titolare per mitigare gli effetti della violazione.

    Premesso ciò, l’auspicio è duplice. Da un lato che lo strumento non venga utilizzato dai cittadini in modo abusivo andando oltre gli scopi di tutela della norma e soprattutto la soddisfazione di concrete esigenze di protezione degli interessati. Dall’altro che sia superato da una maggiore proattività ed attenzione al rispetto dell’art. 34 GDPR da parte dei Comuni.

    Stefano Gazzella
    Privacy Officer e Data Protection Officer, specializzato in advisoring legale per la compliance dei processi in ambito ICT Law. Formatore e trainer per la data protection e la gestione della sicurezza delle informazioni nelle organizzazioni, pone attenzione alle tematiche relative all’ingegneria sociale. Giornalista pubblicista, fa divulgazione su temi collegati a diritti di quarta generazione, nuove tecnologie e sicurezza delle informazioni.
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