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L’incubo del Ministero della Giustizia si chiama Carmelo Miano, 24 anni di Gela

Redazione RHC : 3 Ottobre 2024 18:48

Si chiama Carmelo Miano, il giovane di 24 anni nato a Sciacca e residente a Gela, che è stato arrestato il 2 ottobre con l’accusa di aver violato diversi sistemi informatici sensibili. Tra questi, spiccano i server del ministero della Giustizia e di varie procure italiane.

L’arresto, eseguito dalla procura di Napoli, lo vede accusato di accesso abusivo a sistemi informatici, con l’aggravante di aver introdotto malware per acquisire informazioni riservate e accedere a capitali digitali. Secondo il procuratore nazionale antimafia Gianni Melillo e il procuratore Nicola Gratteri, Miano si è reso protagonista di una serie di crimini cibernetici che hanno messo a rischio la sicurezza di diverse infrastrutture statali.

Miano, che vive a Roma e lavora come programmatore informatico, è accusato anche di aver ottenuto accesso a un documento segreto della Guardia di Finanza, datato 22 dicembre 2023, che lo riguardava direttamente poiché era sotto inchiesta a Brescia. Attraverso i suoi attacchi, ha violato i sistemi di vari enti, accumulando un bottino di tre milioni di euro in bitcoin, successivamente sequestrati.

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    Nell’inchiesta risultano coinvolti altri tre individui, e Miano utilizzava false identità e un sistema cifrato per operare nell’ombra. Il giovane hacker sembra aver focalizzato la sua attenzione principalmente sulla criminalità organizzata, trascurando però il terrorismo.

    Come riusciva a violare le reti

    Miano, utilizzando le credenziali di un amministratore di sistema, ha scalato diversi livelli di sicurezza informatica. Tra i suoi obiettivi vi era anche la Procura di Gela, le cui mail consultava quotidianamente attraverso la webmail.

    Ha infettato i computer di due dipendenti del ministero, rubando dati come username e password salvate nei browser, ed è riuscito ad accedere al portale sanitario della Guardia di Finanza, prelevando documenti contenenti informazioni riservate.

    Secondo il Messaggero, l’inchiesta coinvolge anche funzionari pubblici ignoti, i quali avrebbero inavvertitamente aiutato Miano accettando i malware inviati da account riconducibili a lui. Questo ha permesso al giovane hacker di raccogliere informazioni, cambiare password e cancellare le tracce delle sue attività. Per evitare ulteriori fughe di notizie, l’ordinanza di arresto nei suoi confronti è stata stampata a mano e consegnata fisicamente, bypassando i soliti sistemi informatici per motivi di sicurezza.

    Gli sviluppi

    Questi fatti rientrano in una più ampia operazione che coinvolge altre tre persone già iscritte nel registro degli indagati. Durante le indagini, sono stati sequestrati terabyte di dati riservati, tra cui file rubati dai server della Procura di Brescia, dove Miano era inizialmente sotto indagine. Le autorità sospettano che l’hacker abbia esfiltrato migliaia di documenti giudiziari, mettendo in seria difficoltà il ministero della Giustizia e costringendo i magistrati a ritornare a metodi di comunicazione più tradizionali, per evitare ulteriori compromissioni dei loro sistemi digitali.

    L’inchiesta, che sembra solo all’inizio, ha già messo in evidenza come il ventiquattrenne sia stato capace di scardinare le difese di vari sistemi statali, mettendo in serio pericolo la sicurezza delle infrastrutture e delle informazioni sensibili in Italia.

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