
Il traffico globale, come sanno i lettori di RHC, viaggia per la maggior parte sotto il mare.
Secondo TeleGeography, istituto specializzato nelle telecomunicazioni, nel mondo sono attivi più di 530 sistemi di cavi ottici sottomarini che, sommati, superano i 1,48 milioni di chilometri: oltre 35 volte il giro della Terra. Questi collegamenti trasportano oltre il 95% del traffico internet internazionale e costituiscono l’infrastruttura su cui poggia buona parte dell’economia digitale.
Negli ultimi anni le grandi società tecnologiche hanno intensificato investimenti e progetti infrastrutturali, trasformando la gestione dei cavi sottomarini in una leva strategica e competitiva. Il 6 novembre Amazon ha annunciato Fastnet, un cavo transatlantico in fibra ottica che collegherà lo stato del Maryland, negli Stati Uniti, alla contea di Cork, in Irlanda, con entrata in servizio prevista per il 2028.
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All’altra estremità del Pacifico, Google ha siglato in giugno un accordo con il governo cileno per posare un cavo sottomarino lungo 14.800 chilometri tra Valparaiso (Cile) e Sydney (Australia), progetto stimato operativo entro il 2027 e valutato tra i 300 e i 550 milioni di dollari, con Google che coprirà la maggior parte dei costi. Non è la prima esperienza del gruppo: nel 2019 è entrato in servizio Curie, cavo da circa 10.000 chilometri che collega la costa occidentale degli USA con Valparaiso. A novembre 2025 Google ha investito o costruito complessivamente 33 cavi sottomarini, di cui 6 interamente di proprietà.
Meta (ex Facebook) ha presentato a febbraio un piano ancora più ambizioso: il progetto Waterworth, finanziato con 10 miliardi di dollari, prevede oltre 50.000 chilometri di cavi e punti di approdo negli Stati Uniti, Brasile, India e Sudafrica; una volta completato sarà il sistema sottomarino più lungo al mondo. Complessivamente, gli investimenti nei progetti di cavi sottomarini passerebbero a circa 13 miliardi di dollari nel periodo 2025-2027, quasi il doppio dell’intervallo 2022-2024.
Il vantaggio è triplice. Innanzitutto le prestazioni: molte infrastrutture esistenti risalgono a decenni fa – il più vecchio cavo sottomarino ancora in servizio è stato attivato nel 1989 – e non rispondono più ai requisiti odierni. Nuove tratte consentono capacità e velocità maggiori: Fastnet, per esempio, è progettato per una capacità non inferiore a 320 Tb/s, valore che l’articolo paragona alla trasmissione simultanea di 12,5 milioni di film in alta definizione al secondo. Meta ha inoltre introdotto nel progetto Waterworth tecniche avanzate di interramento per ridurre i danni derivanti da ancore o attività umane sui fondali.
Secondo motivo: l’ottimizzazione dei costi. Un investimento corposo oggi può ridurre i pagamenti ricorrenti per capacità noleggiata da terzi. Per società con grandi volumi di traffico – come Meta, il cui utile netto 2024 è stato di 62,36 miliardi di dollari – la costruzione diretta di cavi può risultare conveniente su orizzonti pluriennali.
Terzo elemento strategico: autonomia e controllo della rete. Possedere la dorsale fisica riduce la dipendenza da operatori di telecomunicazioni terzi e mitiga i rischi di congestione o interruzioni dovute a limitazioni di capacità.
L’ascesa dell’intelligenza artificiale ha reso questa infrastruttura ancora più critica. L’addestramento e l’inferenza di modelli su larga scala richiedono il trasferimento di quantità di dati misurate in petabyte tra data center distribuiti; algoritmi che lavorano in parallelo richiedono sincronizzazioni frequenti e latenze minime. Un incremento anche di pochi millisecondi può tradursi in ritardi di ore o giorni nel completamento delle attività di training, con ripercussioni economiche significative. Un guasto a un cavo, inoltre, può causare l’interruzione di processi di addestramento dal costo elevatissimo.
Storicamente i cavi sottomarini erano proprietà congiunta degli operatori di telecomunicazioni e venivano affittati alle grandi imprese. Oggi Google, Amazon e Meta stanno passando dal ruolo di grandi clienti a quello di proprietari d’infrastruttura, ridefinendo la logica competitiva della rete globale. Chi controllerà i percorsi fisici del traffico dati avrà un vantaggio non soltanto tecnico, ma anche strategico nella corsa alle tecnologie digitali.
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