
Redazione RHC : 30 Settembre 2025 20:52
Il 25 settembre, durante il programma di interviste Bg2 Pod, il CEO di Nvidia Jen-Hsun Huang ha espresso posizioni che hanno alimentato un acceso dibattito pubblico. Nel corso dell’intervento, Huang ha difeso il sistema economico cinese, ha lodato la cultura del lavoro definita “996” e ha definito i cosiddetti “falchi cinesi” non un titolo d’onore, bensì un “marchio di vergogna”.
Huang ha ricordato di aver convinto in passato Donald Trump a rimuovere il divieto di vendita dei chip Nvidia H20 alla Cina, a fronte però della richiesta di una tassa del 15% sulle esportazioni. Oggi la situazione è cambiata: Pechino ha risposto alle restrizioni statunitensi con un blocco sulla vendita dei chip Nvidia. Commentando la vicenda, il CEO ha affermato:
«Siamo in una relazione di concorrenza con la Cina. È naturale che vogliano far crescere le proprie aziende, e non ho alcuna obiezione».
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Secondo Huang, la forza della Cina risiede nella qualità dei suoi imprenditori e nella motivazione dei suoi lavoratori, molti dei quali provenienti dalle principali università scientifiche e ingegneristiche.
Ha citato come esempio il modello “996” – lavoro dalle 9 alle 21 per sei giorni a settimana – che, a suo avviso, ha contribuito alla formazione del maggior numero di ingegneri di intelligenza artificiale al mondo.
Huang ha respinto l’idea che la Cina non sia in grado di produrre chip per l’intelligenza artificiale o di eccellere nella manifattura. «Chi afferma che siano indietro di due o tre anni si sbaglia: il divario è nell’ordine di pochi nanosecondi», ha dichiarato.
Ha inoltre sottolineato che l’economia cinese, contrariamente alla percezione comune di forte centralizzazione, è caratterizzata da un sistema competitivo e decentralizzato, in cui le 33 province e municipalità si sfidano tra loro generando dinamismo e spirito imprenditoriale.
Parlando della tecnologia americana, Huang ha ribadito che gli Stati Uniti devono valorizzare al massimo il proprio settore tecnologico, definito “tesoro nazionale”. Ha invitato a favorire la diffusione globale della tecnologia statunitense, per rafforzarne il peso economico e geopolitico.
Il CEO ha anche commentato la nuova politica di Trump sui visti H-1B, che prevede un costo di 100.000 dollari per ogni domanda. Si tratta di un visto di lavoro non-immigrante che permette alle aziende statunitensi di assumere lavoratori stranieri con competenze specializzate in settori come scienza, ingegneria e tecnologia, e che hanno un titolo di studio universitario o equivalente.
Pur ritenendo la cifra elevata, l’ha definita un “buon inizio” per ridurre gli abusi del sistema, distinguendo chiaramente tra immigrazione legale e illegale.
Huang ha dichiarato di aver appreso solo di recente il termine “falchi cinesi”, spesso usato come simbolo di patriottismo. Ha però ribaltato il concetto: «Non è un distintivo d’onore, è un distintivo di vergogna». Secondo il CEO, sostenere posizioni estremiste contro la Cina non rappresenta un atto patriottico.
Ha inoltre affermato che gli Stati Uniti devono agire con fiducia da grande potenza: «Se altri vogliono competere con noi, che vengano pure. Non c’è dubbio che Trump sia il presidente che dice ‘facciamolo’».
Durante l’intervista, Huang ha lodato il linguaggio usato da Trump nei confronti della Cina, sottolineando come l’ex presidente non abbia mai parlato di “disaccoppiamento“. «È un concetto sbagliato: le due principali economie mondiali non possono separarsi», ha spiegato.
Non è la prima volta che il fondatore di Nvidia si esprime a favore della Cina. Nel luglio 2025, durante una visita ufficiale, Huang ha tenuto un discorso in cinese ed elogiato undici aziende locali per le loro innovazioni.
Ha inoltre manifestato l’intenzione di acquistare un’auto prodotta da Xiaomi, definendo un “peccato” che non fosse disponibile sul mercato statunitense, e ha previsto che i chip di intelligenza artificiale di Huawei finiranno per sostituire quelli di Nvidia.
Prima del viaggio, un gruppo bipartisan di senatori statunitensi aveva già invitato Huang a evitare contatti con società cinesi legate all’esercito e all’intelligence, nonché con quelle soggette a restrizioni sulle esportazioni di semiconduttori.
Redazione
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