
Mi chiamo Elena e sono una casalinga di 35 anni. Un giorno, mentre stavo controllando la mia posta elettronica, ho trovato una e-mail che mi ha colpito. Il mittente si presentava con il nome Jean-Pierre, un uomo italo-francese di 60 anni, malato terminale di cancro. Mi diceva che non aveva parenti né amici a cui lasciare la sua eredità, e che aveva scelto me, a caso, tra migliaia di persone che aveva trovato su internet. Mi offriva in dono due milioni e mezzo di dollari, a patto che io li usassi per aiutare i poveri e i bisognosi. Mi chiedeva solo di rispondere alla sua mail per confermare il mio interesse e la mia onestà.
All’inizio ho pensato che fosse uno scherzo, o una truffa. Ma poi ho letto la mail con più attenzione, e ho visto che era scritta in un italiano corretto e con un tono che pareva davvero gentile e sincero. Mi ha commosso il fatto che quel signore, in punto di morte, volesse fare del bene al mondo e mi ha fatto sentire speciale il fatto che aveva scelto proprio me. Ho pensato che forse era un segno del destino, un’opportunità unica nella vita. Così ho deciso di rispondere, dicendogli che accettavo la sua offerta e che avrei usato i suoi soldi per aiutare il prossimo.
Nella sua e-mail successiva, mi ha dato le istruzioni per ricevere il denaro. Mi diceva di contattare il suo avvocato, che si occupava della sua successione, e di inviargli una copia del mio documento di identità e del mio estratto conto bancario: serviva evidenza delle mie coordinate bancarie. Mi diceva anche di non parlare con nessuno di questa donazione, per evitare che qualcuno potesse ostacolarla o approfittarsene. Mi assicurava che tutto era legale e sicuro, e che presto avrei ricevuto i suoi milioni.
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Ho seguito le sue indicazioni, e ho mandato una mail all’avvocato, allegando i miei dati. L’avvocato mi ha risposto subito, confermando che ero l’unica erede di Jean-Pierre e dicendo che dovevo solo pagare una tassa di 5.000 euro per sbloccare il trasferimento dei fondi. Mi diceva che era una pratica normale e che una volta pagata la tassa, avrei ricevuto i 2,5 milioni di dollari entro 48 ore. Mi dava anche lo IBAN del conto corrente dove dovevo versare la somma.
A quel punto ho avuto dei dubbi. Mi sembrava strano che dovessi pagare una somma così grande e che non ci fossero altre garanzie o documenti da firmare. Ho provato quindi a chiedere spiegazioni all’avvocato, ma lui mi ha risposto in modo brusco, dicendomi che se non avessi pagato entro il giorno dopo, avrebbe annullato la donazione e l’avrebbe data a qualcun altro. Mi ha detto anche di non disturbare Jean-Pierre, che era in ospedale in condizioni critiche.
Ho cercato lo stesso di contattare Jean-Pierre, ma il numero di telefono indicato nella firma in calce alla sua e-mail non risultava essere più attivo. Ho provato a cercare il suo nome su internet, ma non ho trovato sue tracce. Ho capito che era tutto una truffa, e che mi avevano ingannato. Mi sono sentita una stupida, disperata! Avevo dato i miei dati personali e bancari a dei truffatori, che avrebbero potuto rubarmi i risparmi e anche la mia identità. Avevo creduto a una storia inventata, avevo sperato in un sogno impossibile.
Ho denunciato il fatto alla polizia, ma mi hanno detto che era difficile rintracciare i responsabili, che probabilmente si trovavano all’estero. Mi hanno detto anche che non ero la prima vittima di questa truffa. Mi hanno consigliato di cambiare numero di telefono, il conto corrente bancario e di stare più attenta in futuro.
Da questa esperienza ho imparato molte cose. Ho imparato
Questa storia è stata per me una lezione di vita, che non dimenticherò mai. Mi ha fatto capire che la vita non regala niente e che il mondo è pieno di truffatori e di inganni, bisogna essere sempre vigili e responsabili.
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