Diego Corbi : 31 Luglio 2025 10:46
“Ho bisogno di un sistema per gestire gli eventi della mia chiesa: volontari, iscrizioni, organizzazione degli eventi per la comunità”.
Due settimane dopo aver scritto questo prompt, John Blackman, un ingegnere elettrico di 91 anni in pensione, aveva sviluppato un’applicazione completa. Sistema di gestione eventi, reclutamento volontari, integrazione API per la ricerca delle automobili, ecc.
Tutto funzionante, per meno di 350 dollari.
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Il dettaglio più incredibile? Non aveva mai sviluppato software in vita sua. Aveva semplicemente conversato con Claude e Replit, descrivendo le sue necessità, come se stesse parlando con un assistente.
Benvenuto nell’era del vibe coding.
Il termine “vibe coding” nasce da un tweet di Andrej Karpathy, co-fondatore di OpenAI, che ha descritto questo fenomeno come “un nuovo tipo di coding in cui ti lasci completamente trasportare dalle vibes, abbracci la crescita esponenziale e dimentichi persino che il codice esista.
Ma cosa significa davvero?
Beh, è “semplice”.
Invece di scrivere codice, riga per riga, descrivi a un’AI cosa vuoi ottenere usando il linguaggio naturale. Spieghi il “vibe” – l’idea, l’obiettivo, lo spirito del progetto – e lasci che sia l’intelligenza artificiale a tradurlo in codice eseguibile.
È come avere una conversazione con un collega super esperto che non dorme mai.
Gli dici “voglio un’app che faccia X” e lui, in tempi che farebbero cadere dalla sedia anche il più robusto software engineer, ti mostra il risultato funzionante.
Questa rivoluzione era inevitabile.
Già con l’uscita di ChatGPT nel novembre 2022 era evidente che i modelli linguistici sapessero scrivere codice. Ma oggi, siamo andati molto oltre: gli strumenti si sono evoluti, i modelli sono migliorati. La qualità del software prodotto e le feature aggiuntive degli IDE potenziati da AI sono veramente stupefacenti.
Gli LLM sono stati addestrati su miliardi di righe di codice proveniente da GitHub, Stack Overflow (esiste ancora?!) e documentazione open source. Questo li rende traduttori “quasi perfetti” dal linguaggio umano al linguaggio di programmazione.
Se ti interessa approfondire l’evoluzione del Vibe Coding con gli occhi di uno degli italiani che si trova proprio al centro di questa rivoluzione, ti lascio il link ad un’intervista di Marcello Ascani a Michele Catasta, presidente di Replit: https://www.youtube.com/watch?v=KsIJqywDO3w&t=1219s
Il workflow è quasi banale: dall’idea all’implementazione senza passare dalla sintassi.
Possiamo parlare di un workflow circolare:
Descrivi → Genera → Prova → Affina → Ripeti.
L’ecosistema di tool a disposizione dei “vibe-coder” si sta espandendo rapidamente.
Ecco le principali categorie.
ChatGPT, Gemini, Claude sono il punto di partenza. Perfetti per generare script semplici o prototipi veloci. Basta chiedere e ricevere il codice pronto per il “copia-incolla”.
Devo però darti un avvertimento: se non hai alcuna competenza di sviluppo questa metodologia di vibe coding non fa per te.
Questo perché le interfacce ti forniscono codice “funzionante” (e anche di qualità) ma poi dovrai essere tu ad assemblarlo per realizzare la tua applicazione.
Se quando si parla quindi di ambiente di sviluppo, pacchetti da installare, dipendenze da considerare hai già le “mani nei capelli”, questo approccio non fa per te.
Ma non preoccuparti, andiamo avanti.
Cursor è probabilmente uno degli strumenti più famosi. Ti permette di modificare interi progetti semplicemente descrivendo cosa vuoi cambiare. Selezioni un file e scrivi: “esegui il re-factoring di questo script usando delle classi invece che delle funzioni” e lui lo fa. Ti permette inoltre di integrare molti strumenti di terze parti (come Figma, GitHub, ecc), utili soprattutto allo sviluppo di prodotti digitali, tramite server MCP, in una frazione di secondo.
GitHub Copilot è la risposta di Microsoft al panorama degli assistenti al coding. Partito come un semplice plugin di chat all’interno di Visual Studio Code, oggi è diventato un assistente alla programmazione a tutto tondo operando sia in modalità vibe-coding che come un esperto copilota.
E’ possibile definire vari agent e diversi servizi MCP per automatizzare i processi, sfruttando la potenza dei modelli di AI più performanti come quelli di OpenAI, Google, Anthropic. Oggi si integra con gli IDE più utilizzati quali Visual Studio Code, Visual Studio, la suite JetBrains e molti altri.
Perchè molte aziende lo stanno scegliendo? Microsoft garantisce che tutto quello che viene inviato e generato è di proprietà dell’utente e rimane confinato all’interno del tenant aziendale. Direi non male, soprattutto in questo momento in cui è sotto i riflettori l’opt-out dai retraining dei modelli di AI con i dati inviati.
In questa categoria, merita una menzione anche Augment Code. Un agente AI che si integra nel tuo IDE preferito e con il quale hai tutte le feature che trovi in strumenti come Cursor i GitHub Copilot.
Questi strumenti sono molto potenti e sono le vere armi a disposizione del software engineer che vuole integrare l’AI nel suo processo di sviluppo. Anche qui però, se non conosci almeno le basi dello sviluppo software, questi tool non sono i più adatti per te (anche se, alternative come Amazon KIRO, potrebbero inserirsi proprio nel mezzo dei due mondi. Ma questa è un’altra storia).
Andiamo avanti e arriviamo ai veri protagonisti dell’universo del Vibe Coding.
Finalmente parliamo dei tool con cui ogni vibe-coder sogna di lavorare. Possiamo dividerli in due categorie.
In questa categoria, giusto per citare i più importanti, rientrano decisamente Bolt.new e Lovable.dev che ti permettono di costruire e deployare app complete usando solo prompt. Puoi persino importare design da Figma e trasformarli in codice. Ma non finisce qui. Hanno infatti un’integrazione nativa con servizi di database PostGres, come Supabase, che ti permettono di integrare database ed Edge functions tramite input testuale.
Ho citato i due più famosi. Ma ce ne sono tantissimi altri emergenti, come Base44, di cui magari parlerò in un prossimo articolo.
In questa categoria, rientrano tutti quei tool che possono essere usati sia in una modalità di vibe-coding puro (senza guardare neanche una riga di codice) che in una da sviluppatore (come faresti con un IDE come Cursor). Chiaramente, senza la personalizzazione che potresti ottenere con un vero e proprio IDE che usi in locale sul tuo computer.
Replit è sicuramente il tool più performante in questa categoria. Ti fornisce un vero e proprio ambiente di sviluppo, che gira su un container in cloud, nel quale puoi sviluppare manualmente, farti aiutare da un assistente AI (il loro Replit Assistant) oppure delegare completamente lo sviluppo al loro Replit Agent che, sulla base dei requisiti forniti, svilupperà un’app full stack al posto tuo.
Personalmente, essendo un Product Manager con delle competenze entry level di programmazione, questo è il tool di Vibe Coding che uso di più.
Arriviamo, infine, agli assistenti di sviluppo dedicati principalmente ai developer professionisti.
Claude Code di Anthropic e Codex di OpenAI possono leggere e comprende l’intera codebase prima di fare modifiche, mantenendo memoria del contesto tra sessioni diverse.
Puoi chiedere loro di identificare un bug, spiegarti come funzionano le funzioni principali che caratterizzano il tuo software oppure chiedergli di modificare interi file.
Sono tanti e, spesso, molto abusati o vittime di un hype esagerata.
C’è da dire però che, rispetto al passato, siamo davanti ad una trasformazione senza precedenti, sia nel mondo del coding che del product managament.
Facciamo quindi una disamina delle principali armi che questo “movimento” ci permette di usare.
Quello che prima richiedeva settimane ora si fa in ore.
Un esempio pratico, tratto dalla community di vibe coding di Replit, è quello di Content Genie.
Il protagonista di questa storia è un marketer che, pur non avendo competenze tecniche di programmazione, ha avuto un’idea: automatizzare la generazione di “idee” per contenuti partendo semplicemente da URL di YouTube.
In altre parole: trasformare ore e ore impiegate nel guardare video, in cerca di ispirazione per i suoi contenuti, in un’automazione che esegua questo processo al posto suo.
Dopo appena 30 minuti di conversazione con un’AI – utilizzando strumenti come Replit – il progetto ha preso vita. Il risultato? Un processo che prima richiedeva ore di lavoro manuale, ora avviene in pochi istanti grazie al vibe coding.
Non serve più saper programmare per creare software (così dicono alcuni).
Designer, marketer, imprenditori possono trasformare le loro idee in prototipi (per ora non di più) funzionanti dialogando con l’AI.
Il caso di John Blackman è emblematico: a 91 anni, senza alcuna esperienza di programmazione, ha costruito un sistema complesso di gestione eventi per la sua chiesa usando Claude e Replit. Il suo sistema gestisce:
Tutto in due settimane, per meno di 350 dollari.
Ma a questo punto ti starai chiedendo: posso generare un prodotto per un’azienda enterprise tramite il Vibe Coding (puro)?
La risposta è: assolutamente no.
Ma ricordiamoci che siamo solo agli inizi e siamo abbastanza lontani dalla maturità di questa tecnologia.
Liberandoti dalla scrittura manuale del codice, puoi concentrarti su:
L’AI diventa il tuo tutor personale.
Ti corregge, ti suggerisce miglioramenti, ti guida attraverso concetti complessi senza dover passare ore ed ore nella ricerca di informazioni online.
A proposito di ricerca di soluzioni online, ti è capitato ultimamente di vedere la curva di traffico del sito StackOverflow?!
Purtroppo, sembra che con l’esplosione dell’AI generativa e l’introduzione di strumenti come questi, non se la stia passando proprio benissimo…
Ma non è tutto rose e fiori. Come ogni rivoluzione, anche questa porta con sé dei rischi significativi che, se ignorati, possono portarti verso guai seri.
Esploriamoli insieme.
Il codice generato dall’AI può sembrare perfetto in superficie ma nascondere inefficienze, vulnerabilità o scelte architetturali discutibili. È come un edificio che, all’apparenza, può sembrare magnifico ma, in realtà, è costruito su fondamenta fragili (Sviluppatori, per ora potete stare tranquilli).
La velocità di generazione può portare a pensare che il codice non necessiti revisione. “L’AI l’ha scritto, deve essere corretto”. Ma questo bias è molto pericoloso: una vulnerabilità trascurata potrebbe esporti ad un data breach di milioni di dati dei tuoi utenti
Il vibe coding può accumulare debito tecnico senza che tu te ne accorga. Ogni scorciatoia, ogni pezzo di codice non allineato all’architettura generale si somma e il prezzo lo pagherai non appena rilascerai il tuo applicativo in produzione.
L’AI non eccelle nel debugging avanzato. Se la maggior parte del codice è generata dall’AI, chi risolverà i bug complessi che, di solito, appaiono dopo le prime settimane di utilizzo in produzione? Come comprendi un sistema che non sai minimamente come è stato costruito e su quali fondamenta si regge?
Possiamo dirci in tutta franchezza che, in ambito professionale, il Vibe Coding non sostituisce i programmatori.
Li trasforma.
Da Coder a Visionari
Gli sviluppatori diventeranno “direttori d’orchestra” che:
Nuove competenze essenziali
Team ibridi Human-AI
Nel futuro vedremo team dove ogni sviluppatore ha un’“istanza AI” dedicata che:
Stiamo andando sempre di più verso sistemi complessi dove un’AI Orchestator coordina altre AI specializzate. Un agente master distribuisce compiti ad AI specifiche per frontend, backend, database, testing.
I builder visuali si integreranno (lo stanno già facendo) con gli LLM. Potrai dire “quando l’utente clicca su questo tasto voglio che succeda X” e l’AI genererà la logica necessaria, superando i limiti attuali del no-code.
Questo progresso tecnologico, e la disintermediazione dai developer che ne consegue, potrebbe far nascere nuove figure professionali come:
La chiave è trovare l’equilibrio tra velocità e qualità. Ma come possiamo fare?
Con alcune best practices e con un approccio emergente, molto interessante, che stanno portando avanti sviluppatori come Omar Diop e Gianluca Carucci: il Vibe Engineering.
Best Practice Emergenti
La prima volta che ho sentito questa parola è stato in uno dei post della newsletter vibeEngineers su SubStack.
****Il suo assioma fondamentale è quello di non abbandonarsi completamente all’AI, ma di combinare:
In sostanza è come quando parliamo di guida autonoma supervisionata: l’auto ti porta “da sola” dove hai deciso di andare. Tu mantieni il controllo della destinazione.
Il vibe engineering rappresenta un’evoluzione del vibe coding che unisce il flusso creativo potenziato dall’AI con i principi dell’ingegneria del software: architettura, product development, domain driven design, team topology.
Tutto ciò che serve per costruire prodotti che non solo funzionano, ma crescono, si mantengono e scalano nel tempo.
Il Vibe Coding rappresenta un cambio di paradigma fondamentale. Non stiamo solo automatizzando la scrittura del codice: stiamo ridefinendo cosa significa essere uno sviluppatore e un product manager.
Il codice del futuro sarà sviluppato sempre più tramite una conversazione tra intelligenze diverse – umane e artificiali. La qualità del risultato dipenderà dalla qualità delle domande, dall’onestà delle risposte e dalla saggezza di chi ascolta.
Ci porterà verso sviluppatori meno abili o semplicemente più efficienti? Ancora è presto per dirlo.
Ma siamo solo all’inizio.
A breve i modelli diventeranno più potenti, gli strumenti più integrati, le modalità di collaborazione uomo-macchina più fluide.
Quindi, la vera domanda, non è se il Vibe Coding cambierà il mondo dello sviluppo software.
Lo sta già facendo.
Il quesito che devi porti è: quale “vibe” vuoi trasmettere alla tua AI per costruire il futuro?
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