
Gli esperti di Lumia hanno pubblicato un’indagine tecnica chiamata AppleStorm, in cui si sostiene che l’assistente vocale Siri trasmetta ai server Apple più dati utente di quanti ne siano necessari per completare le attività. In particolare, l’attenzione si è concentrata sui messaggi dettati tramite Siri nelle app di messaggistica WhatsApp e iMessage: a quanto pare, vengono inviati ai server dell’azienda anche se l’attività può essere elaborata localmente, senza accedere ai sistemi cloud.
Apple dichiara elevati standard di privacy e utilizza un modello di intelligenza artificiale ibrido che combina l’elaborazione locale con il servizio cloud Private Cloud Compute (PCC). Tuttavia, è emerso che Siri accede anche ad altri server che non fanno parte dell’architettura PCC. Tra questi, i server di dettatura, l’infrastruttura di ricerca (sottodominio smoot.apple.com) e server di estensione Apple Intelligence separati, attraverso i quali, ad esempio, avviene l’interazione con ChatGPT.
Durante gli esperimenti, i ricercatori hanno utilizzato gli strumenti mitmproxy e Frida su macOS Sequoia con Apple Intelligence abilitata. Semplici query come “Ciao” o “Che ore sono?” venivano elaborate localmente. Tuttavia, quando si chiedeva informazioni sul meteo, venivano registrate due connessioni esterne: una al server di riconoscimento vocale, la seconda al servizio di ricerca. L’analisi dei dati trasmessi ha mostrato che Siri raccoglie automaticamente informazioni sulle applicazioni installate sul dispositivo, anche se sono in esecuzione in un ambiente virtuale. Pertanto, quando si chiedeva informazioni sul meteo, le chiamate venivano registrate sia all’applicazione Apple Weather integrata che all’applicazione Windows nell’ambiente Parallels.
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Inoltre, i dati inviati contenevano le coordinate esatte della posizione dell’utente. Anche con la trasmissione della geolocalizzazione formalmente abilitata, tali dettagli sarebbero stati ridondanti per una richiesta di informazioni meteo. L’analisi dei pacchetti ha anche rivelato la trasmissione di metadati relativi ad altre applicazioni, fino ai nomi dei file e dei processi aperti al momento della richiesta a Siri.
La trasmissione del contenuto dei messaggi solleva interrogativi particolarmente acuti. Utilizzando Siri per inviare una frase tramite WhatsApp, si è scoperto che il testo, il numero del destinatario e altri attributi del messaggio venivano inviati ai server Apple e non all’infrastruttura PCC. Tuttavia, la funzionalità non dipende dal lato server: anche quando le connessioni sono bloccate, il messaggio viene inviato correttamente. Ciò indica che l’invio al cloud avviene senza necessità tecnica.
Nel tentativo di chiarire se questo sia correlato alle specifiche dell’integrazione di WhatsApp tramite SiriKit, il ricercatore ha creato una propria applicazione basata sulla documentazione Apple, riscontrando un comportamento identico: anche i messaggi inviati tramite Siri dall’applicazione di prova venivano indirizzati ai server Apple. Un quadro simile si osserva con iMessage.
La complessità delle policy sulla privacy contribuisce ad aumentare la confusione. Siri e Apple Intelligence sono regolati da documenti diversi. Di conseguenza, due comandi quasi identici – ad esempio “Che tempo fa oggi?” e “Chiedi a ChatGPT che tempo fa?” – vengono elaborati da sistemi diversi con diversi livelli di protezione e diverse condizioni di raccolta dati. L’utente non ha modo di sapere quale sottosistema verrà utilizzato.
Apple ha riconosciuto il trasferimento di dati, ma non lo ha considerato un problema di Apple Intelligence . Ha invece attribuito parte della colpa agli sviluppatori terzi che utilizzano SiriKit. Tuttavia, Siri stessa sta chiaramente inviando più dati del necessario, e lo fa all’insaputa dell’utente. La trasparenza è uno degli slogan principali di Apple in materia di intelligenza artificiale, ma nella pratica viene implementata in modo selettivo.
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