
Ambra Santoro : 3 Dicembre 2025 07:33
Dicembre non è solo lucine di Natale: per chi lavora nella cybersecurity è il mese in cui il fattore umano crolla e le aziende comprano soluzioni di corsa pur di arrivare “compliant” al nuovo anno.
Un terreno perfetto per errori, vulnerabilità e scelte che si pagheranno care nel 2026.
L’arrivo di dicembre porta con sé una strana miscela di frenesia e vulnerabilità.
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Da una parte i dipendenti ancora storditi dalle offerte infinite del Black Friday, che si trascinano verso Natale con la casella email piena di “conferme ordine” fasulle.
Dall’altra i responsabili IT e i CISO che devono correre contro il tempo per chiudere un budget, rispettare nuove normative e presentarsi al nuovo anno con la spunta verde sulla compliance. In mezzo, i criminali informatici: pazienti, metodici e perfettamente consapevoli che questo è il momento in cui il fattore umano scricchiola di più.
Il post–Black Friday è il regno del social engineering. Deepfake vocali che imitano fornitori, chatbot malevoli che replicano siti autentici, email costruite con IA capaci di superare i filtri tradizionali.
Nel 2025 creare una campagna su misura richiede minuti, non giorni.
E quando chi riceve l’email è stanco, distratto o sotto pressione, la probabilità di errore supera qualunque barriera tecnologica.
A peggiorare il quadro c’è la corsa alla compliance. DORA, NIS2 e Cyber Resilience Act non sono più sigle astratte: portano obblighi stringenti su gestione del rischio, reporting degli incidenti entro finestre temporali precise, valutazioni di supply chain, hardening dei prodotti software e controlli di continuità operativa.
Molte aziende arrivano a Dicembre con gap evidenti nei registri di trattamento, nelle matrici di rischio o nei modelli di monitoraggio continuo, e provano a colmare tutto in poche settimane.
Questo si traduce in acquisti frettolosi: piattaforme di governance, servizi SOC, strumenti di asset discovery o soluzioni XDR adottate più per spuntare la casella “conforme” che per reale integrazione nei processi. L’effetto? Sistemi implementati male, configurazioni incomplete, alert silenziati e un perimetro che sembra più robusto solo sulla carta. In alcuni casi l’aggiunta affrettata di nuovi componenti introduce ulteriori superfici di attacco, soprattutto quando non si riesce a gestire correttamente identity, log e integrazioni API.
Dicembre ci ricorda che la cybersecurity non è un acquisto, è un processo.
E la compliance non è un foglio Excel da compilare, ma una disciplina che richiede continuità, responsabilità e visibilità reale sui sistemi.
Affrontarla all’ultimo minuto trasforma un dovere strategico in un rischio operativo!
Il mese più caotico dell’anno dimostra una cosa semplice: gli errori più costosi non li fanno i computer, li fanno le persone sotto pressione.
E nel 2025, più che mai, la sicurezza premia chi sa rallentare quando tutti corrono.
Ambra Santoro
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