
Sia che vengano utilizzate per la ricerca o per ripristinare le capacità perdute dei disabili, le brain-computer-interface (BCI) mostrano molte promesse.
Ne avevamo parlato diverse volte in passato su RHC, ma presto potrebbero essere molto più efficaci, grazie allo sviluppo di nuovi e minuscoli sensori.
In molti BCI esistenti, gli elettrodi vengono impiantati direttamente nel cervello. Di solito ne vengono impiantati solo un paio circa, ognuno dei quali stimola e/o monitora l’attività elettrica di alcune centinaia di neuroni in un’area determinata.
Anche se può sembrare molto, ci sono circa 86 miliardi di neuroni nel cervello. Gli scienziati hanno quindi cercato modi per coprirne molti neuroni in più contemporaneamente, in molte più aree del cervello, senza riempire il cervello di un paziente con elettrodi di dimensioni non convenzionali.
Quattro anni fa, gli scienziati della Brown University del Rhode Island, della Baylor University del Texas, dell’Università della California a San Diego e di Qualcomm hanno iniziato a sviluppare un’alternativa a risoluzione più elevata.
Conosciuti come neurograni, i sensori risultanti sono molto più piccoli dei tradizionali elettrodi impiantati: ognuno ha all’incirca le dimensioni di un granello di sale.
Una volta impiantato, una rete di molti neurograni è alimentata in modalità wireless da un sottile cerotto elettronico delle dimensioni di un’impronta digitale che viene fatto aderire al cuoio capelluto del paziente. Quel patch riceve anche segnali elettrici dai sensori, oltre ad essere in grado di inviare segnali a loro, inducendoli a stimolare i neuroni adiacenti.
In una recente dimostrazione della tecnologia, 48 neurograni sono stati impiantati sulla superficie della corteccia cerebrale di un ratto vivo.
Utilizzando i sensori, gli scienziati sono stati in grado sia di registrare segnali neurali caratteristici associati all’attività cerebrale spontanea, sia di stimolare la corteccia in regioni specifiche.
Nella sua forma attuale, secondo quanto riferito, la tecnologia potrebbe essere utilizzata per creare reti per un massimo di 770 neurograni all’interno del cervello di un paziente.
Detto questo, gli scienziati ritengono che un giorno potrebbe essere possibile impiantare migliaia di sensori, per un livello attualmente impossibile di monitoraggio neurale.
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