L'Australia vieta i social media agli adolescenti: dal 10 dicembre divieto al di sotto di 16 anni
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L’Australia vieta i social media agli adolescenti: dal 10 dicembre divieto al di sotto di 16 anni

L’Australia vieta i social media agli adolescenti: dal 10 dicembre divieto al di sotto di 16 anni

Redazione RHC : 8 Dicembre 2025 20:23

In Australia, a breve sarà introdotta una normativa innovativa che vieta l’accesso ai social media per i minori di 16 anni, un’iniziativa che farà scuola a livello mondiale.

Un’analoga misura sarà presto adottata anche in Malesia, Danimarca e Norvegia, che seguiranno le orme dell’Australia, mentre l’Unione Europea, con una risoluzione approvata recentemente, ha manifestato l’intenzione di introdurre restrizioni analoghe.

Nell’attesa dell’entrata in vigore di tale normativa, prevista per il 10 dicembre, milioni di adolescenti australiani e le loro famiglie sono in trepida attesa, domandandosi quali ripercussioni avrà concretamente questo divieto.


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La nuova iniziativa del governo australiano volta a limitare l’accesso degli adolescenti ai social media sta già generando un acceso dibattito tra i diretti interessati. A pochi giorni dall’entrata in vigore del divieto, i giovani membri dell’Australian Theatre for Young People’s Council stanno condividendo le loro opinioni sulle conseguenze per i più giovani.

Il divieto sarà il primo provvedimento del genere al mondo.

Tuttavia, misure simili sono già in fase di valutazione in Malesia, Danimarca e Norvegia, e l’Unione Europea ha approvato misure volte a introdurre restrizioni analoghe. Le autorità australiane spiegano la loro decisione come il desiderio di ridurre i rischi per il benessere mentale degli adolescenti e di ridurre l’esposizione a contenuti dannosi.

Tuttavia, all’interno del Paese, vi sono una vasta gamma di preoccupazioni, dai timori che il divieto spinga gli adolescenti verso piattaforme online meno sicure ai dubbi sull’impatto sui loro diritti e sulla reale efficacia di questa misura.

Alcuni adolescenti ritengono che le autorità abbiano mal indirizzato i loro sforzi. La quattordicenne Sarai Adas osserva che i contenuti tossici provengono spesso da autori adulti e commentatori politici, e che gli adolescenti ne raccolgono le conseguenze.

Adas ritiene importante sviluppare l’alfabetizzazione mediatica, che rimane sottorappresentata nei programmi scolastici, soprattutto con il ruolo crescente degli algoritmi e dei sistemi di intelligenza artificiale. Sostiene che abbandonare i social media priverà molti dell’opportunità di mantenere contatti internazionali, sviluppare capacità creative e acquisire nuove idee.

La tredicenne Pia Monte non usa i servizi vietati, ma è preoccupata per chi ne fa affidamento. La quattordicenne Grace Goh dimostra una moderazione simile; per lei, è improbabile che le restrizioni comportino un cambiamento radicale: comunica principalmente tramite app di messaggistica istantanea ed è convinta che la maggior parte dei suoi coetanei aspetterà o troverà soluzioni alternative.

Il quindicenne Ewan Buchanan-Constable sottolinea che i siti di condivisione video lo hanno aiutato a sviluppare interessi creativi. Crede che la protezione degli adolescenti possa essere ottenuta attraverso un’educazione precoce alla sicurezza online, piuttosto che bloccando completamente i servizi. Osserva che gli adulti tendono a esagerare il ruolo dei social media nella vita degli adolescenti, sebbene per molti siano solo un aspetto secondario della loro giornata.

La quindicenne Emma Williamson, che presto compirà sedici anni, considera le restrizioni sia un ostacolo temporaneo che un’opportunità per prendersi una pausa dal flusso incessante di informazioni. Sottolinea che il programma scolastico si limita a discutere di cyberbullismo e affronta a malapena l’uso sano delle piattaforme digitali. Ritiene che gli sforzi del governo dovrebbero concentrarsi sull’istruzione, non sui divieti .

Gli adolescenti concordano su una cosa: i social media sono diventati una parte importante della loro comunicazione e autoidentificazione, e limitare drasticamente l’accesso non risolverà i problemi sistemici dell’ambiente online.

Molti sono convinti che, senza cambiamenti significativi nella regolamentazione delle piattaforme e nello sviluppo dell’alfabetizzazione digitale, il nuovo approccio si rivelerà solo una misura temporanea, incapace di affrontare la causa principale del problema.

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