
Stefano Gazzella : 13 Novembre 2022 09:00
Autore: Stefano Gazzella
L’utilizzo di protocolli di rete non sicuri può costare una sanzione da parte dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali? Stando ad un recente provvedimento sanzionatorio sembra proprio di sì, e il costo per l’azienda interessata è stato di 15 mila euro nonostante il transito al protocollo https in seguito all’avvio del procedimento.
Tutto ha avuto origine da un reclamo presentato da parte di un interessato dopo aver inutilmente tentato di segnalare tale criticità di sicurezza. È stata infatti portata all’attenzione dell’Authority la mancata adozione di misure di sicurezza adeguate – in particolare: l’assenza di cifratura – nell’ambito del sito web dell’azienda fornitrice di servizi idrici, considerata a presenza di un’area utente con autenticazione e dunque la possibilità di accedere a dati personali degli utenti che, nel caso di specie, consistono nel codice cliente, anagrafica, indirizzo e-mail, tipo di servizio erogato e fatture.
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Nei passaggi argomentativi svolti da parte del Garante è di particolare interesse il riferimento esplicito al parametro dello stato dell’arte per la valutazione di adeguatezza delle misure di sicurezza, in forza del quale l’impiego di tecniche crittografiche “è, infatti, una delle misure comunemente adottate per proteggere, in particolar modo, le credenziali di autenticazione degli utenti di un servizio online durante la loro trasmissione su rete internet”.
Ciò comporta che analoghe attività di trattamento svolte mediante sito web devono applicare la medesima misura o altrimenti rendicontare una differente scelta, dal momento che un protocollo http non è idoneo a garantire la sicurezza del trasferimento dei dati tra browser e server né tantomeno a una verifica dell’autenticità del sito web visualizzato, non gestendo di conseguenza in modo adeguato “il rischio di furto di identità, di possibile clonazione del sito web a scopo di phishing e di acquisizione delle credenziali di autenticazione per fini illeciti”.
Nell’ottica della migliore tutela in concreto degli interessati, è altresì comprensibile la scelta di tenere conto anche “dell’abitudine di molti utenti a riutilizzare la stessa password, o comunque una password molto simile, per l’accesso a diversi servizi online” per la valutazione dei rischi – quale ad esempio il furto di identità – che è premessa fondamentale per la selezione e valutazione delle misure di sicurezza da applicare, il loro riesame ed aggiornamento.
Nel caso oggetto del reclamo, misure la cui adozione deve essere prevista fin dal momento della progettazione del sito web e non successivamente allo svolgimento delle attività di trattamento mediante tale mezzo.
Per quanto rilevato, all’esito dell’attività istruttoria la violazione è consistita nel mancato rispetto del principio di integrità e riservatezza (art. 5.1 lett. f) GDPR) e delle disposizioni relative alla protezione dei dati fin dalla progettazione (art. 25 GDPR) e alla sicurezza dei trattamenti (art. 32 GDPR) per la mancata revisione delle misure di sicurezza predisposte.
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Stefano Gazzella
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