Red Hot Cyber
Condividi la tua difesa. Incoraggia l'eccellenza. La vera forza della cybersecurity risiede nell'effetto moltiplicatore della conoscenza.
Cerca
Enterprise BusinessLog 970x120 1
Enterprise BusinessLog 320x200 1
Il Paradosso della Privacy: perché condividiamo ciò che vogliamo proteggere?

Il Paradosso della Privacy: perché condividiamo ciò che vogliamo proteggere?

Daniela Farina : 15 Giugno 2025 09:27

Nel dibattito sulla cybersecurity, il paradosso della privacy è un concetto ben noto: le persone dichiarano di preoccuparsi della propria privacy digitale, ma spesso agiscono in modi che la compromettono, condividendo liberamente dati personali e accettando condizioni d’uso senza leggerle. Ma cosa c’è dietro questa apparente incoerenza?

Oltre ai bias cognitivi, esiste una dimensione psicologica più profonda, legata al nostro bisogno innato di connessione, riconoscimento e appartenenza. Questo articolo esplora come le dinamiche della psicologia dell’attaccamento e della ricerca di validazione sociale modellino il nostro comportamento online, rendendoci paradossalmente più vulnerabili anche quando crediamo di proteggere la nostra privacy.

La Fame Inconscia di Connessione

La teoria dell’attaccamento, sviluppata dallo psichiatra e psicoanalista britannico John Bowlby, postula che gli esseri umani abbiano un bisogno innato di formare legami emotivi significativi per la sopravvivenza e il benessere. Sebbene nata per spiegare le relazioni tra bambini e caregiver, questa teoria si estende anche alle dinamiche sociali in età adulta. Nel contesto digitale, le piattaforme social e le app di messaggistica sono diventate i nostri “ambienti di attaccamento” moderni.

  • Ricerca di Validazione e Approvazione: il “like”, il “cuoricino”, il commento positivo diventano rinforzi che attivano i circuiti della ricompensa nel cervello, similmente a una carezza o un sorriso nel mondo reale. Il bisogno di validazione sociale spinge gli individui a condividere dettagli personali, esperienze e opinioni, spesso senza considerare pienamente le implicazioni per la privacy. La paura di essere “tagliati fuori” (FOMO – Fear Of Missing Out) o di non essere percepiti come “connessi” può superare la preoccupazione per la sicurezza dei dati.
  • Costruzione del Sé Sociale: le piattaforme digitali sono teatri dove mettiamo in scena il nostro “sé ideale”. Per costruire e mantenere questa immagine, siamo spinti a una costante auto-rivelazione. Questa necessità di costruire una narrativa coerente e socialmente accettabile della nostra vita online può portare a un’esposizione eccessiva, fornendo agli attaccanti (o semplicemente a chi raccoglie dati) un quadro estremamente dettagliato della nostra vita, delle nostre abitudini e dei nostri punti deboli.
  • Dipendenza dalla Connessione: in casi estremi, il bisogno di connessione si trasforma in vera e propria dipendenza digitale, dove la disconnessione genera ansia o disagio. Questa dipendenza può portare a ignorare avvisi di sicurezza, a cliccare su link sospetti pur di mantenere il flusso di comunicazione, o a sacrificare la privacy per la convenienza immediata di un servizio.

La Ricerca di Riconoscimento


Cve Enrichment Redhotcyber

CVE Enrichment
Mentre la finestra tra divulgazione pubblica di una vulnerabilità e sfruttamento si riduce sempre di più, Red Hot Cyber ha lanciato un servizio pensato per supportare professionisti IT, analisti della sicurezza, aziende e pentester: un sistema di monitoraggio gratuito che mostra le vulnerabilità critiche pubblicate negli ultimi 3 giorni dal database NVD degli Stati Uniti e l'accesso ai loro exploit su GitHub.

Cosa trovi nel servizio:
✅ Visualizzazione immediata delle CVE con filtri per gravità e vendor.
✅ Pagine dedicate per ogni CVE con arricchimento dati (NIST, EPSS, percentile di rischio, stato di sfruttamento CISA KEV).
✅ Link ad articoli di approfondimento ed exploit correlati su GitHub, per ottenere un quadro completo della minaccia.
✅ Funzione di ricerca: inserisci un codice CVE e accedi subito a insight completi e contestualizzati.


Supporta Red Hot Cyber attraverso: 

  1. L'acquisto del fumetto sul Cybersecurity Awareness
  2. Ascoltando i nostri Podcast
  3. Seguendo RHC su WhatsApp
  4. Seguendo RHC su Telegram
  5. Scarica gratuitamente “Byte The Silence”, il fumetto sul Cyberbullismo di Red Hot Cyber

Se ti piacciono le novità e gli articoli riportati su di Red Hot Cyber, iscriviti immediatamente alla newsletter settimanale per non perdere nessun articolo. La newsletter generalmente viene inviata ai nostri lettori ad inizio settimana, indicativamente di lunedì.

Parallelamente all’attaccamento, il bisogno di riconoscimento è un motore potente del comportamento umano. Ogni individuo desidera essere visto, ascoltato e valorizzato. Nello spazio digitale, questo si manifesta in modi che spesso contrastano con la tutela della privacy:

  • Identità veloce e condivisione impulsiva: la gratificazione immediata data dalla condivisione di un pensiero, una foto o un evento spinge a una velocità di pubblicazione che preclude una riflessione critica sulle conseguenze per la privacy. Il desiderio di essere i primi a informare o commentare, di “esistere” nello spazio pubblico digitale, surclassa la cautela.
  • Feedback sociale come narcotico: il flusso costante di feedback (reazioni, commenti, condivisioni) funge da rinforzo positivo, creando un ciclo che incoraggia ulteriore esposizione. In questo ciclo, la preoccupazione per la privacy può sembrare un ostacolo al raggiungimento di questa gratificazione, o semplicemente una considerazione secondaria rispetto al desiderio di essere “visti”.
  • Illusione del controllo : molti utenti credono di avere il controllo sui propri dati o che le impostazioni sulla privacy siano sufficienti. Questa illusione, alimentata dal desiderio di vivere appieno l’esperienza digitale senza rinunce, li rende meno propensi a indagare a fondo, a leggere le informative o a mettere in discussione le pratiche delle piattaforme. Il costo psicologico di rinunciare a parte della propria connessione è percepito come maggiore rispetto al rischio della perdita di privacy.

Ridisegnare la Cybersecurity Umana

Comprendere queste dinamiche profonde di attaccamento e riconoscimento è essenziale per superare il paradosso della privacy e costruire una cybersecurity più efficace.

I programmi di sensibilizzazione invece di limitarsi a “non condividere”, dovrebbero esplorare alternative sicure per soddisfare questi bisogni umani, o mostrare come la perdita di privacy possa minare la stessa capacità di connettersi in modo autentico e sicuro a lungo termine.

Le piattaforme digitali dovrebbero essere progettate non solo per proteggere i dati, ma anche per soddisfare i bisogni umani di connessione e riconoscimento in modi che siano intrinsecamente sicuri e rispettosi della privacy, riducendo il conflitto tra l’uso del servizio e la protezione dei dati.

Le aziende dovrebbero considerare come lo stress, la solitudine o il bisogno di appartenenza possano rendere le persone più vulnerabili a determinate tecniche di ingegneria sociale (es. phishing emotivo).

La consapevolezza di questi stati emotivi può aiutare a implementare misure di sicurezza più contestuali e personalizzate.

Conclusione

Il vero “firewall” della privacy digitale non è un algoritmo, ma la comprensione profonda della nostra psiche emotiva.

Fino a quando il nostro insaziabile bisogno di essere visti, amati e connessi prevarrà sulla razionalità della cautela, continueremo a svelare frammenti della nostra anima digitale, lasciando aperte porte invisibili che nessun sistema di sicurezza potrà mai intercettare.

La cybersecurity del futuro non vincerà proteggendo solo i nostri dati, ma insegnandoci a costruire relazioni autentiche e significative che non richiedano il sacrificio della nostra inviolabilità, riscoprendo che la vera connessione nasce dalla sicurezza del sé, non dalla sua esposizione.

Siamo come architetti che, desiderando una casa accogliente e sempre aperta, ne progettano una senza serrature, dimenticando che un vero rifugio protegge ciò che ha di più prezioso. Se la nostra anima digitale è la nuova dimora, stiamo forse gettando via le chiavi in cambio di un semplice applauso virtuale?

Forse, la vera svolta nella cybersecurity non arriverà dalla tecnologia, ma da dentro di noi: sarà il giorno in cui impareremo a difendere il nostro spazio online, non per timore delle minacce esterne, ma per il profondo rispetto del nostro inestimabile mondo interiore. Perché, in fondo, la battaglia più grande per la sicurezza non si combatte sui server, ma nel silenzioso, vulnerabile regno del cuore umano.

Immagine del sitoDaniela Farina
Filosofo, psicologo, counselor e coach AICP. Umanista per vocazione lavora in Cybersecurity per professione. In FiberCop S.p.a come Risk Analyst.

Lista degli articoli

Articoli in evidenza

Immagine del sito
TamperedChef: malware tramite falsi installer di app
Di Redazione RHC - 21/11/2025

La campagna su larga scala TamperedChef sta nuovamente attirando l’attenzione degli specialisti, poiché gli aggressori continuano a distribuire malware tramite falsi programmi di installazione di a...

Immagine del sito
Bug critico da score 10 per Azure Bastion. Quando RDP e SSH sul cloud sono in scacco matto
Di Redazione RHC - 21/11/2025

Una vulnerabilità di tipo authentication bypass è stata individuata in Azure Bastion (scoperta da RHC grazie al monitoraggio costante delle CVE critiche presente sul nostro portale), il servizio g...

Immagine del sito
Rischio sventato per milioni di utenti Microsoft! La falla critica in Microsoft SharePoint da 9.8
Di Redazione RHC - 21/11/2025

Microsoft ha reso nota una vulnerabilità critica in SharePoint Online (scoperta da RHC grazie al monitoraggio costante delle CVE critiche presente sul nostro portale), identificata come CVE-2025-5924...

Immagine del sito
Garante Privacy in crisi: il Segretario Generale lascia dopo la richiesta sulle email dei dipendenti
Di Redazione RHC - 21/11/2025

Il Segretario Generale del Garante per la protezione dei dati personali, Angelo Fanizza, ha rassegnato le proprie dimissioni a seguito di una riunione straordinaria tenuta questa mattina nella sala Ro...

Immagine del sito
Dipendenti Infedeli: licenziato, rientra in azienda e resetta 2.500 password all’insaputa dell’azienda
Di Redazione RHC - 21/11/2025

Un impiegato si è dichiarato colpevole di aver hackerato la rete del suo ex datore di lavoro e di aver causato danni per quasi 1 milione di dollari dopo essere stato licenziato. Secondo l’accusa, i...