Redazione RHC : 5 Giugno 2021 07:00
Si chiama CTF, acronimo di “Capture the flag” (Cattura la bandiera), ed è un gioco tradizionale all’aperto in cui due o più squadre hanno ciascuna una bandiera e sono posizionate su una base. L’obiettivo del gioco è catturare la bandiera dell’altra squadra e riportarla in sicurezza alla propria base.
Chi non conosce questo gioco? Molti di noi ci avranno giocato da bambini.
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Ma esiste anche la versione cibernetica di questo gioco che di fatto è una competizione tra hacker etici che hanno l’obiettivo, uno di attaccare un sistema informatico e l’altro di difenderlo, bloccando gli attacchi del nemico.
A febbraio del 2021, 14 diversi eserciti di stati nazionali e 5 squadre in divisa dell’IDF (la Israel Defense Forces appunto israeliana), si sono riuniti e hanno partecipato per la prima volta a una prestigiosa competizione internazionale di tipo CTF – Cattura la bandiera.
Nell’ambito della competizione, guidata dal CCOE – il Cyber Center of Excellence a Fort Gordon (United States Cyber Command), hanno preso parte 57 cyber team di 14 diversi eserciti in tutto il mondo, tra cui Australia, Taiwan, Paesi Bassi , Singapore, Brasile e Nuova Zelanda.
Le CTF sono sfide che hanno come scopo la risoluzione di sfide informatiche in vari campi e i partecipanti non hanno un limite di tempo, ma più sfide risolveranno, più punti otterranno. “Questa non è una competizione continua”, spiega il sergente E. “Ad esempio, abbiamo ricevuto un file crittografato e abbiamo dovuto capire come riportarlo alla configurazione originale e decrittografare il codice. C’erano esercizi che includevano il reverse engineering e l’analisi di file binari, l’individuazione e lo sfruttamento dei punti deboli della memoria, la programmazione e l’analisi del traffico di rete”.
Il dialogo tra i diversi paesi si è svolto in un’apposita chat su un sito online aperto alla competizione, attraverso la quale i team hanno anche guardato i punteggi di tutti i cyber team e inserito le risposte alle sfide. “La risoluzione di un compito può richiedere da cinque minuti a un’ora”, sottolinea il sergente.
“Ci sono molte tecniche per risolvere una sfida e occorre conoscere gli strumenti che dovrai utilizzare”, sottolinea il sergente E. “È necessario conoscere l’argomento, consultare, esplorare direzioni diverse e collaborare con la tua squadra. Il termine “squadra” ha un grande significato. Sono quattro ore in totale e il tempo gioca un ruolo importante: se lavori bene con il resto delle persone, sei in testa”.
La competizione si tiene solitamente negli Stati Uniti, come parte di una conferenza chiamata “TECHNET” – ma a causa del COVID-19, si è tenuta online.
Spesso su queste pagine abbiamo parlato che l’Italia dovrebbe calare nei contesti tecnici la governance nella cybersecurity e quindi, a parte le regole, le norme, occorre far crescere un esercito ci cyber-guerrieri capaci di difendere e le infrastrutture critiche della nazione dagli attacchi informatici e per fare questo occorrono dei tecnici militarmente organizzati.
Il Cyber-Challenge va benissimo per scovare i talenti, ma dopo averli scovati, lasciarli andare all’estero è un vero peccato, perché in molti stanno facendo questo percorso e come Italia, oggi non possiamo più permettercelo.
Abbiamo bisogno di avviare anche noi operazioni nel cyberspazio, e abbiamo bisogno di tecnici capaci di conoscere nel dettaglio l’hacking e devono essere organizzati militarmente, per consentire in caso di attacco una difesa proattiva e una eventuale risposta.
Quando avremo anche in Italia la nostra CTF Nazionale?
Fonte
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