Cyberwar: senza le regole del "gioco", è lecito porsi domande.
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Cyberwar: senza le regole del “gioco”, è lecito porsi domande.

Cyberwar: senza le regole del “gioco”, è lecito porsi domande.

11 Aprile 2021 06:30

Nella guerra convenzionale, è accettato che se uno stato si trova sotto attacco, ha il diritto di rispondere con la forza.

Ma è meno chiaro come i paesi dovrebbero regolarsi negli attacchi informatici: hack sostenuti dallo stato che spesso hanno pericolose implicazioni nel mondo reale.

L’hack di SolarWinds del 2020, attribuito agli hacker russi sostenuti dallo stato, ha violato la sicurezza di circa 100 aziende private. Ma si è anche infiltrato in nove agenzie federali statunitensi, incluso il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, che controlla le scorte di armi nucleari del paese.

Tali attacchi dovrebbero diventare più comuni. Recentemente, il 2021 Strategic Defense Review del Regno Unito ha confermato la creazione di una “National Cyber ​​Force” incaricata di sviluppare risposte offensive efficaci a tali attacchi informatici, che potrebbero anche includere la risposta ad essi con armi nucleari.

Gli attacchi informatici sono forme di minaccia nuove e ambigue, quindi è necessario prestare un’attenta considerazione l’etica prima di decidere le risposte appropriate.

Abbiamo già un quadro vecchio di millenni progettato per regolare l’uso della forza fisica nelle guerre. Si chiama “just war theory” e le sue regole determinano se sia o meno moralmente giustificato lanciare operazioni militari contro un obiettivo.

Dato il modo in cui i sistemi informatici possono essere armati, sembra naturale per gli esperti di etica incorporare la “guerra informatica ” nella teoria della guerra giusta esistente.

Ma non tutti sono convinti. Gli scettici dubitano che la guerra cibernetica richieda una nuova etica, e alcuni addirittura si chiedono se la guerra cibernetica sia effettivamente possibile.

I radicali, nel frattempo, credono che la guerra cibernetica richieda un ripensamento totale e stanno costruendo una nuova teoria.

A dare credito all’affermazione dei radicali è l’assunto che gli attacchi informatici siano fondamentalmente diversi dalla forza fisica. Dopotutto, mentre le forze militari convenzionali prendono di mira i corpi umani e il loro ambiente, gli attacchi informatici danneggiano principalmente i dati e gli oggetti virtuali. Fondamentalmente, mentre gli attacchi fisici sono “violenti”, gli attacchi informatici sembrano presentare – semmai – un’alternativa alla violenza.

D’altra parte, alcuni esperti di etica sottolineano il fatto che le operazioni informatiche a volte possono portare a danni fisici.

Ad esempio, quando gli hacker si sono infiltrati nel sistema che controlla l’approvvigionamento di acqua dolce a Oldsmar, in Florida, nel febbraio 2021, hanno armato le infrastrutture fisiche tentando di avvelenare l’acqua. E un attacco ransomware a un ospedale di Düsseldorf nel settembre 2020 ha effettivamente contribuito alla morte di un paziente .

Chiaramente, gli attacchi informatici possono provocare gravi danni dai quali gli stati hanno la responsabilità di difendere i propri cittadini.

Ma gli attacchi informatici sono ambigui : il senatore statunitense Mitt Romney ha definito l’hack di SolarWinds “un’invasione“, mentre Mark Warner del Comitato dei servizi segreti del Senato degli Stati Uniti l’ha collocato “in quella zona grigia tra spionaggio e attacco“.

Per le agenzie della difesa, la differenza è importante. Se considerano gli attacchi sostenuti dallo stato come veri attacchi, potrebbero ritenere di essere autorizzati a lanciare altrettante offensive. Ma se gli hack sono solo spionaggio, possono essere liquidati come una cosa normale, e quindi come parte del lavoro quotidiano di intelligence degli stati.

Nella teoria della guerra giusta, alcuni filosofi “revisionisti” trovano utile tornare alle origini. Analizzano le singole minacce e gli atti di violenza prima di costruire con attenzione una solida teoria di una guerra complessa e su larga scala.

Poiché gli attacchi informatici sono nuovi e ambigui, l’approccio revisionista può aiutarci a decidere come reagire al meglio.

Il problema da comprendere ancora risulta il fatto che gli attacchi informatici possono causare gravi danni fisici proprio come la violenza convenzionale, ma sicuramente la mancata volontà da parti di alcuni governi di regolamentare tutto questo, ci porta ancora a domandarci quale sia la cosa giusta da fare, in quanto senza condivisione delle regole del gioco, risulta lecito farsi domande.

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Bibliografia

https://theconversation.com/should-cyberwar-be-met-with-physical-force-moral-philosophy-can-help-us-decide-158463

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