
Paolo Galdieri : 4 Luglio 2024 11:28
Art. 302 c.p :Chiunque istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, preveduti dai capi primo e secondo di questo titolo, per i quali la legge stabilisce l'ergastolo o la reclusione, è punito, se l'istigazione non è accolta, ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, con la reclusione da uno a otto anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
Tuttavia, la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce la istigazione.
L’articolo 302 c.p. punisce chi incita altre persone a commettere determinati reati gravi. Se l’incitamento non viene seguito, o se viene seguito ma il reato non viene commesso, la persona che ha incitato può essere condannata da uno a otto anni di reclusione.
Se l’istigazione avviene tramite tecnologie digitali o telematiche, la pena è aumentata. Tuttavia, la pena non sarà mai più della metà di quella prevista per il reato a cui si riferisce l’istigazione.
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Se l’istigazione viene seguita e il reato viene effettivamente commesso, l’articolo 302 non si applica più. In questo caso, chi ha incitato sarà considerato complice nel reato.
Questo articolo è stato modificato dal Decreto Legislativo del 18 febbraio 2015, n. 7, che è stato poi convertito in legge il 17 aprile 2015, n. 43.
Ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’articolo 302 cod. pen., che può avere per oggetto anche un reato associativo (nella specie, l’associazione con finalità di terrorismo anche internazionale di cui all’art. 270-bis cod. pen.), non basta l’esternazione di un giudizio positivo su un episodio criminoso, per quanto odioso e riprovevole, ma occorre che il comportamento dell’agente sia tale – per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell’autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica – da determinare il rischio, non teorico ma effettivo, della commissione di atti di terrorismo o di delitti associativi con finalità di terrorismo (Cass., Sez. II, sent. n. 51942/18).
Il fatto di postare sui profili Facebook frasi o commenti a immagini cruente, proposizioni di esortazione o di incitamento, senza limitarsi a esprimere sentimenti di approvazione verso fatti di terrorismo islamico, attuati da gruppi che si ispiravano all’integralismo religioso, ma incitando a intraprendere atti sovversivi di vero e proprio terrorismo e di affermazione della violenza anche più truce e spietata, integrano il delitto di cui all’art. 302 c.p. e non quello di cui all’art. 414 c.p. di talché, nell’ipotesi della sussistenza di tali fatti, è legittimo il rigetto da parte del Tribunale del riesame, della richiesta di un cittadino extracomunitario di essere rimesso in libertà (Cass., Sez. I, sent. n. 46178/15 ).
Paolo Galdieri
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