Chiara Nardini : 16 Maggio 2023 09:26
Dopo l’Abruzzo, gli hacker puntano alla Basilicata.
Non è chiaro se si tratti dello stesso gruppo ransomware Monti che ha colpito la ASL1 dell’Aquila, dove sono stati rubati oltre 522 GB di dati sanitari e pubblicati nel darkweb negli ultimi giorni. Tuttavia, il precedente abruzzese sta seminando il panico anche a Potenza e Matera, dove fioccano segnali di incursioni non autorizzate nel sistema.
Informazioni sensibili come cartelle cliniche, aborti, diagnosi di HIV, gravidanze e malattie sessualmente trasmissibili sono pronte ad essere diffuse nel darkweb, se un riscatto non verrà pagato, come viene riportato dalla Gazzetta del Mezzogiorno.
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«Il cyberbullismo è una delle minacce più insidiose e silenziose che colpiscono i nostri ragazzi. Non si tratta di semplici "bravate online", ma di veri e propri atti di violenza digitale, capaci di lasciare ferite profonde e spesso irreversibili nell’animo delle vittime. Non possiamo più permetterci di chiudere gli occhi».
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La società Gesan da l’allarme, responsabile della gestione informatica delle cartelle cliniche in diverse regioni, tra cui la Basilicata. Tutto questo ha portato l’Agenzia nazionale per la cybersicurezza a dichiarare lo stato di emergenza.
Tutto questo porta a pensare che quello che stiamo vedendo si sta concretizzando come un attacco alla supply chain, anche se questo ancora deve essere compreso con precisione. Alcuni software di differenti ASL sul territorio italiano potrebbero essere stati acquistati da uno stesso fornitore.
Il raid degli hacker sarebbe iniziato nella notte del 3 maggio e, in breve tempo, si è esteso anche al territorio lucano. “Sono mesi che subiamo attacchi rivolti a reperire informazioni e rubare dati sensibili. Quello che vediamo oggi è il frutto di quello che si è fatto nelle settimane scorse”, spiega Giuseppe Izzo, responsabile della protezione dei dati centri servizi e CEO di Uese Italia Spa, anche se non ha fornito collegamenti con quanto sta accadendo alla regione Basilicata.
Inoltre la Gazzetta del Mezzogiorno pone una domanda molto interessante a Izzo, ovvero “Possibile che sia così semplice per gli hacker violare i sistemi di sicurezza del web di strutture pubbliche?”. La risposta è stata “La verità è che ci sono cattive abitudini all’interno degli enti. Mancano i controlli di gestione, le procedure sono scopiazzate e gli utenti non cambiano mai la password. Manca la cultura della sicurezza informatica. Basta dire che molti uffici pubblici hanno i propri siti internet su hosting da 100 euro l’anno. Quale grado di protezione può garantirti una rete di questo tipo?”.
La Uese Italia Spa è una azienda specializzata nell’offerta di servizi di adeguamento normativo, consulenza e formazione obbligatoria per le aziende pubbliche e private.
Ma la domanda che ci sorge spontanea è perché i criminali informatici attaccano le strutture pubbliche italiane se queste poi non pagano il riscatto?
Un attacco informatico costa molti soldi e le cybergang criminali di oggi sono aziende con un loro bilancio e un monitoraggio e controllo dei costi. Come riescono a monetizzare se pubblicano tutto nel darkweb gratuitamente?
Visto quanto riportato e la sensibilità dei dati in possesso dei criminali informatici, come nostra consuetudine diamo spazio sulle nostre pagine all’azienda sanitaria, qualora volesse effettuare una dichiarazione.
RHC monitorerà l’evoluzione della vicenda in modo da pubblicare ulteriori news sul blog, qualora ci fossero novità sostanziali.
Qualora ci siano persone informate sui fatti che volessero fornire informazioni in modo anonimo possono accedere utilizzare la mail crittografata del whistleblower.
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