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Five Eyes. Tra alleanze strategiche e cyber warfare.

Roberto Villani : 1 Maggio 2021 10:00

Autore: Roberto Villani
Data Pubblicazione: 28/04/2021

In un recente articolo avevamo parlato delle similitudini tra la cyber warfare e il primo conflitto bellico del secolo scorso, la grande guerra che monumenti e cimiteri ci ricordano in ogni angolo d’Italia.

Oggi come ieri, i conflitti coinvolgono molti paesi del globo, e la moderna cyber war, ha esteso le battaglie in tutto il pianeta, trasformandosi in una cyber-guerra mondiale.

La recente visita del Primo Ministro giapponese negli USA – il primo esponente politico invitato dal nuovo inquilino della Casa Bianca – è un significativo segnale di questa nuova era cyber, che vede molti paesi in conflitto, tra alleanze e variabili, massicci attacchi informatici e pressioni economiche, cui nessuno riesce a sottrarsi.

Nell’incontro avvenuto negli USA, il premier giapponese ha rilanciato l’adesione del paese dei samurai, al club dei “Five Eyes”. I Five Eyes” forse saprete, sono gli appartenenti all’accordo UKUSA, inizialmente composto da Gran Bretagna ed USA, poi esteso a Canada, Australia e Nuova Zelanda che andarono a comporre quello che più comunemente conosciamo come la rete “Echelon”.

L’alleanza si rese necessaria alla fine della seconda guerra mondiale per avere uno scambio costante di informazioni e comunicazioni, tra i paesi di lingua anglosassone, e prettamente legato ad interessi strategici e militari, per poi divenire sempre più strumento di intelligence, anche economica.

Questo club esclusivo non ha mai avanzato proposte di adesione ad altri paesi del mondo, pur collaborando con le relative agenzie di intelligence, ha sempre mantenuto una sua autonomia, come facente parte di un sistema distribuito in una rete di interconnessione d’intelligence, dove avveniva un costante scambio d’informazione per la sicurezza dei paesi.

Ed allora perché far aderire il Giappone? Oltretutto non un paese di madre lingua inglese?

Ovvio che la posizione geografica del Giappone non sfugge alla risposta, ovvio che il potenziale tecnologico nei processi di costruzione digitali e dell’IT del Giappone è all’avanguardia, ciò però che appare scontato non è detto che sia immediatamente possibile.

Il Giappone proprio perché molto vicino all’Asia continentale ha molti rapporti commerciali con i suoi vicini, e non ha mai, dalla fine della seconda guerra mondiale, avuto forti tensioni con questi vicini.

Certo esistono contese territoriali per le isole Kurili con la Russia, e l’altra contesa territoriale con la Cina per le isole Sensaku, ma queste liti, non hanno mai offuscato completamente i rapporti di altro livello del Giappone.

Ma come ricordava un articolo del dicembre del 2020 apparso su Nippon.com, il Giappone non dispone di una struttura d’intelligence governativa – uno dei punti salienti post Hiroshima fu proprio quello di impedire al Giappone di avere un forte esercito nazionale – e quindi le informazioni sulla sicurezza sono di carattere regionale, e si limitano alla sicurezza interna, quindi quale contributo potrebbe dare il Giappone ai Five eyes?

Appare evidente che se il progetto di adesione proseguirà, vedrà certamente una rivoluzione anche negli apparati di intelligence, scambio di personale qualificato per la formazione, scambio di materiale ad alto contenuto tecnologico, simulazioni di attacchi e resilienza, con conseguente aumento della sicurezza nella reti cyber del paese, perché la proiezione e l’estensione delle attività richiedono opportuni cambiamenti.

Queste “riforme” non riguarderanno solo il Giappone, ma sono già in atto in diversi altri paesi, legati agli USA. I partner di sempre, i nuovi soggetti tecnologicamente avanzati dell’ex blocco sovietico oramai player riconosciuti a livello mondiale come avanzatissimi luoghi di AI e Information Technology, e la rete costruita negli anni dai big dell’intelligence come l’NSA statunitense ed il GCHQ britannico, costituiscono un insieme che attira pirati informatici, lupi solitari del web, i gruppi di cyber-terroristi e le moderne spie al soldo di governi ostili o di qualche “ufficio 39”, sparsi nel mondo.

Anche all’interno del Giappone, cosi come negli altri paesi, si animano oppositori politici che non gradiscono l’adesione del Giappone ai “5eyes”, cosi come molti report internazionali hanno sottolineato, perché non stiamo certo parlando di comporre una squadra di calcetto più uno.

Per giunta, si sta valutando l’idea di comporre una rete di Governi istituzionali, che dovranno prevedere i futuri attacchi informatici, che nuovi cyber guerrieri intendono portare a queste istituzioni.

Per questi attacchi, portati da questi moderni pirati, è necessaria un’efficace prevenzione che sappia prevedere un contrattacco e se il caso, anche pianificare un preventivo attacco, al fine di distruggere ogni più semplice tentativo di aggressione, perché le interconnessioni tra i paesi sono sempre più forti e risulteranno sempre più vincolanti.

Non si può vivere in una bolla come fanno alcuni paesi chiusi al mondo del web, isolati dentro un muro perimetrale cibernetico, non consentendo a chi all’interno di conoscere il resto del mondo. Abbiamo già vissuto una triste simile esperienza in Europa nel secolo scorso, dove la follia ideologica spinse gli uomini a costruire un muro rinchiudendo all’interno ogni emozione, ogni pensiero, ogni attività che le persone intendevano realizzare.

Le tristi storie che abbiamo avuto modo di verificare dopo la caduta del muro di Berlino, l’impoverimento sociale che già pianificato da dittatori folli doveva abbattere la Germania, rea di aver causato la guerra, è stato per almeno mezzo secolo devastante sotto il profilo economico.

Ed anche dopo la caduta del muro di Berlino è stato altrettanto devastante per il resto d’Europa, che su richiamo dei politici tedeschi dell’Ovest, ha dovuto accollarsi un debito enorme lasciato da quella follia isolazionista.

Ebbene non ripetiamo quell’errore, e

cerchiamo di diffondere una cultura sociale della condivisione e del benessere economico non riservato solo a pochi, o ad esclusivo interesse di qualche dinastia o teocrazia

che chiudendosi e attaccando il resto del mondo, violano i più elementari diritti civili.

Ogni Hacker etico, unisca le sue competenze, le sue professionalità e le metta a disposizione del paese, perché come ripetiamo, saremo chiamati a contribuire ad una nuova guerra la cui natura virtuale se in un primo momento non ci coinvolge, in un secondo momento ci vedrà sommersi rischiando di farci affogare, se non ci prepariamo.

Ogni giorno avvengono attacchi sempre più frequenti a reti e infrastrutturali vitali, pensate solo alle reti di approvvigionamento dell’acqua. La nostra risorsa vitale.

Chi si approprierà delle risorse idriche nel mondo, avrà il dominio sul resto della popolazione, e tutti i conflitti cibernetici attuali, sono prodromi al controllo delle risorse, acqua per prima.

Ed allora, prima di bere il vostro prossimo bicchiere d’acqua, pensate alle vostre azioni in difesa di quel bicchiere di acqua, e se opterete per una scelta etica, avrete condiviso il vostro bicchiere d’acqua contribuendo ad avere meno guerre, perché come dicevano gli antichi Romani, “si vis in pacem, para bellum”.

Roberto Villani
Dilettante nel cyberspazio, perenne studente di scienze politiche, sperava di conoscere Stanley Kubrick per farsi aiutare a fotografare dove sorge il sole. Risk analysis, Intelligence e Diritto Penale sono la sua colazione da 30 anni.