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La truffa del falso curriculum e la risposta intelligente! Una storia vera (e istruttiva)

Simone D'Agostino : 18 Maggio 2025 07:46

Nel mondo sempre più sofisticato delle truffe digitali, una delle modalità emergenti è quella del falso reclutamento professionale. Un metodo subdolo, che sfrutta il desiderio (e il bisogno) di molte persone di trovare opportunità di lavoro online. In questa storia reale – volutamente ironizzata per finalità divulgative – raccontiamo un caso concreto, documentato con screenshot e condotto con spirito critico.

L’inizio: un curriculum “trovato” online

Tutto parte da una chiamata preregistrata. Una voce femminile afferma di aver visionato un curriculum e propone una collaborazione su YouTube. Il compenso è di 400€ al giorno per semplici attività come mettere like ai video.

La proposta è ovviamente troppo allettante per essere vera.


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    Subito dopo, il potenziale “selezionato” viene invitato a proseguire la conversazione su Telegram, con una sedicente manager di nome Paola Strollo, che si presenta come “referente commerciale”.

    Il copione classico: IBAN e identità

    Dopo un breve scambio, la truffatrice chiede:

    • Nome e cognome
    • Età
    • IBAN bancario
    • Documento d’identità

    Tutto con la scusa di dover inviare un primo “rimborso” di 6€ per l’attività. Un tentativo banale di ottenere informazioni personali, ma costruito in modo credibile e con apparente cordialità.

    Qui però la storia prende una piega diversa.

    Chi riceve il messaggio decide di non ignorarlo, ma di rispondere, fingendosi un anziano signore: Erminio Ottone, 83 anni, pensionato, ex maestro elementare originario di Pianella (PE), non tecnologico, credente nella Provvidenza, e cliente affezionato della Banca della Fede Online.

    Un personaggio volutamente costruito per rappresentare una delle categorie più frequentemente prese di mira da questo tipo di frodi: gli anziani. Ma anche per dimostrare quanto possa essere efficace la consapevolezza, anche se narrata in forma teatrale.

    Viene fornito un IBAN falso, una carta d’identità evidentemente fittizia e addirittura un finto bonifico “ricevuto” dalla sedicente “azienda”. Il tutto per testare fin dove può spingersi la truffatrice.

    Il colpo di scena: il finto alert antifrode

    Dopo aver ottenuto risposte insospettabili dalla controparte, viene inoltrato un messaggio fasullo in perfetto stile truffa:

    Gentile Paola Strollo, è stato rilevato un bonifico sospetto di 5.600€ a suo nome.
    In caso di mancata risposta, verranno avviate le procedure di blocco cautelativo del profilo.

    Panico

    La truffatrice risponde confusa. Chiede spiegazioni. L’anziano (fittizio) le scrive come fosse davvero spaventato, con un linguaggio incerto e ingenuo, dicendosi preoccupato e scusandosi “nel caso avesse fatto qualcosa di sbagliato”.

    Il messaggio finale?

    “Lo sai chi ti saluta, Paolè? Una frase garbata, ma chi ha letto fin qui sa benissimo cosa voleva dire davvero

    Cosa insegna questa storia?

    • Il phishing non è solo via email: oggi le truffe arrivano anche via voce sintetica, Telegram, WhatsApp, o LinkedIn.
    • L’esca è psicologica: fanno leva su bisogni reali (lavoro, denaro) e sull’autorità apparente di chi scrive (manager, HR).
    • La richiesta dell’IBAN è solo l’inizio: dietro può esserci un tentativo di furto d’identità, bonifici fraudolenti, social engineering e persino riciclaggio di denaro tramite l’utilizzo inconsapevole delle vittime per movimentare fondi illeciti.
    • In alcuni casi, queste truffe fanno parte di schemi Ponzi digitali, in cui ai nuovi iscritti viene promesso un guadagno solo se riescono a portare altre persone nel sistema. I primi pagamenti servono a generare fiducia e a rendere l’inganno credibile, ma l’intero meccanismo si regge esclusivamente sull’ingresso continuo di nuove vittime. Quando l’afflusso si interrompe, il sistema crolla, lasciando molti utenti senza denaro e senza possibilità di recupero
    • L’ironia può essere uno strumento di difesa, ma non tutti hanno i mezzi o la prontezza per riconoscere l’inganno.

    Conclusione

    Erminio Ottone non esiste.

    Ma ogni giorno esistono centinaia di vere vittime che, diversamente da chi ha creato questo esperimento educativo, forniscono davvero dati sensibili a sconosciuti.

    Red Hot Cyber ha deciso di raccontare questa vicenda non per spettacolarizzarla, ma per ricordare quanto sia facile cadere in un raggiro digitale ben costruito.

    La vigilanza, l’educazione digitale e un pizzico di diffidenza possono fare la differenza tra un click innocuo e una violazione irreparabile.

    Simone D'agostino
    Nato a Roma, con oltre 30 anni in Polizia di Stato, oggi è Sostituto Commissario alla SOSC Polizia Postale Udine. Esperto in indagini web e dark web, è appassionato di OSInt, che ha insegnato alla Scuola Allievi Agenti di Trieste. Ha conseguito un Master in Intelligence & ICT all'Università di Udine (110 e lode), sviluppando quattro modelli IA per contrastare le frodi su fondi UE. È impegnato nella formazione per elevare la sicurezza cibernetica.

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