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Olivetti: quando l’Italia insegnava al mondo la tecnologia

Olivetti: quando l’Italia insegnava al mondo la tecnologia

Massimiliano Brolli : 30 Luglio 2024 08:18

La storia piano piano viene dimenticata e lascia il compito all’attualità di scriverne la nuova. Ma se chiediamo ai ragazzi di oggi che cosa sanno della Olivetti, cosa ci risponderanno?

Questa è la storia del sogno italiano. La storia di quando tutto il mondo era un “follower” delle idee e delle innovazioni visionarie Italiane.

E’ la storia della nostra tecnologia che occorre conoscere bene, per capire da dove veniamo e da dove siamo partiti e per cercare di comprendere perché oggi siamo divenuti dei “follower” del mondo intero, senza avere più una nostra precisa identità.


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La Olivetti

Era il 29 di ottobre del 1908, quando ad Ivrea, con un capitale di 350.000 lire, nacque la Olivetti, fondata da Camillo Olivetti, che la guidò fino al 1932.

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Camillo Olivetti in un ritratto dell’epoca.

La Fiat a Torino si era formata 10 anni prima e contava appena 50 operai. Camillo aveva solo 4 ragazzi inesperti ai quali insegnava di persona elementi di meccanica, aritmetica e tecniche di costruzione.

A capo del gruppo tecnico vi era Domenico Burzio, figlio di un operaio fucinatore, lavoro che egli stesso aveva svolto fin dall’età di 13 anni. Nel 1909 iniziarono a fabbricare le prime macchine da scrivere, tipologia di mercato del quale la Olivetti ben presto divenne dominatrice assoluta.

Adriano Olivetti

Nel 1932, prese la guida della Olivetti il figlio di Camillo, il grande Adriano Olivetti, un uomo visionario che ben presto riuscì a portare la tecnologia Italiana, prima meccanica, poi elettronica e informatica nel mondo intero.

Nel 1940 venne prodotta la prima addizionatrice della Olivetti, seguita nel 1945 dalla Divisumma 14, la prima calcolatrice scrivente al mondo in grado di eseguire le quattro operazioni matematiche.

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Una Divisumma 14

Oggi potrebbe sembrare qualcosa di semplice, ma vi assicuro che in quel periodo, era pura avanguardia scientifica.

Mentre intorno agli anno 50 del secolo scorso, in America si stavano sviluppando tecnologie come il famoso ENIAC (L’Electronic Numerical Integrator and Computer), un elaboratore capace di fare 5000 calcoli al secondo basato sulle valvole termoioniche, in Italia la Olivetti lavorava sui transistor.

Infatti nel 1957, la Olivetti sviluppò l’Elea 9003, il primo computer al mondo basato su transistor, concepito da un piccolo gruppo di ricercatori guidati da Mario Tchou e prodotto nello stabilimento appositamente dedicato di Borgolombardo, una frazione di San Giuliano Milanese lungo la via Emilia.

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Vista di insieme della Elea 9003

Ne vennero prodotti solo 40 esemplari e la sua produzione costava 500 milioni delle vecchie lire (di quel tempo) con tecnologia diode-transistor logic. La gigantesca macchina poteva eseguire fino a tre operazioni in multitasking ed era dotata di un design così innovativo pensato dall’architetto Ettore Sottsass che vinse il Compasso d’Oro nel 1959.

“A metà del 1957 era pronto un prototipo sperimentale. Era realizzato interamente con valvole termoioniche, la tecnologia allora dominante per realizzare circuiti elettronici. Stava però avvenendo una rivoluzione epocale, quella del transistor. Il transistor. inventato qualche anno prima, era ancora poco utilizzato e presentava diversi limiti. Tuttavia, passare dalla valvola al transistor stava diventando un fattore essenziale di successo per un calcolatore da mettere prossimamente sul mercato. Venne presa quindi una decisione tanto drastica quanto impegnativa, ossia riprogettare tutto da capo, realizzando l’intero calcolatore con transistor”.

scrive Franco Filippazzi in una dispensa universitaria per l’Ateneo di Udine, nel 2008.

L’invenzione della show room

Ma a parte i calcolatori, ancora di nicchia per quello storico periodo, per vendere dei prodotti tecnologici al grande pubblico, serviva una negozio per il grande pubblico, una show room.

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Una vista della Show Room della Olivetti a NY

Tutti pensiamo oggi ad Apple quando si parla di show room incentrata sulla tecnologia, ma l’invenzione, anch’essa è stata della nostra Olivetti.

Ritorniamo a quello storico periodo, era il 1954, e la Olivetti voleva un negozio a New York al n. 584 della Fifth Avenue.

Ma doveva essere un negozio che a livello architettonico combinasse arte e tecnologia, in un certo senso strizzando l’occhio ad un design futuristico.

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Un altra vista della Show Room

Venne quindi affidato il lavoro agli architetti Ernesto Rogers, Enrico Peressutti e Lodovico Barbiano di Belgiojoso dello studio milanese BBPR per la parte architettonica e dallo scultore Costantino Nivola per la parte decorativa.

Il periodo d’oro. Il P101.

Ma le macchine da scrivere erano un traguardo raggiunto, ora occorreva spingersi oltre, guardare al futuro. La Olivetti cominciava a pensare ad un micro computer capace di fare dei calcoli e memorizzarli su un supporto rimovibile, qualcosa di straordinariamente all’avanguardia per quell’epoca.

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Piergiorgio Perotto e il gruppo del P101

E quindi la Olivetti inventò il primo personal computer della storia, la “Perottina” (dal nome del suo ingegnere capo) o semplicemente Programma 101 o P101.

Questa storica innovazione nacque dal team di ricerca guidato dall’ingegnere Pier Giorgio Perotto, presentato alla Fiera mondiale di New York del 1964.

Il P101 costava ben 3.200 dollari, equivalente a 26.000 dollari di oggi e ne vennero prodotte 44.000 unità e aveva una memoria cache di 240 byte ad 8 bit per carattere, senza microprocessori e circuiti integrati al suo interno.

Pensate che ebbe talmente successo che venne acquistata in diverse unità dalla Nasa per calcolare le orbite dei programmi spaziali, compresa la missione Apollo 11 che portò l’uomo sulla Luna.

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Ingegneria della Nasa effettuano i calcoli con il P101

Ma la cosa più innovativa del programma 101 fu la “cartolina magnetica”, una sorta di floppy disk primordiale che consentiva di leggere ed archiviare i dati, sistema per giunta concesso dalla Olivetti su licenza alla IBM e all’HP che lo utilizzarono per le loro macchine calcolatrici e da scrivere dell’epoca.

Conclusioni

La rincorsa tecnologica è una “big challenge” da alte prestazioni, dove non sono poche le aziende leader indiscusse in particolari settori, che dopo un breve periodo, per colpa di mancate innovazioni o decisioni errate, hanno lasciato il podio indiscusso alla nuova start up di turno.

La Olivetti non è ovviamente l’unica, la lista è lunga, pensiamo a Nokia, Kodak, Xerox, Yahoo, MySpace ecc…

Ma mentre la conoscenza di queste aziende negli Stati Uniti è confluita in altre big tech, creandone di nuove, l’italia purtroppo si è completamente fermata.

Si è fermata per molti motivi, spesso difficili e complessi da analizzare, non ultimo la visione miope del nostro stato sui temi di innovazione tecnologica e di sicurezza nazionale, dove solo in questo periodo su quest’ultimo tema si inizia ad intravedere qualcosa.

Concludo questo articolo con una bella frase presa da un libro di Piergiorgio Perotto:

“L’Italia è oggi un paese di innovatori disarmati che faticano ad emergere a causa dalla poca lungimiranza di un paese che predilige la logica dell’imitazione, con la propensione a voler essere un perenne follower”.

Immagine del sitoMassimiliano Brolli
Responsabile del RED Team e della Cyber Threat Intelligence di una grande azienda di Telecomunicazioni e dei laboratori di sicurezza informatica in ambito 4G/5G. Ha rivestito incarichi manageriali che vanno dal ICT Risk Management all’ingegneria del software alla docenza in master universitari.

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