Paolo Galdieri : 19 Settembre 2024 07:10
Art.3 , Legge n.75 del 1958 :E' punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire 100.000 a lire 4.000.000, salvo in ogni caso l'applicazione dell'art.210 del Codice penale:
1) chiunque, trascorso il termine indicato nell'art. 2, abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa;
2) chiunque, avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione;
3) chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze, o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione;
4) chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione;
5) chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità;
6) chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza al fine di esercitarvi la prostituzione, ovvero si intrometta per agevolarne la partenza;
7) chiunque esplichi un'attività in associazioni ed organizzazioni nazionali od estere dedite al reclutamento di persone da destinate alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni;
8)chiunque in qualsiasi modo favorisca o sfrutti la prostituzione altrui.
In tutti i casi previsti nel numero 3) del presente articolo, alle pene in essi comminate sarà aggiunta la perdita della licenza d'esercizio e potrà anche essere ordinata la chiusura definitiva dell'esercizio.
I delitti previsti dai numeri 4) e 5), se commessi da un cittadino in territorio estero, sono punibili in quanto le convenzioni internazionali lo prevedano.
In questi ultimi anni si sono celebrati numerosi processi dove si contestava, a seconda dei casi, il reato di sfruttamento o di favoreggiamento della prostituzione al gestore del sito che pubblicava inserzioni di prostitute ed , eventualmente, ai suoi collaboratori, agenti, fotografi, ecc.
Tali contestazioni, in assenza di una norma specifica, sono state rese possibili dalla genericità delle condotte di sfruttamento e, soprattutto, di favoreggiamento, previste dall’art. 3, numero 8, della Legge 75 del 1958.
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L’impostazione seguita dalle Procure e dagli organi giudicanti, di contestare e condannare per favoreggiamento della prostituzione online , è apparsa da subito discutibile per quei casi simili a quanto accade nei quotidiani cartacei, rispetto ai quali non si è mai tentato, e neanche pensato, di procedere.
In merito a tale problematica occorre in primo luogo chiarire che per contestare il delitto in parola occorre preliminarmente precisare cosa si intenda per prostituzione, in quanto, sebbene la stessa non sia vietata dal nostro ordinamento, viceversa vengono sanzionate penalmente il suo sfruttamento ed agevolazione.
Da questo punto di vista è sicuramente ipotizzabile un reato riconducibile all’attività di meretricio anche in rete, non essendo richiesta, per la sua sussistenza, la compresenza e, quindi, il congiungimento fisico. In particolare, in assenza di una nozione di prostituzione di tipo normativo, l’interpretazione giurisprudenziale non ha mai identificato la prostituzione con la congiunzione carnale, con qualsiasi modalità avvenga, ovvero con il compimento di atti di libidine dietro corrispettivo, bensì con quella molto più ampia di prestazione sessuale a pagamento. L’elemento caratterizzante l’atto di prostituzione, pertanto, non sarebbe necessariamente costituito dal contatto fisico tra i soggetti della prestazione, bensì dal fatto che un qualsiasi atto sessuale venga compiuto dietro pagamento di un corrispettivo e risulti finalizzato , in via diretta ed immediata , a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto o è destinatario della prestazione. Non è , infatti, mai stato messo in dubbio che l’attività di chi si prostituisce possa consistere anche nella esecuzione di atti sessuali di qualsiasi natura eseguiti su se stesso in presenza di chi ha chiesto la prestazione, pagando un corrispettivo e senza che intervenga alcun contatto fisico tra le parti.
Così precisata la nozione di prostituzione si palesa irrilevante il fatto che chi si prostituisce e il fruitore della prestazione si trovino in luoghi differenti, allorché gli stessi risultino collegati, tramite Internet, in videoconferenza, che consente all’utente della prestazione, non diversamente da quanto potrebbe verificarsi nell’ipotesi di contemporanea presenza nello stesso luogo, di interagire con chi si prostituisce, in modo da poter chiedere a questi il compimento di atti determinati,che vengono effettivamente eseguiti e immediatamente percepiti da colui che ordina la prestazione sessuale a pagamento.
Diverso è invece il caso in cui il sito non ospita la prestazione sessuale svolta a distanza, ma semplicemente l’inserzione della prostituta, che attraverso il web si pubblicizza al fine di svolgere la sua attività in un momento successivo ed attraverso modalità tradizionali.
Fino a poco tempo fa il gestore del sito, e coloro che avevano contribuito al suo allestimento (webmaster, agenti, fotografi, ecc.) venivano chiamati a rispondere di sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione, benché tale condotta fosse diversa da quella realizzata in favore della prostituzione virtuale in senso proprio e sebbene analogo trattamento non fosse riservato ai quotidiani cartacei che ospitano le inserzioni delle prostitute.
L’irragionevolezza di tale disparità di trattamento è stata negli anni da più parti evidenziata ed oggi, finalmente, pare aver imposto alla giurisprudenza una riflessione, che dovrebbe portare a decisioni più coerenti e rispondenti a criteri di equità.
Si è, infatti, di recente affermato che la pubblicazione di inserzioni pubblicitarie sui siti web, al pari di quella sui tradizionali organi di informazione a mezzo stampa, deve essere considerata come un normale servizio in favore della persona, e quindi della prostituta, piuttosto che della prostituzione. Tale giudizio è stato confermato successivamente, precisandosi come il reato di favoreggiamento risulti invece integrato quando alla mera pubblicazione degli annunci e del materiale messo a disposizione dalla persona interessata si aggiunga una cooperazione tra soggetto e prostituta, concreta e dettagliata, al fine di allestire la pubblicità della stessa, evidentemente per rendere più allettante l’offerta e per facilitare l’approccio con il maggior numero di clienti; cooperazione esplicantesi nell’organizzare servizi fotografici nuovi, sottoponendo le donne a pose erotiche, ponendo in essere una collaborazione organizzativa al fine di realizzare il contatto prostituta-cliente. In altre parole allo stato attuale il discrimine fra lecito ed illecito si individua nel passaggio da una prestazione di servizi “ordinari” a quella che potremmo definire come la prestazione di un supporto aggiuntivo e personalizzato . Sebbene la strada intrapresa sia quella corretta, tuttavia, continua a registrarsi un orientamento “colpevolista” da parte dei giudici di merito che lascia intendere la necessità di un intervento del legislatore al fine di dirimere dubbi ed evitare il protrarsi di decisioni inique.
Il discrimine fra lecito ed illecito si individua nel passaggio da una prestazione di servizi “ordinari”a quella che potremmo definire come la prestazione di un supporto aggiuntivo e personalizzato (Cass., Sez.III, sent. n.20384/13).
Il reato di favoreggiamento risulta integrato quando alla mera pubblicazione degli annunci e del materiale messo a disposizione dalla persona interessata si aggiunge una cooperazione tra soggetto e prostituta, concreta e dettagliata, al fine di allestire la pubblicità della stessa, evidentemente per rendere più allettante l’offerta e per facilitare l’approccio con il maggior numero di clienti; cooperazione esplicantesi nell’organizzare servizi fotografici nuovi, sottoponendo le donne a pose erotiche, ponendo in essere una collaborazione organizzativa al fine di realizzare il contatto prostituta-cliente (Cass., Sez.III, sent. n.443/12) .
La pubblicazione di inserzioni pubblicitarie sui siti web, al pari di quella sui tradizionali organi di informazione a mezzo stampa, deve essere considerata come un normale servizio in favore della persona, e quindi della prostituta, piuttosto che della prostituzione (Cass., Sez.III, sent.n. 26343/09).
Il soggetto che allestisce un sito attraverso il quale si eseguono direttamente ed in modo virtuale prestazioni sessuali on line dietro corrispettivo risponde di sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione (Cass., Sez.III, sent. n.346/06; Cass., Sez.III, sent.n.25464/04).
Per sfruttamento deve intendersi l’approfittamento dei proventi ottenuti dall’attività di prostituzione altrui (Cass., Sez.III, sent. n.19644/03) .
Affinché si possa configurare favoreggiamento è necessario un oggettivo aiuto all’esercizio del meretricio in quanto tale (Cass. , Sez. III, sent. n.8345/2000).
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