
Autore: Stefano Gazzella
Sia chiaro: l’idea che “far qualche carta” risolva problemi di gestione e, soprattutto, possa rendere immuni ad eventuali sanzioni o responsabilità non appartiene solamente all’ambito della protezione dei dati personali.
Ma l’approccio diffuso come worst practice della paper compliance ha investito molte organizzazioni post-GDPR, soprattutto per effetto della mancanza di indirizzi chiari da parte dell’autorità di controllo e del legislatore. Basti ricordare infatti che il d.lgs. 101/2018 armonizza il Codice Privacy dopo il fatidico 25 maggio 2018 in cui il Regolamento è diventato applicabile pur essendo entrato in vigore ben due anni prima.
Christmas Sale -40% 𝗖𝗵𝗿𝗶𝘀𝘁𝗺𝗮𝘀 𝗦𝗮𝗹𝗲! Sconto del 𝟰𝟬% 𝘀𝘂𝗹 𝗽𝗿𝗲𝘇𝘇𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗽𝗲𝗿𝘁𝗶𝗻𝗮 del Corso "Dark Web & Cyber Threat Intelligence" in modalità E-Learning sulla nostra Academy!🚀
Fino al 𝟯𝟭 𝗱𝗶 𝗗𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲, prezzi pazzi alla Red Hot Cyber Academy. 𝗧𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗰𝗼𝗿𝘀𝗶 𝘀𝗰𝗼𝗻𝘁𝗮𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝟰𝟬% 𝘀𝘂𝗹 𝗽𝗿𝗲𝘇𝘇𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗽𝗲𝗿𝘁𝗶𝗻𝗮.
Per beneficiare della promo sconto Christmas Sale, scrivici ad [email protected] o contattaci su Whatsapp al numero di telefono: 379 163 8765.
Se ti piacciono le novità e gli articoli riportati su di Red Hot Cyber, iscriviti immediatamente alla newsletter settimanale per non perdere nessun articolo. La newsletter generalmente viene inviata ai nostri lettori ad inizio settimana, indicativamente di lunedì. |
E dunque gli atteggiamenti predatori da parte di chi in modo assolutamente spregiudicato ha voluto scommettere su un’inerzia sanzionatoria, spiace dirlo, hanno portato beneficio a pochi soggetti provocando un danno sostanzialmente irreparabile e di cui stiamo tutt’ora scontando gli effetti.
Basti pensare al dumping interno sulle professioni riguardanti la privacy, generato da chi ha accumulato centinaia di incarichi di DPO o consulenze fornendo un modello organizzativo precompilato del tipo “one size fits all” che è bene lasciare all’iconica canzone dei Rammstein piuttosto che ad un sistema di gestione.
L’impatto non si è fermato certamente ai soli professionisti, beninteso, ma ha comportato danni diretti sia a livello di cultura – tant’è che nella vulgata raramente viene riconosciuto un valore ai dati personali – e su quelle tutele e garanzie che il GDPR provvede ad assicurare a protezione degli interessati.
La distorsione del principio di accountability, che consiste in una responsabilizzazione tramite predisposizione di misure adeguate e rendicontazione delle scelte in ordine agli adempimenti svolti, è avvenuta proprio tramite quella paper compliance, che segue invece una logica contraria.
Non si dichiara ciò che si fa e conseguentemente vengono valutati miglioramenti o correttivi facendo riferimento ai criteri indicati dalla norma, ma si va a prendere la norma e declinarla in un compitino scritto.
Ciò che manca – in modo parziale o totale – è il riscontro rispetto a ciò che viene svolto, con buona pace di una dimensione sostanziale che bada all’efficace attuazione della norma. Insomma: tutto giace sulla carta. Spesso in modo statico e senza attività di controllo e correzione.
Fino a quando e fino a che punto si è abusato di questa paper compliance? Sicuramente, se ne abusa tutt’ora. Ma negli ultimi anni il Garante Privacy ha dimostrato con le proprie istruttorie una profondità d’azione tale per cui “fare le carte” non può garantire alcunché. Di sicuro, fintanto che le sanzioni – amministrative pecuniarie ma anche riguardanti il blocco o la limitazione dei trattamenti – non avranno l’effetto di ritrasferire quel rischio indebitamente “scaricato” dai titolari sugli interessati limitandone diritti e garanzie, si può sperare solo nella diffusione di una migliore cultura di protezione dei dati personali con un aumento della domanda di servizi GDPR compliant non solo su carta.
Seguici su Google News, LinkedIn, Facebook e Instagram per ricevere aggiornamenti quotidiani sulla sicurezza informatica. Scrivici se desideri segnalarci notizie, approfondimenti o contributi da pubblicare.


Quando si pensa ad Amazon, viene subito in mente il colosso dell’e-commerce e della tecnologia, ma anche un’impresa che sta combattendo una battaglia silenziosa contro i cyber-attacchi. Ultimamente, Amazon ha alzato il velo su una…

Un nuovo e formidabile nemico è emerso nel panorama delle minacce informatiche: Kimwolf, una temibile botnet DDoS, sta avendo un impatto devastante sui dispositivi a livello mondiale. Le conseguenze di questa minaccia possono essere estremamente…

Ecco! Il 20 dicembre 1990, qualcosa di epocale successe al CERN di Ginevra. Tim Berners-Lee, un genio dell’informatica britannico, diede vita al primo sito web della storia. Si tratta di info.cern.ch, creato con l’obiettivo di…

Una giuria federale del Distretto del Nebraska ha incriminato complessivamente 54 persone accusate di aver preso parte a una vasta operazione criminale basata sull’uso di malware per sottrarre milioni di dollari dagli sportelli automatici statunitensi.…

Curtis Yarvin non è un hacker, non è un criminale informatico e non è nemmeno, in senso stretto, un esperto di cybersecurity. Eppure il suo pensiero dovrebbe interessare molto più di quanto faccia oggi chi…