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L’italia esulta per la Grassellino e la Longobardi. Ma in Italia chi rimane?

Redazione RHC : 29 Luglio 2021 08:08

L’Italia festeggia nuovamente un nuovo scienziato italiano che all’estero sta rivoluzionando la tecnologia dei microchip.

Si tratta dell’Italiana Giorgia Longobardi, che dopo gli studi alla Federico II di Napoli, si sposta all’Università di Cambridge nel 2016, per diventare la co-fondatrice e CEO di Cambridge GaN Devices (CGD), uno spin-off dell’università di Cambridge, per costruire il transistor più efficiente e facile da usare di sempre, basato sul nitruro di gallio (GaN), il semiconduttore del futuro.

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Ma gli Italiani, perché festeggiano una nuova Italiana che va via dalla propria terra perché non è riuscita a portare avanti le sue idee? Cosa c’è da festeggiare?

Per una questione di patriottismo?

Perché l’Italia nel mondo è un simbolo di riconoscimento?

Perché una italiana che è riuscita a fare quello che in Italia sarebbe stato impossibile è un grande successo?

Ma bisognerebbe essere più realisti e dire perché in Italia (come diceva il grande Piergiorgio Perotto della Olivetti, l’inventore del Programma 1010): ci sono

“innovatori disarmati che faticano ad emergere a causa dalla poca lungimiranza di un paese che predilige la logica dell’imitazione, con la propensione a voler essere un perenne follower”.

A mio avviso occorrerebbe disperarsi per questo.

Perché siamo un paese che non offre ai giovani con le menti migliori delle valide opportunità per esprimersi al meglio e poter emergere, pertanto sono costretti ad andare via dalla propria terra in quanto qui, non c’è futuro.

Il nostro paese, in questo storico periodo, sta perdendo sempre più linfa vitale per affrontare le nuove sfide nel complesso panorama geopolitico internazionale, a causa di una carente propensione della politica verso la cultura della ricerca scientifica e digitale, mancando di investimenti strutturali che non consentono di elevare il nostro paese a un livello internazionale di competitività e regalando le menti più geniali ad altri paesi.

L’information technology, ad esempio, ci porta ad essere spettatori inermi in un panorama sempre più cyber-politicizzato. Nello specifico, acquistiamo tecnologia in quanto non siamo più capaci a produrla, indeboliti da alleanze strategiche e dipendenze, costretti a dover dire sì, senza mai proporre qualcosa.

Sarebbe essenziale, cominciarsi a fare un analisi introspettiva per comprendere realmente cosa non va in questo paese per poi partire dalle scuole, fino ad arrivare alle università con un cambiamento, per creare linfa vitale fatta di idee e di innovazioni di cui abbiamo tanto bisogno.

I veri talenti sono mosche bianche che sempre più spesso vanno via dalla nostra terra, in cerca di nuove opportunità in quanto il nostro paese non offre prospettive migliori capaci di donare Hub, dove gli innovatori, gli hacker e gli scienziati possano mettere a frutto le loro idee.

Dobbiamo iniziare a creare un fermento innovatore, una “scintilla”, un seme di interesse per l’innovazione tecnico/specialistica che permetta alle università di formare talenti, con una visione del futuro prospettica, fatta di idee creative capaci di innovare con etica diventando così parte attiva per il paese e nel panorama internazionale.

Siamo carenti di innovatori, di tecnici, di ricercatori, di visionari, ma purtroppo siamo pieni di persone che dicono quello che occorrerebbe fare, lasciando fare agli altri.

Un esercito di colonnelli non può vincere una guerra senza soldati e noi abbiamo bisogno di soldati, di soldati del nuovo millennio che sappiano hackerare il nostro futuro.

Ricordiamoci che l’articolo 9 della nostra Costituzione recita che “la Repubblica promuove lo sviluppo e la ricerca scientifica e tecnica”.

Quindi, non esultate delle menti geniali degli italiani che regaliamo ad altri paesi.

Piuttosto pensiamo a come uscire fuori da questa situazione che negli anni ci ha portati al palo, senza più domandarci dove è che abbiamo sbagliato e dove stiamo sbagliando.

Redazione
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