Roberto Villani : 14 Maggio 2025 07:13
Scrivevo un paio di anni fa su queste pagine di come taluni paesi europei e non, avessero forze fresche e giovani da impiegare nel settore dell’informatica. La nostra crisi demografica è sotto gli occhi di tutti – solo i politici sognatori ancora non riescono a comprenderlo – e questo in un’ottica a lungo termine sarà certamente un problema.
Ancor di più lo sarà se non riusciremo a recuperare il gap con quei paesi vicini che hanno investito molto nella cybersecurity e nei giovani frequentatori delle scuole, delle università per la formazione sempre continua del settore. Ho visto però un barlume di speranza nell’ultima conferenza di Red Hot Cyber, in quanto presente e testimone diretto. La nutrita presenza di ragazzi, di scolaresche e di giovani, mi ha colpito molto.
Ho notato nella giornata di giovedì, una massiccia presenza di ragazzi che curiosavano, chiedevano, si informavano chiedendo allo staff di RHC dettagli, news o quanto altro di utile riguardo la cybersicurezza.
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La presenza di Flavia Rizza, con l’esperienza diretta sulla sua pelle, del pericolo del cyberbullismo ha acceso in questi ragazzi quella fiamma della conoscenza che spesso non riescono a far accendere tra le mura di casa. Ogni tanto venivo “placcato” da qualche ragazzo che mi chiedeva di Corrado Giustozzi, profeta in tempi non sospetti del progresso del settore cyber quando ancora in Italia non se ne parlava, per potersi confrontare con lui; i più grandicelli volevano notizie sulla cyber intelligence e come poter dare una mano alle FFOO che anche quest’anno non sono mancate alla conferenza, con la presenza del direttore della Polizia Postale Ivano Gabrielli, ed una rappresentanza della Guardia di Finanza.
Ho notato interesse anche nei temi legati alla parte giuridica, perché le parole del consigliere Giuseppe Corasaniti e dell’avvocato Paolo Galdieri hanno illuminato la giovane platea, spesso accecata dalle cronache TV riguardo i reati informatici, regalando ai giovani presenti nuove e precise informazioni, su cui studiare o per spunti di riflessione e confronto.
Non sono mancati commenti o richieste riguardo il nostro gruppo di hacker etici, Hackerhood, ed anche in questo caso, ogni domanda che mi veniva rivolta riguardo Hackerhood era per me una gioia, perché notavo negli occhi dei ragazzi, quella luce di conoscenza e desiderio di far parte del gruppo, ed io non mi sono risparmiato a far conoscere gli esponenti del gruppo di Hackerhood, presenti alla conferenza.
Ho avuto il piacere di conoscere genitori che hanno accompagnato i figli alla conferenza e vedere l’entusiasmo per la cybersecurity dei giovani essere contagioso per i padri, e scoprire con mia sorpresa come questi ragazzi siano già impiegati presso aziende che ne hanno compreso le potenzialità.
Sono stato testimone di racconti di giovani che avvicinati dalle aziende presenti alla conferenza per offrir loro un impiego, mi abbiano riferito dettagli e domande riguardo il reclutamento e le modalità dell’offerta, cui hanno detto immediatamente sì, perché consci delle loro possibilità e di quanto l’azienda chiedeva.
Questa mia quarta esperienza nella conferenza di RHC, sempre fatta da dilettante del settore quale io sono e vedendo quanto scrissi anni fa, riguardo la mancanza di risorse nuove e preparate nella cybersicurezza nel nostro paese, e di come forse – ed oggi ne sono più convinto – non potevamo reggere il confronto con gli altri paesi, mi ha convinto che così male proprio no stiamo. Anzi.
Si può ben dire che resistiamo – è sempre il mantra della nostra società la resistenza – che possiamo confrontarci con molti paesi che sono all’avanguardia nel settore e la vittoria della CTF da parte di un gruppo eterogeneo di ragazzi provenienti da diverse parti d’Italia e del mondo lo dimostra. Si può ben dire che di specialisti della cybersecurity l’Italia ne sta generando diversi e senza sosta – anche se dispiace notare ancora un gap tra uomini e donne nel settore ,segnale che forse ancora non riusciamo a diffondere bene alle donne, le potenzialità della specializzazione – che siamo passati dall’essere scimpanzé (come l’Italia cyber veniva definita qualche anno fa) ad un ruolo più attivo e centrale nel contesto europeo e mondiale. La forza delle aziende leader italiane è riconosciuta in tutto il mondo. I
l costante aumento degli attacchi cyber verso le nostre infrastrutture sia civili che non, dimostra quanto spaventa la nostra crescita. Le ingerenze degli Stati ostili e non verso la nostra politica rea di voler aumentare l’educazione cyber, sono in corso senza soste. Tutti segnali che ci indicano che stiamo sulla strada giusta e come sempre resistiamo, perché è nel nostro DNA ed anche in quello di Red Hot Cyber.
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