Redazione RHC : 16 Ottobre 2024 17:36
L’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando rapidamente il mondo del lavoro, con applicazioni che spaziano dal reclutamento alla gestione delle prestazioni dei dipendenti. Tuttavia, non tutti gli usi dell’IA sono considerati eticamente accettabili. In risposta a preoccupazioni crescenti, l’Unione Europea ha introdotto il Regolamento Europeo sull’Intelligenza Artificiale del 13 giugno 2024, imponendo severi limiti su pratiche considerate pericolose o contrarie ai diritti fondamentali dei lavoratori.
A partire dal 2 febbraio 2025, l’articolo 5 del regolamento entrerà in vigore, stabilendo divieti su determinate pratiche di IA che mirano a tutelare la dignità umana, la privacy e a prevenire discriminazioni. Ecco le quattro aree principali in cui l’UE ha detto “no” alle tecnologie di IA.
Uno dei divieti più significativi riguarda l’uso di tecniche subliminali per manipolare i dipendenti. Questi sistemi, progettati per influenzare il comportamento delle persone senza che se ne accorgano, possono alterare le decisioni dei lavoratori attraverso messaggi nascosti in ambienti virtuali o interfacce uomo-macchina.
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L’obiettivo è manipolare le scelte in modi che i dipendenti non farebbero consapevolmente, portando a conseguenze psicologiche negative, come lo stress, o economiche, come l’accettazione di condizioni contrattuali sfavorevoli. L’UE ha deciso di bloccare queste pratiche per proteggere la libertà di scelta e la salute mentale dei lavoratori.
Un altro punto chiave del regolamento è il divieto di sfruttare le vulnerabilità sociali ed economiche dei dipendenti tramite IA. Alcuni sistemi sono progettati per prendere di mira lavoratori in condizioni di difficoltà, come minoranze etniche o persone in situazioni economiche precarie.
L’uso di IA in questi casi può influenzare negativamente la capacità dei dipendenti di negoziare condizioni di lavoro eque, spingendoli ad accettare mansioni mal retribuite o insicure. Questa pratica, anche se a volte non intenzionale, viene vista come un abuso delle disuguaglianze sociali e viola i principi di giustizia ed equità. L’UE, attraverso questo divieto, punta a garantire pari opportunità per tutti i lavoratori, indipendentemente dalle loro circostanze.
Le tecnologie di IA che analizzano le emozioni dei lavoratori in base a dati biometrici o espressioni facciali sono un’altra area vietata. Questi sistemi, che monitorano in tempo reale le reazioni emotive durante riunioni o attività lavorative, sono spesso utilizzati con l’intento di misurare l’impegno o lo stress dei dipendenti.
Tuttavia, l’analisi delle emozioni è vista come una grave intrusione nella privacy e può condurre a discriminazioni ingiustificate. L’UE ha vietato l’uso di queste tecnologie per evitare che i lavoratori vengano valutati su basi emotive che non riflettono la loro effettiva performance professionale.
L’ultimo grande divieto riguarda i sistemi di classificazione sociale. Queste tecnologie assegnano punteggi ai dipendenti in base al loro comportamento o alle loro interazioni sociali sul posto di lavoro. Ad esempio, un sistema potrebbe monitorare le interazioni tra colleghi per determinare un punteggio di “cooperazione” o “produttività”, influenzando le decisioni su promozioni o aumenti salariali.
Questo tipo di monitoraggio prolungato può portare a trattamenti ingiusti o discriminatori, compromettendo l’equità e la meritocrazia nelle decisioni aziendali. L’UE ha deciso di bloccare questi sistemi per garantire che i lavoratori siano giudicati solo in base alle loro competenze e risultati, non su criteri comportamentali soggettivi.
I divieti imposti dall’Unione Europea dimostrano un impegno forte e deciso a proteggere i diritti dei lavoratori nell’era digitale. Sebbene l’IA offra enormi potenzialità, è fondamentale che il suo uso non sacrifichi la dignità umana o i principi di equità.
I datori di lavoro dovranno rivedere le loro pratiche e conformarsi ai nuovi regolamenti entro il 2025, pena sanzioni severe. Questa svolta normativa segna un importante passo avanti verso un futuro lavorativo più equo, etico e rispettoso dei diritti fondamentali.
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