Redazione RHC : 20 Agosto 2024 13:34
Una grave crisi si sta preparando nel settore tecnologico iraniano. Secondo i recenti resoconti dei media statali del paese, fino all’80% delle aziende tecnologiche iraniane stanno prendendo in considerazione l’emigrazione. Questa tendenza allarmante illustra chiaramente l’impatto devastante della censura di Internet sulle imprese.
Secondo il capo dell’organizzazione iraniana delle TIC (tecnologie dell’informazione e della comunicazione), le continue restrizioni all’accesso a Internet stanno portando alla fuga di massa. Quella che inizialmente veniva percepita come una crisi individuale, ora colpisce intere aziende e start-up. Ciò rappresenta una seria minaccia per la stabilità economica dello Stato.
I principali social network come Instagram, Twitter, YouTube e Telegram, così come migliaia di altri siti web, sono ufficialmente vietati nel Paese. Tuttavia, nonostante i divieti, queste piattaforme rimangono estremamente popolari tra decine di milioni di utenti iraniani, che trovano vari modi per aggirare i blocchi.
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«Il cyberbullismo è una delle minacce più insidiose e silenziose che colpiscono i nostri ragazzi. Non si tratta di semplici "bravate online", ma di veri e propri atti di violenza digitale, capaci di lasciare ferite profonde e spesso irreversibili nell’animo delle vittime. Non possiamo più permetterci di chiudere gli occhi».
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Hessam Assadi, un importante rappresentante dell’industria tecnologica iraniana, propone di eliminare le restrizioni su sei servizi principali: Google Play, WhatsApp, Telegram, Instagram, YouTube e X. Ma quasi nessuno ascolterà il suo consiglio.
L’Iranian ICT Guild Organization sta cercando di rispondere alla situazione attuale. Una delle iniziative chiave è lo sviluppo del “Tariffario dei servizi tecnici specializzati in informatica”. Questo pacchetto ha lo scopo di creare meccanismi finanziari e normativi per sostenere le aziende tecnologiche. Tuttavia, l’efficacia della misura è ancora in dubbio, poiché necessita di un più ampio riconoscimento e sostegno da parte delle agenzie governative.
Un altro serio ostacolo per il business IT era il complesso processo di concessione delle licenze. Particolarmente difficile è ottenere una licenza AFTA (Amn-e Faza-ye Tabadol-e Etelaat, ovvero “Sicurezza dello spazio di scambio delle informazioni”). Questo documento, necessario per lavorare nel settore delle telecomunicazioni, viene rilasciato dalle autorità. Il processo è spesso lungo e richiede il passaggio di numerose procedure burocratiche.
Problemi relativi al cambio valuta, alla registrazione degli ordini e alla catena di approvvigionamento di materie prime e merci hanno interrotto le operazioni delle società di apparecchiature infrastrutturali. Questi fattori hanno ulteriormente esacerbato la crisi migratoria.
Le nuove leggi e le iniziative del governo non sono incoraggianti. Ad esempio, il ministro delle Comunicazioni Sattar Hashemi ha recentemente introdotto un programma che enfatizza lo sviluppo di una rete informativa nazionale. Ciò ha sollevato preoccupazioni tra gli attivisti per la libertà di Internet poiché l’approccio potrebbe portare a un maggiore controllo da parte del governo.
Il programma di Hashemi riflette la politica di internet complessiva del regime iraniano. Mira a stabilire la “sovranità nazionale” nel cyberspazio e a rafforzare il “potere informatico”. Il politico sostiene anche l’idea di chiudere Internet nei periodi di tensione politica.
Mentre l’industria tecnologica iraniana è alle prese con una crisi esistenziale, la necessità di un approccio equilibrato che tenga conto sia delle preoccupazioni economiche che dei diritti digitali dei cittadini sta diventando sempre più urgente. L’emigrazione di massa delle aziende tecnologiche non solo minaccia il futuro economico dell’Iran, ma mette anche in discussione la sostenibilità a lungo termine delle sue attuali politiche su Internet.
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