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Professionisti sempre più social ma spesso poco attenti alla sicurezza.

Stefano Gazzella : 23 Gennaio 2023 07:17

Fino a che punto la febbre del personal branding può danneggiare un professionista? Senz’altro, se nel divulgare i particolari della propria attività dimentica alcune cautele di elementari di sicurezza cyber, le conseguenze possono essere disastrose. E in alcuni casi estremi, diventare addirittura un data breach.

Alcuni comportamenti poco sicuri che spesso si vedono all’interno dei social network consistono proprio in un’eccessiva diffusione di informazioni riguardanti la propria attività professionale, che arriva fino al punto estremo di condividere la propria agenda.

Volendo escludere però questo estremo patologico dal punto di vista dell’information security e chiaro sintomo di sciatteria deontologica in quanto in aperta violazione della tutela della confidenzialità delle informazioni riguardanti i propri clienti, esistono e sono diffusi alcuni comportamenti poco sicuri.

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    I principali cui è possibile assistere consistono nel diffondere dettagli e particolari riguardanti gli impegni, che pur preservando l’anonimato dei clienti possono fornire molte opportunità a chi ha intenzione di condurre degli attacchi mirati fondati su metodi di ingegneria sociale.

    È bene ricordare che l’accuratezza di attacchi di questo tipo e la capacità di andare a buon fine dipendono dall’ammontare di informazioni disponibili all’attaccante. E se le fornisce già spontaneamente ed in modo inconsapevole la vittima, l’attaccante può giovarsene o per ottenerne di ulteriori o per realizzare i propri intenti.

    Un incauto professionista potrebbe infatti esporre delle informazioni dalle quali è possibile dedurre non solo il suo essere fuori sede ma anche i suoi spostamenti dal punto di vista delle tempistiche e dei mezzi impiegati. Alcuni esempi spaziano dalla foto del biglietto al tabellone delle partenze, includendo anche il tragitto o anche una più generica indicazione della destinazione. In tutti questi casi un abile cybercriminale potrebbe giovarsi di una leva molto importante inviando una mail di phishing con l’avviso di uno sciopero dei trasporti, così da indurre ad aprire un allegato o un link malevolo o il professionista o chi è rimasto presso la sede.

    Se poi vengono diffusi anche ulteriori dettagli da cui è possibile desumere la natura dell’impegno, la possibilità di cadere vittima di una truffa aumenta esponenzialmente. Nel peggiore dei casi, estendendo la lista delle potenziali vittime ai clienti o ad altri professionisti e aprire le porte a degli episodi di data breach.

    Quali cautele è bene adottare dunque? Innanzitutto, bisogna avere consapevolezza del valore delle informazioni, nonché della possibilità di essere vittime di attacchi human-based. Solo in questo modo è possibile per il professionista avere contezza dei rischi ed essere in grado di adottare comportamenti prudenti nel perseguire legittimi obiettivi di personal branding. Anche perché, se si è approssimativi nel curare la propria sicurezza si espone la propria attività a pericoli e si realizza un danno per la propria reputazione come professionista.

    Stefano Gazzella
    Privacy Officer e Data Protection Officer, specializzato in advisoring legale per la compliance dei processi in ambito ICT Law. Formatore e trainer per la data protection e la gestione della sicurezza delle informazioni nelle organizzazioni, pone attenzione alle tematiche relative all’ingegneria sociale. Giornalista pubblicista, fa divulgazione su temi collegati a diritti di quarta generazione, nuove tecnologie e sicurezza delle informazioni.

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