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Riflessioni su un attacco informatico italiano. Impariamo dagli altri per non fare gli stessi errori

Roberto Villani : 19 Novembre 2021 17:18

Autore: Roberto Villani
Data Pubblicazione: 19/11/2021

“Sono devastato, è come se mi avessero sparato” più o meno sono queste le parole che Luciano Della Toffola ha pronunciato dopo l’attacco informatico portato alla sua azienda, la Della Toffola S.p.a di Treviso.


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Inizio con le parole del signor Luciano Della Toffola perché sono parole che non volevamo sentire, ma purtroppo dovremmo ancora ascoltare, perché la maggior parte delle PMI non ha la benché minima idea di cosa significhi mettere in sicurezza i dati aziendali e proteggerli dagli attacchi informatici.

Questa nuova forma di delinquenza criminale non è limitata solo ai grandi server governativi o allo spionaggio industriale, ma colpisce tutti, lo abbiamo sempre detto. Avere consapevolezza della cyber-security è un processo aziendale che non può più essere sottovalutato. Non si può credere che siccome non ci sono documenti importanti i cyber criminali non siano interessati.

Tutt’altro. La formula ricattatoria è sempre la stessa, sempre uguale e spesso il reato pur se perseguito, non avendo causato o generato danni maggiori come la morte, viene valutato come una semplice frode o truffa nelle aule dei tribunali. La pena detentiva prevista dalla norma italiana – l’art.615-ter – va da uno a cinque anni, la lettura completa dell’articolo poi prevede, in quelle solite formule burocratico giudiziarie tipiche del nostro paese, che se il danno è arrecato ai sistemi, allora si possa procedere d’ufficio, in caso diverso è lo stesso danneggiato potrà presentare querela per quanto avvenuto.

E secondo voi in un paese che non ha consapevolezza cibernetica e sta mettendo in sicurezza le sue reti solo dopo casi clamorosi di attacco informatico, quanto ne potranno sapere gli inquirenti della materia?

Siamo fiduciosi perché conosciamo gli sforzi che la nostra Polizia Postale effettua, se pur con strumenti limitati dalle leggi, per non parlare poi del Nucleo Informatico della GdF che deve muoversi inseguendo la cyber-criminalità nel settore dell’economia, dove molte norme rendono le investigazioni ancora più difficoltose.

Siamo meno fiduciosi che questa ondata di cyber-attacchi finisca presto, ma questo chi segue le pagine di RHC lo aveva già intuito da tempo.

Purtroppo abbiamo già detto altre volte come siamo in ritardo su ogni fronte della sicurezza informatica aziendale e governativa. Sistemi obsoleti facilmente attaccabili anche dai ragazzi delle scuole superiori di un qualsiasi liceo, sono ancora parte logistica di molti enti locali – un recente attacco al comune di Torino è stato portato a segno sfruttando un PC della Polizia Locale – per non parlare poi della mancanza di omogeneità nella formazione dei dipendenti, chiaramente fatta male.

Ricordiamoci che il famigerato attacco alla regione Lazio è stato svolto da un PC di un dipendete che stava in smart-working, cosa che ha fatto tremare le istituzioni per qualche settimana, evocando l’attacco terroristico!

Ci rivolgiamo quindi alle PMI italiane, iniziate a pensare preventivamente ad una solida difesa dei sistemi, non limitatevi al solito antivirus, magari installato senza aggiornamento. Non limitatevi a cambiare le password perché avete notato che quella dei vostri sistemi è 123456!!

Adottate misure più incisive per la vostra cyber security, aggiornate i sistemi, le procedure di controllo, il personale che usa i sistemi e quello con cui avete relazioni esterne, predisponete delle sessioni di confronto con i vostri dipendenti sui temi della cyber security tenendoli aggiornati, stimolandoli all’informazione costante, osservando criteri di sicurezza aziendale che possano mettere al riparo ogni vostra informazione custodita nei vostri sistemi e nelle persone, insoma se non lo avete fatto, avviate un programma cyber!

E non crediate che alcuni settori siano attaccati maggiormente rispetto ad altri, perché il caso dell’attacco alla SIAE lo dimostra.

Abbiamo sempre detto e scritto su queste pagine, che bisogna pensare ad un cambio di paradigma in relazione alla cyber security, e lo confermiamo. Perché come gruppo di appassionati, esperti e tecnici del settore, non vogliamo più leggere parole come quelle pronunciate da Luciano Della, a cui va da parte nostra tutta la nostra solidarietà e l’augurio di una ripresa veloce della sua azienda.

Il problema è che queste parole, non vorremmo sentirle più.

Roberto Villani
Dilettante nel cyberspazio, perenne studente di scienze politiche, sperava di conoscere Stanley Kubrick per farsi aiutare a fotografare dove sorge il sole. Risk analysis, Intelligence e Diritto Penale sono la sua colazione da 30 anni.

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