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‘TU VALI, non sei mai troppo giovane per cambiare il mondo’: la visione di Nicola Bellotti

‘TU VALI, non sei mai troppo giovane per cambiare il mondo’: la visione di Nicola Bellotti

Olivia Terragni : 28 Ottobre 2025 13:12

Spesso cerchiamo di spiegare il mondo ibrido, simultaneo e contraddittorio in cui i giovani vivono in connessione perpetua, ma la verità è che come adulti facciamo davvero fatica a capirlo. Ci chiediamo spesso come proteggerli, meno come equipaggiarli.

In poche parole parliamo di empowerment, quel processo di potenziamento che li rende capaci di agire in modo autonomo e responsabile, anche nel mondo digitale non lineare che poi è quello in cui trascorrono la maggior parte della loro vita, tra un ‘io online’ e un ‘io offline’. Si tratta non solo di fornire loro competenze tecnologiche, ma soprattutto far sviluppare consapevolezza critica, capacità di partecipare attivamente e resilienza, per essere in grado di gestire situazioni complesse, prendere decisioni informate e contribuire positivamente alla società. 

Poi soffermiamoci un attimo sulla parola ‘complessità’: spesso chi sostiene che alcune cose siano troppo complicate da capire è chi preferisce che tutto rimanga così, senza essere messo in discussione, perché spesso le cose sembrano a volte progettate per non essere capite, in breve un meccanismo di potere, un campo di battaglia informativo nel quale i giovani navigano, un cyberspazio progettato per attirare la loro attenzione. In realtà, i giovani sono assolutamente in grado di imparare a distinguere il segnale dal rumore,.


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Così in un mondo costruito sulla disinformazione, i giovani iper-connessi tuttavia soli, pionieri di un territorio inesplorato in continua sperimentazione, non amano la guerra né aspirano a ruoli eroici, si interessano a temi come i cambiamenti climatici, i diritti sociali e la sostenibilità, ma ancora sentono di contare poco, tuttavia sono loro a dominare le nuove tecnologie, con una creatività che è forse la loro più grande innovazione. Poi un giorno arriva Nicola Bellotti e a grandi lettere gli fa sapere che: ‘TU VALI’, la tua voce conta, le tue prospettive valgono, le tue scelte hanno un peso, ti attendono grandi cose. Quindi abbiamo deciso di raccontare questa nuova avventura.

IN BREVE:

  • Intervista a Nicola Bellotti: i giovani? Protagonisti del cambiamento
  • Il cuore del problema: identitá, relazione e rischi 
  • Meccanismi e sistemi: dalla tecnologia alla norma
  • Soluzioni e prospettive: educare, preparare e ispirare 
  • La visione

Intervista a Nicola Bellotti: i giovani? Protagonisti del cambiamento

Nicola Bellotti intervista Red Hot Cyber

Nicola Bellotti, è un imprenditore con un background multidisciplinare: pioniere nel digital marketing, è uno specialista nel settore digitale, sviluppa strategie di comunicazione per aziende, marchi e personaggi pubblici, concentrandosi sulla costruzione della loro reputazione. Laureatosi in giurisprudenza Nicola già negli anni ‘90 si è dedicato allo sviluppo dei primi siti web informativi fondando poi Blacklemon, una delle prime agenzie italiane specializzate in digital marketing, dove oggi si occupa principalmente di strategie di comunicazione, reputazione del brand e consulenza politica.

Ricopre e ha ricoperto negli anni vari ruoli istituzionali tra cui la partecipazione al Consiglio Generale di Assolombarda e al Comitato Piccola Industria Confindustria, oltre a far parte del gruppo Media, Comunicazione e Entertainment di Assolombarda e del Consiglio di Confesercenti a Piacenza, collaborando anche nel 2002 con il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, contribuendo alla stesura del “Libro Bianco sull’Accessibilità” e del Decreto Ministeriale “PC per i giovani”. Attivo anche nel campo della sostenibilità nel 2021 ha cofondato NeaGea, una benefit corporation nata con Paolo Mazzoni per supportare le imprese nel perseguimento dell’innovazione strategica, con l’obiettivo di massimizzare il loro impatto positivo sull’ambiente, le persone e le comunità. In precedenza.

La sua attività imprenditoriale non si è limitata al digitale, ma ha toccato vari settori con un modello di “entra, innova e cedi”: nel 2012, ho fondato Melaggiusti, un’azienda specializzata nella riparazione di dispositivi Apple e Samsung, venduta a un fondo di investimento nel 2016, nel 2014 ha fondato Salus Naturalis, un’azienda produttrice di farmaci naturali, poi confluita in Toccasana e ceduta a un gruppo imprenditoriale nel 2018. Ha tenuto inoltre corsi su social media e inbound marketing per diverse istituzioni formative e collaborato con il Master in Comunicazione Internazionale all’Università di Milano (Madec) ed é anche un bravo scrittore: ha pubblicato due romanzi: I Custodi delle Rune (2007) e Mocambo (2024).

Nicola è anche un visionario con una grande fiducia nelle giovani generazioni, come portatrici di nuove idee, innovazione e cambiamento, tesi tra le necessità di migliorare la società e sviluppare competenze cruciali per il mondo del lavoro, in un mondo governato dal NO intrappolato anche da una burocrazia che intrappola le idee invece di liberarle. Qui nasce “la capacità tutta italiana di trasformare l’ostacolo in occasione, il limite in spinta” che lui conosce molto bene. Mentre Stati Uniti e Cina esercitano un grande potere sull’informazione e la disinformazione orchestrata da Russia e Cina si intensifica – tramite anche bot e falsi account sui social – l’Europa è rimasta in una posizione più passiva, quella di osservatore, rischiando oggi di divenire solo  un organo regolatore sempre piú isolato geopoliticamente.. Mentre Nicola ha deciso di alzarsi in piedi, investendo nella crescita di una generazione più consapevole delle proprie forze e identità, capace di riconoscere e contrastare disinformazione e manipolazioni digitali. Qui prende forma “Tu Vali”, un’iniziativa del tutto gratuita rivolta ai giovani, che si svolge su un primo ciclo di cinque incontri volto a sostenere e valorizzare i giovani, affinché diventino consapevoli delle proprie forze e capaci di incidere positivamente nel presente e futuro.

  1. Olivia / RHC: Grazie Nicola per aver accettato questa intervista. La tua carriera attraversa l’intera storia di internet, hai visto il digitale trasformarsi da una terra di frontiera per pionieri ad un ecosistema complesso che plasma la vita di tutti, specialmente dei giovani. Da qui nasce l’iniziativa ‘Tu Vali’: puoi raccontarci come si è sviluppata nel tempo e cosa i nativi digitali di oggi possano imparare dai “pionieri” della rete come te?

NICOLA: Non ho mai avuto un mentore nella mia vita professionale, e in molti momenti difficili ho sentito il desiderio profondo di potermi confrontare con qualcuno che avesse già superato certi ostacoli. È da questa mancanza che nasce la mia spinta principale: vorrei essere per i ragazzi un piccolo aiuto, un punto di riferimento, un incoraggiamento sincero.
Anche perché — diciamolo — i giovani sono una categoria bistrattata da millenni. Ti faccio un esempio: “La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, si burla dell’autorità, non ha alcun rispetto degli anziani. I bambini di oggi sono dei tiranni, non si alzano quando un vecchio entra in una stanza, rispondono male ai genitori. In una parola, sono cattivi”. Ti sembra attuale, vero? Eppure lo diceva Socrate, nel 470 a.C. Da sempre i giovani, in quanto incarnazione del futuro e del cambiamento, fanno paura. E la prima reazione del mondo adulto è spesso quella di contenerli, di ridurli al ruolo di semplici spettatori. Io, invece, vorrei aiutarli a scoprire qualcosa in più: sulle grandi opportunità che li attendono, ma soprattutto su loro stessi.

Il cuore del problema: identitá, relazione e rischi 

  1. Olivia / RHC: L’identità per molti giovani si trasforma spesso in un semplice like, compromettendo la sicurezza personale e la capacità di riconoscere il proprio potenziale.  D’altra parte, la perdita di embodiment rappresenta un problema fisico, mentale e culturale, che richiede un ripensamento nell’uso della tecnologia per aiutare i giovani a riappropriarsi del proprio corpo e del proprio potere. Quali strumenti e leve di empowerment ritieni possano essere efficacemente offerti ai giovani oggi?  

NICOLA: Credo che ogni generazione sviluppi i propri anticorpi in risposta alle sfide del tempo in cui vive. 

Ho una grande fiducia nel potenziale dei giovani: ciò che a noi adulti può sembrare una minaccia, per loro può diventare un’occasione per inventare qualcosa che ancora non esiste. Quando ero un ragazzino passavo troppo tempo davanti ai videogiochi e ai fumetti. Eppure, dai videogiochi è nata la mia passione per l’informatica applicata alla creatività, e dai fumetti la curiosità per culture lontane dalla mia. In sostanza, da ciò che preoccupava i miei genitori è germogliato il mestiere che oggi svolgo e l’azienda che ho costruito. Il tema della percezione di sé, durante l’adolescenza, è sempre stato cruciale. 

Ogni generazione si è confrontata con il bisogno di autodeterminarsi. Quello che oggi trovo particolarmente duro è il peso dei numeri dei social: like, visualizzazioni, follower. Ai miei tempi sapevo di non essere un adone, ma non avevo un contatore quotidiano che me lo ricordasse. Oggi i numeri possono diventare gabbie: offrono false conferme e spingono gli adolescenti — naturalmente in cerca di riconoscimento e appartenenza — a comportamenti di cui rischiano di pentirsi, pur di ottenere qualche like in più e sentirsi visti. Vorrei che gli incontri di “Tu, Vali” fossero una leva di empowerment, una pacca sulla spalla.

  1. Olivia / RHC: Cyberbullismo, hate speech, predatori e crimine online: quali sono gli strumenti che aiutano i genitori nel difficile compito di controllore dei propri figli?

NICOLA: È una domanda davvero complessa. Quando nasce un figlio, nessuno ti consegna un manuale di istruzioni. Cerchi di ispirarti alla tua esperienza di figlio, ti imponi di migliorare ciò che può essere migliorato, ti prepari con mille buone intenzioni e schemi mentali… e poi scopri che ogni figlio è diverso da come l’avevi immaginato. L’adolescenza arriva come un treno in corsa, e tu puoi solo cercare di fare del tuo meglio per restare in piedi. Parlando ogni giorno con tante persone, mi accorgo che quasi nessuno ha davvero chiara la complessità dei social e delle piattaforme digitali che oggi fanno parte della vita quotidiana dei nostri figli

Esercitare un controllo, senza conoscenza, è difficilissimo: si sbaglia quando si esagera con le restrizioni, ma si sbaglia anche quando si concede troppa libertà. Di fronte a fenomeni come cyberbullismo, hate speech, predatori digitali e criminalità online, serve innanzitutto più cultura. Bisogna conoscere, comprendere, approfondire. È l’unica vera arma che un genitore ha per accorgersi dei segnali che qualcosa non va, e intervenire prima che sia troppo tardi.

  1. Olivia / RHC: Tu affermi: ‘Sembra tutto casuale ma non lo è. Ogni video è scelto da un algoritmo che studia cosa ti piace, come reagisci, quanto resti a guardare … più resti più è difficile capire cosa è vero e cosa non lo è’. Puoi spiegare come funzionano questi algoritmi e quali effetti hanno sulla capacità dei giovani di riconoscere la verità e difendersi dalle manipolazioni digitali?

NICOLA: Partiamo da un dato fondamentale: oggi il controllo della maggior parte delle piattaforme in cui si svolge la comunicazione di massa è concentrato nelle mani di pochissime aziende, quasi tutte americane o cinesi. È estremamente difficile che altri soggetti possano, nel breve periodo, imporsi come alternative reali. All’interno di queste piattaforme (penso a Facebook, Instagram, TikTok, YouTube, LinkedIn) la disponibilità di enormi quantità di dati ha permesso di costruire profili estremamente precisi su ciascuno di noi: abitudini, interessi, paure, inclinazioni. E noi, comodamente, ci siamo lasciati profilare. Così, progressivamente, abbiamo delegato agli algoritmi un numero crescente di decisioni: dal suggerimento del prossimo film su Netflix, fino alla visione passiva di reel che scorrono per ore, sostituendo libri, giornali, perfino le chiacchiere al bar. 

Il problema è che questi algoritmi non solo semplificano le nostre scelte, ma rischiano di irrigidire i nostri pregiudizi. Ci mostrano sempre più spesso contenuti che confermano ciò che già pensiamo, dandoci l’illusione che il mondo la pensi come noi. Questo uccide il dialogo, la capacità di sintesi, il confronto politico autentico. 

I giovani, diversamente da noi, non hanno conosciuto un mondo “prima dei social”. Non sanno cosa significasse informarsi leggendo un giornale o ascoltando opinioni diverse. Oggi, praticamente nessuno sotto i 65 anni legge regolarmente un quotidiano. È un cambiamento epocale. Se i “boomer” spesso non distinguono una notizia vera da una falsa e la Generazione X si è polarizzata, la maggior parte dei giovani ha perso interesse per le idee. Non solo partecipano meno al dibattito pubblico, ma spesso non votano nemmeno più. 

Gli attivisti stessi, pur animati da passione, restano intrappolati nella stessa logica algoritmica: vedono solo ciò che conferma le loro convinzioni. Sono prigionieri di una bolla. Anche qui l’unica arma che hanno le persone contro le manipolazioni digitali è la conoscenza, la curiosità, l’approfondimento. Sono convinto che ogni adolescente, indipendentemente dal suo orientamento politico, debba per sua natura voler cambiare il mondo, mettere in discussione ciò che trova, desiderare il cambiamento con forza. Oggi, invece, vedo una generazione spesso remissiva, ipnotizzata, sfiduciata. Ma, nonostante tutto, continuo ad avere in loro molta più fiducia di quanta ne abbiano loro stessi.

Meccanismi e sistemi: dalla tecnologia alla norma

  1. Olivia / RHC: Mi piace questa tua osservazione: ‘la comunicazione è una cosa seria’… ‘chi capisce come funziona la comunicazione comincia a decidere davvero con la propria testa’. Parliamone.

NICOLA: La comunicazione ha avuto un ruolo decisivo nell’evoluzione dell’umanità rispetto a tutte le altre specie animali. Come ricordava Stephen Hawking, i più grandi traguardi della nostra civiltà sono stati raggiunti parlando. La tecnologia può amplificare questa capacità: può aiutarci a comunicare di più, a comprenderci meglio, a costruire ponti tra persone e culture diverse. Diventa però pericolosa quando si sostituisce al dialogo autentico tra esseri umani.
Studiare i meccanismi della comunicazione (pubblicitaria, politica, sociale o istituzionale) significa imparare a decifrare il mondo in cui viviamo. La comunicazione strategica ti abitua a pensare due o tre mosse avanti, come in una partita di scacchi. Ti allena a leggere una notizia e a ricostruire, a ritroso, le possibili mosse che hanno portato a quel risultato, entro uno scenario preciso e circoscritto.
In questo senso, la comunicazione è una chiave di lettura straordinaria: ti insegna a interpretare la realtà, a comprendere la geopolitica… che, in ultima analisi, è la trama di fondo su cui si muove tutto ciò che accade.

  1. Olivia / RHC: Parliamo di regolamentazione tecnologica: l’Europa cerca di mitigare rischi complessi… Proteggere si, ma bisogna anche permettere  lo sviluppo ad esempio quello delle imprese tecnologiche. Ne hai parlato in Trump chiama, Silicon Valley risponde e l’Europa resta a guardare.

NICOLA: Non vorrei essere frainteso, quindi premetto due cose.
La prima: sono un convinto europeista. Credo che l’amicizia costruita tra i popoli europei ci abbia garantito decenni di pace, prosperità e una cultura comune fondata su valori irrinunciabili.
La seconda: sono altrettanto convinto che i cambiamenti introdotti dall’Intelligenza Artificiale saranno più profondi e dirompenti di quelli generati dalla rivoluzione industriale tra il Settecento e l’Ottocento. Ci troviamo di fronte a una trasformazione epocale, e l’Europa, purtroppo, non è pronta ad affrontarla.

Nel campo del digitale, i decisori europei si sono dimostrati spesso impreparati, goffi, incapaci di prevedere le conseguenze pratiche delle proprie scelte. Le regole introdotte dall’Unione Europea finiscono troppo spesso per penalizzare chi agisce in modo trasparente (persone, aziende e professionisti) minandone la sostenibilità economica, mentre non riescono minimamente a contrastare chi opera nell’ombra, spesso dall’estero, in modo scorretto o manipolatorio.

Ci sono almeno quattro esempi lampanti:

  • la stretta sulla pubblicità politica online, dove le regole già esistevano ed erano applicate dai professionisti seri del settore;
  • la proposta di regolamento CSAR (Child Sexual Abuse Regulation), che rischia di trasformarsi in una sorta di “Grande Fratello” digitale, autorizzando il controllo di ogni foto che condividiamo su WhatsApp;
  • l’obbligo di verifica dell’età sui siti per adulti, che finirà per far chiudere le aziende più serie e favorire chi non ha mai rispettato le regole;
  • e infine il Digital Services Act, nato con buone intenzioni ma divenuto uno strumento burocratico complesso, più utile a frenare che a innovare.

Mentre Stati Uniti, Cina e India corrono, sperimentano e investono nel futuro, noi europei continuiamo a vietare, bloccare, normare, regolamentare… sacrificando sull’altare delle ideologie – e degli interessi elettorali – il futuro dei nostri giovani. Ed è proprio per questo che dovrebbero essere loro, i giovani, a salire sulle barricate.

  1. Olivia / RHC: Nel contesto normativo (Digital Services Act) vi è anche la proposta di richiesta di documenti per accedere alle piattaforme: per l’underground  questo rappresenta un punto debole nel sistema, più pericoloso di altre forme di vulnerabilità, perché un documento digitale è una chiave che può aprire molte porte.  Quali sono le tue osservazioni a riguardo? 

NICOLA: Come dicevo prima, i decisori di Bruxelles hanno spesso dimostrato di non saper prevedere l’ovvio. Da anni, chiunque lavori nel nostro settore mette in guardia le persone dal condividere con leggerezza i propri dati o documenti online. Eppure, oggi, ci si propone di introdurre sistemi che obbligherebbero gli utenti, anche solo per accedere a un sito per adulti, a fornire il proprio documento d’identità o a sottoporsi a una scansione del volto e della voce per verificare l’età. 

Tutto questo accade in un’epoca in cui, con strumenti come HeyGen, anche un ragazzino può creare in pochi minuti un avatar digitale capace di imitare perfettamente voce e sembianze di chiunque. I cosiddetti “deepfake” stanno diventando indistinguibili dal reale, e lo saranno completamente tra pochi mesi. È paradossale: mentre la tecnologia ci mette di fronte a un rischio sempre maggiore di manipolazione e furto d’identità, l’Europa propone soluzioni che aumentano la quantità di dati sensibili in circolazione, anziché proteggerli.

Soluzioni e prospettive: educare, preparare e ispirare 

  1. Olivia / RHC: I genitori svolgono sicuramente un ruolo cruciale, devono essere contemporaneamente controllori ed educatori ma al contempo bisogna costruire una rete di supporto –  educativa, tecnica e normativa – che possa davvero proteggere e responsabilizzare le nuove generazioni. Da dove si parte? 

NICOLA: Non sono un esperto di formazione e non pretendo di avere una soluzione. Mi limito a constatare che, purtroppo, la scuola italiana è un sistema obsoleto, autoreferenziale e profondamente infelice. Solo il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi dichiara di essere contento di andare a scuola, contro una media europea del 56%. È un dato drammatico

Secondo le ricerche di OMS e OCSE, al 90% delle ragazze e al 92% dei ragazzi di 15 anni la scuola non piace. Può sembrare un fatto scontato — “ai ragazzi non piace studiare” — ma in realtà questo è un problema tipicamente italiano. Gli studenti italiani soffrono di ansia più dei loro coetanei in altri Paesi con stili di vita simili. Il nostro sistema scolastico sembra progettato per i professori e per il personale amministrativo, non per chi dovrebbe esserne il vero protagonista: gli studenti. In altri contesti, di fronte a una crisi di tali proporzioni, si interverrebbe con urgenza. Io partirei da qui: da una riforma seria e profonda della scuola, che metta davvero il futuro dei nostri figli davanti a qualsiasi altra logica. Se riusciamo a trovare fondi per il riarmo, forse potremmo destinarne almeno una parte a un investimento più strategico e civile: quello sull’educazione.

  1. Olivia / RHC: Nicola, la tua esperienza spazia tra innovazione tecnologica, comunicazione e trasformazioni sociali. Quali competenze ritieni fondamentali perché i giovani di oggi possano diventare protagonisti consapevoli e attivi di questo cambiamento? E come possiamo prepararli al meglio per affrontare le sfide future?

NICOLA: La chiave di tutto è la curiosità. Stiamo vivendo un cambiamento radicale nel modo di lavorare: intelligenza artificiale, connettività globale, macchine pensanti e nuovi media sono i motori di una trasformazione che ridisegnerà intere professioni e ne creerà di nuove, oggi ancora impensabili. In questo scenario, chi saprà restare più curioso della media sarà in grado di “surfare” sulla cresta dell’onda.

La curiosità è ciò che spinge a informarsi, conoscere, approfondire, sperimentare e, alla fine, riuscire. Il futuro richiederà la capacità di affrontare problemi complessi, che attraversano discipline diverse, e di coltivare competenze che nessuna macchina potrà facilmente replicare: comprendere il significato profondo di ciò che viene comunicato, cogliere le sfumature emotive, creare connessioni autentiche con gli altri. Più crescerà l’importanza delle macchine, più acquisterà valore il lato umano delle cose: l’empatia, la spiritualità, la capacità di ispirare e interagire in modo autentico. Ma la curiosità da sola non basta. Va accompagnata da apertura mentale, spirito critico, capacità relazionale e, soprattutto, tenacia. Perché alla fine – sempre – la tenacia vince sul talento.

  1. Olivia / RHC: Sei anche uno scrittore. In che modo il narrare storie, nei romanzi come nella comunicazione di brand, influenza la percezione della realtà e può essere uno strumento per aiutare i giovani a costruire un’identità solida e non solo basata sui ‘like’?”

NICOLA: Non riesco a definirmi uno scrittore. Amo leggere, e credo che i veri scrittori siano altri. L’unica cosa che ho scritto di cui vado davvero fiero è Mocambo, perché tra le righe di quei tredici racconti ci sono io, completamente: le esperienze che mi hanno formato, le emozioni che continuo a provare, ma anche le mie fragilità, le mie contraddizioni, le lotte interiori che mi accompagnano da sempre. 

Nel mio lavoro, la parte che più mi appassiona è quella legata al branding, all’identità e al posizionamento dei marchi, all’elaborazione di strategie che permettano a persone e aziende di governare la propria reputazione. Sono le sfide più complesse e, al tempo stesso, le più stimolanti. 

Ogni progetto è un universo a sé, e per questo è difficile generalizzare o dare consigli validi per tutti i giovani che si affacciano a questo mondo. Quando però i ragazzi mi chiedono un consiglio – capita ogni tanto, alla fine di incontri di formazione – preferisco rispondere facendo ascoltare le parole del monologo finale del film “The Big Kahuna” 

Il monologo si chiude dicendo: Sii cauto nell’accettare consigli, ma sii paziente con chi li dispensa. I consigli sono una forma di nostalgia. Dispensarli è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga”. Credo che in questa frase ci sia tutta la saggezza e l’umiltà con cui dovremmo guardare all’esperienza, nostra e altrui.

La visione

  1. Olivia / RHC: Puoi elaborare da visionario due scenari futuri del nostro mondo di domani?

NICOLA: Questa è davvero una domanda difficile, Olivia. Sono un divoratore di libri e film di fantascienza, e credo che in quel genere siano già stati immaginati quasi tutti gli scenari possibili. Quello che ho imparato dai fumetti – e che trovo profondamente vero – è che da grandi poteri derivano grandi responsabilità

Oggi ci troviamo proprio sull’orlo di questo passaggio: stiamo per liberare un potere immenso, capace di cambiare in modo radicale le regole del gioco. Per questo credo che serva una responsabilità nuova, collettiva, che ci porti a rivedere i nostri paradigmi. Dovremmo avere il coraggio di archiviare concetti ormai superati – come le divisioni tra destra e sinistra in politica, per citare un esempio volutamente provocatorio – e imparare a riconoscerci, finalmente, come un unico popolo: quello degli umani, o dei terresti se preferisci tornare alla fantascienza. Un popolo che, molto presto, dovrà imparare a convivere con un’altra forma di intelligenza, diversa dalla nostra ma capace di esistere in modo altrettanto reale e tangibile.

Immagine del sitoOlivia Terragni
Autore, ex giornalista, laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo storico-economico e poi in Architettura, ha poi approfondito i suoi studi in Network Economy e in Informations Economics, conclusi con un Master in Cyber Security e Digital Forensics e un Master in Filosofia e Governance del Digitale. Appassionata di innovazione tecnologica e sistemi complessi e della loro gestione nell’ambito della sicurezza e della loro sostenibilità in contesti internazionali. Criminalista. Velista ottimista.

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