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Il “bigrigio” e i suoi fratelli.

Redazione RHC : 4 Febbraio 2021 21:24

Articolo di: Laura Primiceri (Uniontel: https://www.uniontel.it/)
Data Pubblicazione: 4/02/2021

Vi presentiamo una nuova rubrica mensile! Da oggi e per tutto l’anno vi terremo compagnia una volta al mese raccontandovi di tutta quella tecnologia che è sparita dai nostri radar, ma che ha rappresentato tanto per l’innovazione, la società e la nostra crescita. Ci concentreremo in particolare sulla telefonia, facendovi salire su una specie di macchina del tempo piena di ricordi. La prima puntata è dedicata a una specie di mito: il telefono bigrigio e la sua “dinastia”.

Abbiamo deciso di chiamare questa rubrica #tbt, come l’hashtag nato su Instagram che accompagna il momento del ricordo. La sigla significa letteralmente throw back tuesday (o thursday), ovvero battezzare il martedì o il giovedì come giorno della settimana in cui si postano vecchie foto e ci si lascia andare alla nostalgia. Nel nostro caso, la facciamo diventare throw back technologies, per raccontarvi un come eravamo a base di schede madri e chip incollati con il saldatore a stagno.

Il regno del bigrigio


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Il suo nome ufficiale è Siemens S62 e si tratta del primo telefono “di massa” fornito dalla SIP ai propri abbonati a partire dai primi anni ’60. Il nomignolo deriva dalle due tonalità di grigio che lo caratterizzavano: più scuro, quasi antracite, il corpo e più chiara, quasi beige, la mitica “rotella”. Era impossibile non trovarlo ovunque ci fosse una linea telefonica e la sua longevità è stata a dir poco straordinaria perché in distribuzione fino agli anni Novanta.

Si tratta veramente di un oggetto iconico. Dal design essenziale, il funzionamento era semplice ma ingegnoso: le centrali telefoniche analogiche reagivano ai cambi di impedenza (impulsi). Ogni numero corrispondeva ad altrettanti impulsi (dieci per lo zero) che inviati in sequenza alla centrale permettevano di “decodificare” il numero. Componendolo con il disco, gli impulsi venivano trasmessi quando questo tornava indietro alla sua posizione iniziale. La suoneria era un segnale a 110 volt a corrente alternata inviato sempre dalla centrale.


Il bigrigio con il “lucchettato”

L’universalità del telefono bigrigio SIP era assoluta, così come la sua affidabilità. Funzionava sempre, con la corrente e senza, con il temporale o con quaranta gradi. Chi ne aveva uno in casa sapeva di non essere mai solo.Chiunque sia stato adolescente ai tempi del Siemens S62 non può aver dimenticato un particolare apparentemente insignificante, ma in realtà fondamentale: il lucchetto. Questo telefono poteva essere bloccato in modo che non potesse effettuare telefonate, salvaguardando la bolletta. Il lucchetto si metteva in uno dei fori del disco e si chiudeva con la sua chiave: in questo modo la rotella non poteva più girare.

Nemico dei figli, ultimo baluardo di difesa dei genitori: possiamo definire il lucchetto l’antesignano del parental control. Lo sapete che un bigrigio potrebbe ancora funzionare? Serve solo una presa tripolare, per chi ancora ne ha una.

Il primo fratello del bigrigio, il telefono Pulsar


Il telefono Pulsar Rosso

Il Pulsar è stata la seconda generazione di telefoni SIP, fornito dal 1985 al 1990 dietro pagamento di un canone maggiorato rispetto a quello del Siemens S62. Si trattava di un modello “ibrido”: la rotella veniva sostituita dalla tastiera che generava gli impulsi elettromeccanici tramite scheda elettronica. Si tratta quindi del primo telefono “di massa” con componenti elettronici. Design rinnovato, più leggero e colorato, presentava due tasti nuovi: l’asterisco (*) e il cancelletto (#) per usufruire di servizi telefonici aggiuntivi a pagamento.

Pur rappresentando una decisa innovazione dal punto di vista estetico e funzionale, il telefono Pulsar non lasciò un segno così forte come il suo predecessore e il suo successore (che vedremo tra poco). Forse perché più costoso del bigrigio, non si diffuse allo stesso modo tanto che ad oggi pochi lo ricordano. Il merito del Pulsar fu quello di aver rappresentato un’alternativa, proprio negli anni ’80 quando il telefono iniziava a diventare un oggetto di design che doveva adattarsi all’arredamento. Il Pulsar si inserisce perfettamente in questo filone “moderno”.

Sirio, la vera star

Arriviamo agli anni ’90 quando la pubblicità inizia ad essere sempre più invadente nelle nostre vite. Anche la SIP decide di iniziare a commissionare delle campagne, ponendo al centro il suo nuovo prodotto di punta. Si tratta del telefono Sirio, colui che pensiona ufficialmente il bigrigio come dotazione base senza sovrapprezzi. Semplice, ma con natali prestigiosi: la sua linea compatta viene ideata nientemeno che da Giugiaro. Si allarga la gamma colori e per la prima volta si introduce la possibilità di comporre i numeri con i toni DTMF anziché con gli impulsi elettromeccanici. Questo permetteva al Sirio di parlare con le centrali telefoniche di nuova generazione, ma restava compatibile con il vecchio sistema grazie a una levetta posteriore che permetteva di selezionare il sistema adatto.Tramite altri due nuovi tasti si allargava la gamma dei servizi telefonici disponibili: con RP si richiamava l’ultimo numero digitato senza doverlo ricomporre e con R si metteva la chiamata in attesa o si iniziava una conversazione a tre. Compare con il Sirio la presa a jack RJ-11: per la prima volta, non è necessario avere una tripolare per farlo funzionare. La popolarità del telefono Sirio è ancora immensa, spinta da martellanti spot televisivi che sono rimasti nella memoria di tutti gli italiani.


L’attrice Alessandra Bellini giovanissima in uno spot storico, quello del tormentone “Mi ami? Ma quanto mi ami?” con protagonista il telefono Sirio

Anche il Sirio si poteva “lucchettare”, ma con un sistema appena più ingegnoso del bigrigio. Bisognava dotarsi di una mascherina di plastica dura trasparente che avvolgeva il telefono e copriva la tastiera, con una finestrella in corrispondenza dei tasti 1, 2 e 3 per i numeri di emergenza. Questo guscio aveva poi il suo lucchetto e la sua chiave. L’era del Sirio coincide con la possibilità di potersi scegliere il proprio telefono fisso senza rimanere vincolati a quello proposto dalla SIP. Questo segnerà poi un importante declino nella fornitura degli apparecchi.

Aladino e i giorni nostri

Arriviamo ai giorni nostri, ovvero dopo la trasformazione della Sip in Telecom e la liberalizzazione del sistema di telecomunicazioni italiano. Con l’arrivo della concorrenza e dei nuovi player l’ex monopolista deve attrezzarsi per rimanere competitiva. Contemporaneamente, l’innovazione tecnologica subisce una spinta senza precedenti e si fa sempre maggiore la richiesta di tecnologia, a partire dagli oggetti di uso quotidiano che devono possedere quel “qualcosa in più” per essere attraenti. Il telefono fisso, ancora popolare come servizio, non fa eccezione.


Il cordless Aladino

Ecco che con la fine degli anni ’90 e gli inizi del 2000 Telecom allarga il proprio catalogo di apparecchi introducendo nuovi modelli ricchi di funzioni di ultimissima generazione. La denominazione Sirio passa ad identificare una serie con caratteristiche eterogenee, dall’invio di SMS (Sirio 187, disegnato da Pininfarina) alla videochiamata (Sirio Video). Per accontentare proprio tutti nel 2003 arriva Aladino: un cordless dect che poteva funzionare anche con una sim inserita. Funzionava in VOIP, possibilità introdotta con le linee adsl flat che stavano iniziando a soppiantare completamente le connessioni dial up.

Aladino ebbe breve vita e poca fortuna: il costo elevato unito a politiche di vendita non del tutto trasparenti lo fecero rapidamente tramontare a favore di un restyling della linea Sirio. In questa ultimissima proposta, il bigrigio rivive nelle sue linee con la tastiera e il display al posto della rotella.

What goes around comes around, dicono gli inglesi. Ovvero, la storia è ciclica e il passato è sempre destinato a ritornare.

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