
Redazione RHC : 19 Novembre 2025 07:40
Questo è il quinto di una serie di articoli dedicati all’analisi della violenza di genere nel contesto digitale, in coincidenza con la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne del 25 novembre . Il focus qui è sulla Misoginia 2.0 e l’impatto dell’odio di genere online sul dibattito democratico.
Il panorama digitale, essenziale per la libertà di espressione, è tristemente divenuto l’ecosistema predominante per la proliferazione dei discorsi d’odio. Tra le manifestazioni più virulente si annovera l’odio misogino online o Online Sexist Hate Speech, un fenomeno che colpisce in modo mirato le donne, in particolare quelle in ruoli di visibilità pubblica, minacciando non solo la loro dignità ma anche l’integrità del dibattito democratico. La rete, infatti, garantisce l’anonimato e una diffusione trans-giurisdizionale che complica notevolmente ogni azione repressiva.
La violenza di genere veicolata online non è un fenomeno marginale; i dati evidenziano una prevalenza allarmante tra le giovani donne. L’effetto più insidioso di questa violenza sistematica è il cosiddetto chilling effect, o dinamica di silenziamento.
Sponsorizza la prossima Red Hot Cyber Conference! Il giorno Lunedì 18 maggio e martedì 19 maggio 2026 9 maggio 2026, presso il teatro Italia di Roma (a due passi dalla stazione termini e dalla metro B di Piazza Bologna), si terrà la V edizione della la RHC Conference. Si tratta dell’appuntamento annuale gratuito, creato dalla community di RHC, per far accrescere l’interesse verso le tecnologie digitali, l’innovazione digitale e la consapevolezza del rischio informatico. Se sei interessato a sponsorizzare l'evento e a rendere la tua azienda protagonista del più grande evento della Cybersecurity Italiana, non perdere questa opportunità. E ricorda che assieme alla sponsorizzazione della conferenza, incluso nel prezzo, avrai un pacchetto di Branding sul sito di Red Hot Cyber composto da Banner più un numero di articoli che saranno ospitati all'interno del nostro portale. Quindi cosa stai aspettando? Scrivici subito a [email protected] per maggiori informazioni e per accedere al programma sponsor e al media Kit di Red Hot Cyber.
Se ti piacciono le novità e gli articoli riportati su di Red Hot Cyber, iscriviti immediatamente alla newsletter settimanale per non perdere nessun articolo. La newsletter generalmente viene inviata ai nostri lettori ad inizio settimana, indicativamente di lunedì. |
Donne e persone non conformi al genere sono quotidianamente esposte a minacce online, spesso estreme, che culminano nell’autocensura e nell’esclusione digitale. Per paura dell’abuso, le vittime si trovano nell’impossibilità di partecipare pienamente ed esprimersi online, venendo di fatto estromesse dal dibattito pubblico e dalla vita politica.
L’odio misogino online cessa così di essere un mero attacco alla reputazione individuale e si configura come un attacco diretto ai principi fondamentali di libertà di manifestazione del pensiero (Art. 21 Cost.) e di parità democratica (Art. 3 Cost.). Se metà della popolazione è strutturalmente impedita dal partecipare al principale spazio di dibattito, l’integrità democratica ne è minata.
Negli ultimi tempi si registra un aumento di discorsi, anche veicolati attraverso la rete, motivati in qualche modo dall’odio, dal disprezzo nei confronti dell’altro, verso il debole, verso il diverso.
Tuttavia, in questo contesto generale, l’odio di genere, e in particolare la misoginia digitale, emerge con una specifica virulenza, amplificando l’esclusione delle donne dal dibattito pubblico e rendendo la loro discriminazione un caso emblematico della necessità di adeguamento normativo.
Tale fenomeno, comunemente indicato con l’espressione hatespeech, pur non essendo specifico di internet, esprime il massimo della lesività proprio attraverso lo strumento telematico e ciò per una serie di ragioni.
In primo luogo perché attraverso la rete posso raggiungere chiunque dovunque si trovi, quindi un bacino di utenza illimitato. In secondo luogo perché il messaggio può travalicare i confini nazionali, rendendo necessaria, per la punibilità dell’autore, una cooperazione internazionale non sempre agevole o possibile. A ciò si aggiunga, soprattutto, che anche se rimosso, un dato messaggio d’odio può riapparire nel tempo in un’altra parte della rete, rendendosi praticamente “eterno”.
Da un punto di vista giuridico si tende ad evidenziare come l’hatespeech si caratterizzi da un lato per la volontà del soggetto agente di discriminare taluno o un gruppo per la sua razza, religione, orientamento sessuale o altro; dall’altro per la reale capacità del messaggio di determinare tale discriminazione e magari il concretizzarsi di azioni violente che da tale messaggio traggono linfa. È appena il caso di sottolineare come anche i messaggi d’odio veicolati in rete finiscono per avere effetti, talvolta gravissimi, nel reale. Pensiamo, ad esempio, alle persone che sono state spinte a tentare il suicidio a seguito di vere e proprie campagne di odio.
Su come considerare l’hatespeech, orientamenti diversi si registrano negli Stati Uniti ed in Europa. Se, infatti, nel primo ci si rifà al Primo Emendamento e quindi in sostanza si cerca di evitare qualunque restrizione alla manifestazione del pensiero, a livello europeo si predilige l’impostazione per cui la libera manifestazione del pensiero non può essere illimitata, per cui si parla di responsabilità di parola.
Per quanto riguarda l’hatespeech telematico importanti indicazioni provengono dal Protocollo addizionale alla Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica, relativo all’incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a mezzo di sistemi informatici, che obbliga gli Stati aderenti ad adottare sanzioni penali per punire la diffusione di materiale razzista e xenofobo attraverso i sistemi informatici.
Di estremo interesse è anche il Digital Service Act, che si propone esplicitamente di garantire un ambiente on line sicuro, responsabilizzando il più possibile i provider e le piattaforme digitali che veicolano contenuti e, quindi, anche quelli che esprimono odio e discriminazione.
In Italia, se da un lato l’art. 21 della Costituzione fissa come principio fondamentale quello della libera manifestazione del pensiero, dall’altro la stessa trova dei limiti nel buon costume, nella riservatezza e onorabilità delle persone, nel segreto di Stato, nel segreto giudiziario e, infine, nell’apologia di reato.
Ciò posto, e considerata la copertura costituzionale non illimitata alla libertà di parola, l’espressioni di odio che tendono ad una discriminazione assumono rilevanza giuridica in virtù di quanto statuito dalla legge n.205/1993 (c.d. legge Mancino), che punisce oggi, attraverso l’Art. 604-bis c.p., l’istigazione alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici o religiosi, escludendo, tuttavia, esplicitamente le discriminazioni basate sul genere.
In vero, da tempo si discute in merito a una possibile estensione della norma ai reati basati sulla discriminazione in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere, ma allo stato non si è pervenuti a un allargamento delle ipotesi previste, né tanto meno all’introduzione di una legge specifica da più parti auspicata, lasciando così l’odio misogino online senza un’adeguata e specifica cornice sanzionatoria.
Il quadro italiano è destinato a mutare radicalmente con l’adozione della Direttiva (UE) 2024/1385, che stabilisce norme minime per la lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica.
L’Articolo 8 della Direttiva impone un obbligo di risultato stringente. Gli Stati membri devono punire esplicitamente l’istigazione alla violenza o all’odio nei confronti di un gruppo di persone definito con riferimento al genere, se tale istigazione è diffusa tramite tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC).
Il confronto diretto tra l’Art. 8 UE e l’Art. 604-bis c.p. rivela il gap normativo che non è più sostenibile. L’inclusione del genere nel 604-bis c.p. non è più una facoltà oggetto di dibattito politico, ma un imperativo legale di origine sovranazionale. La riforma che ne deriverà deve consentire al sistema legale di punire l’odio misogino per la sua intrinseca capacità di minare l’uguaglianza, al di là del danno specifico causato alla singola vittima.
La gestione del fenomeno è complessa, sia per il confine mobile tra diffamazione individuale e odio collettivo, sia per le sfide procedurali.
Le indagini sui discorsi d’odio in rete presentano notevoli difficoltà. La natura dinamica e volatile della comunicazione online ostacola l’acquisizione forense dei dati, che possono essere rimossi velocemente dall’autore o dalle piattaforme. Il reperimento e la conservazione delle prove necessitano del ricorso a competenze specialistiche in digital forensics.
La Polizia Postale, in collaborazione con l’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori), svolge un lavoro cruciale, ma i dati aggregati, che nel 2023 hanno visto 2.712 casi trattati per discriminazione e odio, nascondono una sottostima sistemica (underreporting). Le vittime non denunciano per timore di ritorsioni o sfiducia nel sistema.
Per rafforzare la tutela e affrontare la Misoginia 2.0 occorre, a mio avviso, agire su più fronti.
La Misoginia 2.0 esige di essere equiparata all’odio razziale, non per similitudine, ma per l’identico potenziale lesivo della parità democratica. Il sistema giudiziario non può più permettersi l’alibi di una tutela frammentata, che subordina la libertà di espressione delle donne alla mera lesione dell’onore individuale.
Redazione
Questo è il quinto di una serie di articoli dedicati all’analisi della violenza di genere nel contesto digitale, in coincidenza con la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza co...

18 novembre 2025 – Dopo ore di malfunzionamenti diffusi, l’incidente che ha colpito la rete globale di Cloudflare sembra finalmente vicino alla risoluzione. L’azienda ha comunicato di aver imple...

La mattinata del 18 novembre 2025 sarà ricordata come uno dei blackout più anomali e diffusi della rete Cloudflare degli ultimi mesi. La CDN – cuore pulsante di milioni di siti web, applicazioni e...

La stanza è la solita: luci tenui, sedie in cerchio, termos di tisane ormai diventate fredde da quanto tutti parlano e si sfogano. Siamo gli Shakerati Anonimi, un gruppo di persone che non avrebbe ma...

Un nuovo allarme sulla sicurezza nel mondo degli investimenti online viene portato all’attenzione da Paragon sec, azienda attiva nel settore della cybersecurity, che ha pubblicato su LinkedIn un pos...